Visita guidata a Ferrara
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Visita guidata a Ferrara
FERRARA.
21-28.09.2008 - 9:55 - Visita organizzata da Tourvisa.
Tra il Po e l’Adriatico, la città di Ferrara e la sua provincia nella regione di Emilia-Romagna, ha una posizione decentrata rispetto al baricentro industriale della regione ed il suo sviluppo economico e culturale si è orientato al terziario nel turismo qualificato e nelle rassegne d’arte. La città ha valorizzato il suo patrimonio storico ed artistico, medievale e rinascimentale e la sua capacità di accoglienza ne fa una delle città più vivibili dal punto di vista urbanistico ed ambientale e fra le meno inquinate del nord.
Le origini di Ferrara sono nell’VIII secolo con l’invasione longobarda e la formazione di un ducato, ma dopo la caduta di Desiderio, passò sotto la giurisdizione dell’arcivescovo di Ravenna (774). Nel X secolo ebbe un governo autonomo come feudo del Marchese Tedaldo di Canossa e dei suoi discendenti (988) ed a lui si deve la prima cinta di mura medievale con andamento est-ovest. Dopo la Morte di Matilde di Canossa nel 1115, il governo comunale fu conteso fra famiglie e fazioni guelfe e ghibelline, finché nella lizza entrò la famiglia d’Este con Azzo VI che si mise a capo del partito guelfo. Fino al XII secolo Ferrara era attraversata da un’importante ramo del Po che seguiva l’attuale direttrice di Via Ripagrande, via Carlo Mayr e via XX Settembre. Nel 1152 una serie di inondazioni deviò la portata di quello che era il Po di Ferrara che finì con lo sparire, mentre rimase il ramo più a sud del Po di Volano che con il tempo non fece più da supporto per i commerci fluviali.
Dopo una serie di lotte e contrasti, la casa d’Este consolidò la propria signoria alla fine del 1200 con Obizzo II. La città ebbe il suo primo ingrandimento (prima addizione) nel 1385 con Niccolò II (1361-88) che iniziò anche la costruzione del Castello, seguì dal 1451 il secondo ingrandimento (seconda addizione) di Borso d’Este (1450-71) che allargò le mura più a sud, ed infine il più importante ,(terza addizione Erculea) del 1492, con il duca Ercole I (1471-1505) ed il suo architetto ed urbanista Biagio Rossetti che crearono a nord la città rinascimentale e le diedero l’attuale conformazione triplicando la lunghezza della cinta bastionata a 9 km, ancora in gran parte esistente. Con Ercole I la città ed il ducato raggiunsero il loro periodo aureo. Il duca sposò Eleonora d’Aragona, figlia del re di Napoli e la corte di Ferrara gareggiava con le altre grandi corti d’Italia. A Ercole I seguì Alfonso I (1505-34) che annesse il Polesine di Rovigo, poi Ercole II (1534-59) con cui cominciarono le discordie con la Chiesa, per la diffusione del calvinismo sostenuto dalla moglie Renata di Francia, ed infine Alfonso II (1559-97) che assistette alla crisi economica della città, anche se alla corte estense furono presenti figure delle arti e delle lettere come Dosso Dossi, Giovanni Bellini e Ludovico Ariosto. Alla sua morte la casa d’Este lasciò Ferrara e la cedette con la “devoluzione” al papato. Da questo momento la città fu governata dai cardinali legati per circa due secoli (1578-1796). In questo periodo si perse il controllo delle acque nel territorio ed avanzò il decadimento e l’impoverimento delle campagne. Sotto il pontificato di Paolo V (1605-21), la città si munì di una fortezza nell’angolo sud-ovest delle mura. Nel giugno 1796 i Francesi arrivarono a Ferrara e la città visse l’atmosfera rivoluzionaria interrotta dal 1799 al 1801 dall’occupazione austriaca. Poi tornarono i Francesi fino al 1814 ed infine nel 1815 ritornò il papato con la restaurazione, ma la presenza militare austriaca fu preponderante specie durate la guerra d’Indipendenza 1848-49, e la Repubblica Romana. Si ebbero processi ed anche condanne a morte, infine venne la liberazione nel giugno 1859, quando le truppe austriache lasciarono Ferrara, ed il plebiscito del 18 marzo 1860 segnò l’unificazione al Regno d’Italia.
Durante tutto il periodo della visita, a Ferrara si è tenuto il Festival delle Mongolfiere denominato “Baloons” con gare ed esibizioni di Mongolfiere provenienti da tutte le parti d’Europa ed anche dall’estero. Con il 2008 il Festival è già alla sua quarta edizione dopo il grande successo del 2007. Il Festival si svolge nel vasto Parco Urbano intitolato allo scrittore Giorgio Bassani fuori dalla cinta muraria a nord della città. Nel parco sono state installate numerose strutture con tribune, arene, aree commerciali ed espositive e villaggi turistici dedicati ai visitatori con molti spettacoli nell’arco delle giornate. Tre recinti sono adibiti al gonfiaggio e decollo delle mongolfiere e quella centrale è la più grande.
Una tipica mongolfiera è costituita da un involucro (generalmente nylon o mylar) con un volume di almeno 2200 mc, un bruciatore alimentato con bombole a gas propano liquido ed una cesta leggera di vimini e giunco con altri strumenti dove prendono posto il pilota ed i viaggiatori (in genere 4 persone) per un carico totale di 600 kg. La forza ascensionale è fornita dall’aria calda e può essere regolata azionando il bruciatore, per scendere basta fare sfuggire dell’aria calda aprendo uno sfiatatoio sulla sommità dell’involucro. La mongolfiera si muove seguendo il vento e le correnti (volo libero) e scende sempre in un luogo diverso da quello di partenza. Per ragioni di sicurezza i voli delle mongolfiere sono previsti al mattino all’alba (7:30) e nel pomeriggio verso il tramonto (17:30), quando le condizioni meteorologiche sono più favorevoli (vento, umidità, pressione, temperatura, turbolenza) e sono condizionati all’autorizzazione del servizio meteo. Oltre ai voli liberi sono previsti voli vincolati da un cavo che si alzano di 20 m e permettono di vedere dall’alto l’area di Ferrara.
Partecipa alla mostra anche uno stand dell’Aeronautica Militare che presenta un simulatore di volo ed un velivolo delle Frecce Tricolori MB339A.
Il giorno stesso dell’arrivo si è raggiunto il Parco Urbano per una visita alla sede del Festival, si è avuto modo di assistere alla preparazione e lancio delle mongolfiere e si è prenotato un volo per il giorno seguente. L’operazione di gonfiaggio avviene stendendo a terra l’involucro, aprendone la bocca e spingendovi l’aria con un ventilatore fino al aprirlo completamente, già collegato alla cesta con il bruciatore. Dopo si mette in azione il bruciatore che comincia a sollevare l’involucro e si pone in posizione verticale la cesta. Pilota e passeggeri entrano nella cesta e basta azionare a sufficienza il bruciatore per raggiungere la forza ascensionale sufficiente.
L’ascensione in mongolfiera avviene il giorno dopo (lunedì 22 settembre) alle 17:40. Quasi senza accorgersene ci si trova in aria in un silenzio ovattato, il terreno si allontana rapidamente ed il panorama dall’alto si allarga prima sul Parco del Festival, poi estendendosi fino alla città ed oltre. In circa 5 minuti si sale a 800 m di quota (2500 piedi); a nord-ovest si vede il fiume Po verso cui ci spinge il vento. Si sale ancora e si è a 1300 m (3000 piedi) alle ore 18:00 circa; intorno si vedono le altre mongolfiere salite in successione. Il Po è in vista e si vedono due ponti e gli abitati di Pontelagoscuro sulla riva destra e di Santa Maria Maddalena sulla riva sinistra. Alle 18:10 si comincia a scendere; il Po, che qui fa da confine con il Veneto, si avvicina rapidamente e la zona non sembra adatta alla discesa anche per le difficoltà del recupero. Si decide di attraversare il fiume in vista del paese di Stienta oltre Po. Si scende alle 18:53 su un campo di granoturco falciato; l’involucro lentamente si affloscia. Si esce dalla cesta e si rimane in attesa del furgone per il recupero con cui il pilota era stato in contatto via radio. Alle 19:15 arriva il furgone, iniziano le operazioni del recupero, l’involucro viene piegato e riposto in un contenitore, dalla cesta vengono smontate le strutture metalliche, le bombole di propano ed il bruciatore, ed il tutto è caricato sul furgone. Alle 19:30 si riparte per il Parco Urbano.
La visita della città parte dal Centro Storico e si arriva a piazza della Cattedrale da sud su via di Porta Reno. Si attraversa un arco, sotto un tratto delle antiche mura medievali con un campanile, e si entra a Piazza della Cattedrale nella prima città Estense, centro comunale e della signoria. Il primo palazzo a sinistra è il Comune rifatto nel 1924 in stile neo-trecentesco con sulla sinistra la Torre della Vittoria, oggi Sacrario dei caduti. Il palazzo fu la prima residenza della famiglia d’Este. Il grande arco rinascimentale di destra, ingresso monumentale al cortile d’Onore, è affiancato a sinistra da una massiccia colonna sormontata dalla statua di Borso d’Este seduto ed a destra da una colonna sormontata dalla statua equestre di Niccolò III d’Este. Il vasto cortile interno ha uno scalone d’onore coperto da archi e cupola. Sul lato destro vi sono le stanze del palazzo Ducale tra cui quella di Lucrezia Borgia, seconda moglie di Alfonso I. Di fronte al Comune è la Cattedrale dedicata ai patroni cittadini Giorgio e Maurelio. La prima chiesa fu inaugurata nel 1135 con una facciata a capanna trasformata nel XIII secolo nell’attuale a tre cuspidi. La parte bassa fino alla prima loggia è romanica del XII secolo, è gotica nelle logge superiori. Il portale ha sulla lunetta S. Giorgio che uccide il Drago ed ai lati due colonne sorrette da leoni. L’interno è un rifacimento del 1700 e vi sono opere di epoche diverse, del Garofalo, del Guercino e di maestri ebanisti. Il lato destro della cattedrale da su piazza Trento e Trieste ed il fianco ha un lungo portico, con arcatelle in alto, ed una fila di negozi, detto la Loggia dei Merciai. Sul lato della piazza opposto alla cattedrale (lato sud), si trova il fianco della chiesa di S. Romano con la facciata sulla via omonima. Accanto alla chiesa si trova un bel chiostro e negli edifici che lo circondano il Museo del Duomo.
Piazza della Cattedrale prosegue verso nord con Corso Martiri della Libertà che ha a destra il Palazzo Arcivescovile ed a sinistra il proseguimento del Palazzo Ducale fino alla piazzetta di Girolamo Savonarola da cui parte il Castello Estense. Castello e Palazzo Ducale sono messi in comunicazione da un collegamento aereo su arcate, detto Via Coperta, che serviva da passaggio per la famiglia ducale in caso di rivolta popolare a ricordo di quella del maggio 1385 scoppiata per la carestia e le tasse che mise in pericolo l’incolumità di Niccolò II e lo convinse alla necessità della costruzione di una fortezza. La fortezza fu creata sul lato nord dove correvano le mura sull’asse attuale di Corso Giovecca e viale Cavour e dove esisteva già una torre detta Torre dei Leoni. Il progetto fu dell’architetto Bartolino di Novara che aggiunse altre tre torri collegate da corpi di fabbrica su una pianta quadrata con cortile centrale. Oltre che dalla Via Coperta, al castello si entra tramite tre rivellini, torri di difesa con ponti levatoi, a nord, sud ed ovest e la protezione era completata da un vasto fossato che lo circondava alimentato dalle acque del Po che arrivava fin qui. Ancora oggi, nell’angolo sud-est, vi sono due pilastri fra i quali scendeva una gradinata dove si fermavano le barche del traffico fluviale.
Al centro di Piazza Savonarola sorge il monumento del monaco domenicano nato a Ferrara nel 1452 e trasferitosi nel convento di S. Marco di Firenze dopo i suoi studi. La sua lotta per la moralità e l’inimicizia con papa Alessandro VI Borgia lo dovevano portare al processo, a cui fu sottoposto in Firenze, ed alla condanna al rogo, eseguita nel maggio 1498 in piazza della Signoria. Il monumento è stato eretto nel 1875 e lo rappresenta in una delle sue prediche con i piedi che poggiano su una catasta di legna a ricordare il rogo che lo attendeva. Dietro la Via Coperta si trova Piazza Castello e, nell’angolo destro una bombarda di bronzo. Sull’angolo nord del Palazzo Ducale, dove inizia piazza Savonarola, si trova un pilastro dove sono segnati i livelli delle piene del Po a Ferrara (Padimetro). L’ultima grande piena è stata quella del 1951. Si deve notare che Ferrara si trova 7 m sotto il livello del mare.
Per la visita al Castello si entra nel cortile dal rivellino ovest e si inizia dal piano terreno dove si trova un plastico del castello nella prima fase costruttiva. Si scende nelle prigioni dove si fanno visitare le celle di Ugo e Parisina, protagonisti di una tragica storia d’amore all’epoca di Niccolò III. Parisina Malatesta era la moglie del duca, ma molto più giovane, e si era innamorata del figliastro Ugo, figlio di una precedente moglie del duca. Scoperti, i due giovani, lei vent’anni e lui diciannove, furono giudicati e decapitati nel 1425. Un’altra cella è quella di Giulio d’Este, fratello naturale di Alfonso I, che per rivalità amorosa fu fatto pestare a sangue dal cardinale Ippolito, altro fratello del duca, perse un occhio e giurò vendetta. Nel 1506 si fece coinvolgere in una congiura del terzo fratello Ferrante contro Alfonso ed Ippolito e, una volta scoperti i due fratelli furono condannati al carcere a vita. Ferrante vi morì, Giulio fu liberato nel 1559 da Alfonso II, ma aveva ormai 81 anni.
La visita prosegue nei piani superiori e si sale sulla torre dei Leoni, quella di nord-est, per osservare il panorama. Dall’alto si vede il cortile e la torre di S. Paolo a sud-ovest, la torre della Marchesana a sud-est ed il sottostante corso Martiri della Libertà. Si scende proseguendo la visita nel piano nobile del castello. Il salone più bello è quello detto dei Giochi con un soffitto a botte fatto dipingere da Alfonso II con 11 riquadri che riportano scene di sport. Si arriva alla camera sotto la Torre di Santa Caterina, nell’angolo nord-ovest dove si trova una grande riproduzione della mappa della città nel 1747, opera di Andrea Bolzoni. Vi si vede la Cittadella creata dopo la Devoluzione nell’angolo sud-ovest delle mura e demolita nel 1800. Oltrepassata la torre di S. Paolo si trova una sala dedicata alle bonifiche del territorio nel corso dei secoli ed una sala dedicata al catastrofico terremoto del 17 novembre 1570 che danneggiò il 40% delle abitazioni, soprattutto nella parte moderna, e fu seguito, nei 4 anni successivi, da una serie di scosse fino al maggio 1574. Pietro Ligorio, architetto di Alfonso II, visse questo periodo a Ferrara e descrisse il terremoto. Altre sale del Castello sono adibite a sale di concerto e vi si tengono prove.
Il Quartiere medievale è la parte più antica e si trova a sud intorno all’asse formato da via Ripagrande e via Carlo Mayr dove una volta scorreva il Po di Ferrara. Su Corso Porta Reno, perpendicolare a via Ripagrande in direzione nord, si incontra a sinistra una torre medievale, unica delle 32 torri gentilizie ricordate nella Chronica Parva Ferrarensis ed esistenti in città nel XII secolo. Questa era la Torre dei Leuti, di un’antica famiglia ducale ghibellina di Ravenna alla quale fu sequestrata, insieme ad altre case, nel 1442 dal Marchese Leonello d’Este e donata ai frati carmelitani di S. Paolo che ne fecero il campanile per la vicina chiesa eretta nel 1575. Parallela ed a nord di via Carlo Mayr, vi è via delle Volte, la più suggestiva di Ferrara, dove nel medioevo si trovavano i fondaci dei mercanti, e si passa sotto una serie di archi che collegano in alto gli edifici. A nord si trova via Ragno ed un’antica casa con strutture di sostegno lignee ed inizia l’area del ghetto ebraico tra via della Vittoria e via Vignatagliata. In via della Vittoria si trova la casa natale di Aldo Ferraresi, un grande violinista nato nel 1902 e morto nel 1978, più a nord, al n. 21 in un edificio distrutto dai nazifascisti nel 1944 e poi ricostruito, vi è l’antica sede della Sinagoga Spagnola costruita dagli Ebrei di rito sefardita esuli dalla Spagna che Ercole I d’Este accolse in Ferrara nel 1492. Via Vittoria sbocca a nord in via Mazzini, proveniente da piazza Trento e Trieste, e vi si trova la principale Sinagoga di Ferrara con il Museo Ebraico ormai chiusi per mancanza di personale. Una targa ed una lapide ricordano i più di 150 deportati dei quali sono stati riconosciuti 96 corpi. Nell’elenco vi sono membri della famiglia Finzi ricordata dallo scrittore Giorgio Bassani nel romanzo “Il Giardino dei Finzi Contini”. Lungo via Carlo Mayr, sulla sinistra, si trova un altro quartiere di strade strette ed antichi edifici la cui origine risale al VII secolo come area del castrum bizantino. Proseguendo fino all’incrocio con via Mellone e girando a destra fino a via XX Settembre, qui si trovava l’argine del Po che diventò via della Ghiaia perché vi si prelevavano i sassi arrotondati del letto del fiume con cui sono ancora oggi lastricate le strade più antiche della città. Fino al 1500 la portata del fiume era sufficiente ad imbarcazioni di media grandezza e nelle visite importanti si arrivava in città su fastose imbarcazioni.
In via Camposabbionario, che incrocia via Carlo Mayr e va nord, si trovano le rovine di Sant’Andrea, un’antica chiesa che rimonta all’anno 1000; fu ampliata da papa Eugenio IV nel 1438, decorata, secondo una tradizione da Giotto e Piero della Francesca, e vi furono sepolte le spoglie di Biagio Rossetti dopo la sua morte. In epoca napoleonica, nel 1806, fu trasformata in caserma, devastata e derubata. Dopo terremoti ed incendi, fu sconsacrata nel 1867 e sono rimaste solo delle magnifiche rovine. Una targa ricorda la sua storia.
Intorno a via XX Settembre e nella zona sud-est della città, è l’area sviluppata con la seconda addizione del 1451 che fu opera del primo duca Borso d’Este. Vi si trova Palazzo Costabili, capolavoro incompiuto di Biagio Rossetti iniziato nel 1495, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale. Il palazzo è detto anche di Ludovico il Moro che aveva sposato Beatrice d’Este e voleva farne una sua residenza prima di perdere il potere e fuggire dall’Italia. Il Palazzo ha uno splendido cortile quadrato di stile rinascimentale con due lati porticati e le logge superiori con eleganti pilastrini. Il Museo Archeologico contiene i ritrovamenti delle necropoli etrusche di Spina e di Val di Trebbia vicino Comacchio. Vi sono collezioni di vasi greci, fra cui anfore panatenaiche e crateri con figure rosse su fondo nero che rappresentano amazzonomachie, un kantharos a testa di satiro e un rython a forma di animale.
Sempre su via XX Settembre, verso la fine, si trova la casa di Biagio Rossetti (1447-1516), architetto ed urbanista ferrarese che subì l’influsso di Leon Battista Alberti e fu autore dell’ampliamento di Ferrara voluto da Ercole I d’Este (addizione erculea) dal 1475 al 1492.
Sul lato est del Centro Storico inizia il percorso lungo la prima addizione di Niccolò II d’Este del 1386. Si parte da via Adelardi, a sinistra del Duomo, che cambia nome come via Voltapaletto a ricordo del gioco della quintana che vi si teneva; era una giostra di cavalieri che dovevano colpire con la lancia un fantoccio (paletto) il quale, girando su se stesso poteva colpire a sua volta il cavaliere se non era svelto a schivare. Sulla sinistra sorge il palazzo Bevilacqua-Costabili la cui facciata è coperta da trofei militare ed araldici scolpiti in arenaria. Più avanti, con il nuovo nome di via Savonarola, vi è il fianco destro della chiesa di San Francesco, ricostruita da Biagio Rossetti nel 1494 su una chiesa preesistente del 1227. La parte superiore della facciata è stata rifatta dopo il terremoto del 1570. Più avanti, sulla destra si trova Casa Romei, una delle più importanti case signorili di Ferrara costruita da un ricco uomo di affari nel 1445 con uno splendido cortile d’onore porticato ed un loggiato al primo piano. Dietro è un giardino con loggiato ed un salone dal soffitto decorato. Oggi, le sale del primo e secondo piano ospitano un museo con interessanti raccolte. Di fronte a Casa Romei è la sede del Rettorato dell’Università fondata nel 1391 da Alberto V d’Este, successore di Niccolò II, che fu rinomata nel 1500 per la medicina. Il palazzo è anche chiamato di Renata di Francia, moglie di Ercole II, che vi ospitò Giovanni Calvino. Nelle strade sulla destra di via Savonarola vi sono diverse chiese a conventi, ma il palazzo più famoso degli estensi è quello denominato di Schifanoia in via Scandiana. Il palazzo doveva essere un luogo di delizie per la corte estense da usare “onde schivar la noia”. Il primo nucleo del palazzo è del XIV secolo, poi fu ingrandito e completato fra il 1400 ed il 1500 anche da Biagio Rossetti che fra l’altro gli aggiunse il cornicione. La facciata, molto lunga, era una volta affrescata e colorata con motivi geometrici. Di originale rimane il portale di marmo scolpito ed è rimasto il giardino nel lato posteriore. Dopo la Devoluzione il palazzo è andato in rovina ed è stato devastato nel periodo napoleonico. Oggi è adibito a Museo Civico d’Arte Antica con molte collezioni. L’ala trecentesca, sul lato ovest, è stata restaurata recuperando gli affreschi superstiti. Al primo piano è rimasto il Salone dei Mesi con uno dei più pregevoli esempi di affreschi rinascimentali di soggetto profano eseguito negli ultimi trent’anni del 1400. Il ciclo copriva tutte le pareti della sala divise in settori e ciascuno era dedicato ad un mese dell’anno. Ogni settore era ripartito in tre ordini; quello inferiore rappresentava scene di corte e del buon governo di Borso d’Este, la fascia intermedia aveva come tema la simbologia zodiacale ed astrologica, la fascia superiore era dedicata al trionfo degli dei che sovrintendono le attività umane. Il tutto è stato opera della scuola ferrarese del tempo e la critica lo attribuisce a Cosmè Tura. Dell’opera sono stati recuperati solo 7 mesi. La parete meridionale, molto danneggiata contiene i mesi di gennaio e febbraio (parziali), marzo e maggio; nella parete settentrionale ci sono i mesi di giugno, luglio, agosto e settembre.
In via Cisterna del Follio, proseguimento di via Savonarola, si trova la casa dello scrittore Giorgio Bassani senza nessuna targa.
L’addizione erculea con la nuova città rinascimentale è tutta la zona a nord del Castello sopra l’asse costituito da Via Cavour e Corso della Giovecca. Ercole I d’Este fece partire l’opera dal 1490 affidando la realizzazione a Biagio Rossetti. Cominciò con l’espropriazione dei terreni da inserire nell’allargamento della cinta muraria. Il centro della nuova città fu il quadrivio fra Corso Ercole I che partiva dal Castello in direzione nord verso Porta degli Angeli e l’asse quasi perpendicolare di Corso Porta Po-Corso Porta Mare. All’incrocio fra questi due assi fu costruito il Palazzo dei Diamanti, una della opere più note del Rinascimento, destinato al fratello del duca, Sigismondo. Il palazzo fu chiamato dei Diamanti per le pietre sagomate a piramide (a taglio di diamante) sulle due facciate (sono circa 8500). Lo fronteggia a nord il palazzo Prosperi-Sacrati con un balcone d’angolo ed uno spigolo di marmo istoriato. Su Corso Ercole I il palazzo ha anche un grandioso portale di marmo sovrastato da un balcone con inseriti putti di bronzo. Il quadrivio fu detto degli Angeli perché Corso Ercole I era in origine una strada privata chiamata via degli Angeli per la chiesa di Santa Maria degli Angeli dove venivano sepolti molti membri della famiglia ducale. Il Palazzo dei Diamanti è oggi sede della Pinacoteca Nazionale con una raccolta di dipinti del trecento e quattrocento e diverse collezioni.
Corso Ercole I è lungo circa 1,5 km dal castello alle mura dove finisce con la Porta degli Angeli e l’ultimo tratto è alberato con un doppio filare di pioppi. Imboccando Corso di Porta Mare dal quadrivio degli Angeli, si ha a destra il Palazzo Turchi-Di Bagno con dietro l’Orto Botanico ed a sinistra il Parco Massari, l’area verde più vasta all’interno di Ferrara, con un insieme di edifici che ospitano musei di arte moderna. Procedendo avanti si incontra sulla destra una vasta piazza progettata dal Rossetti come centro commerciale della nuova città e chiamata Piazza Nuova. Al centro doveva sorgere una colonna con la statua equestre di Ercole I. La statua non fu mai realizzata e, con il nuovo governo pontificio, nella seconda metà del 1600 fu posta su una colonna la statua del papa Alessandro VII. All’arrivo dei Francesi, la statua fu abbattuta e sostituita con il Genio della Libertà ben presto rimpiazzato con Napoleone Imperatore. La Restaurazione segnò la fine della statua e la soluzione fu trovata ponendo in cima la statua di Ludovico Ariosto che non fu più contestata. La piazza prese così il nome di Ariostea.
Il quadrante a nord-est del quadrivio degli Angeli è occupato dalla Certosa, un monastero fondato dal duca Borso, fra il 1452 ed il 1461, per i monaci certosini con la chiesa di San Cristoforo. Nel 1813 fu ampliato e trasformato in cimitero monumentale creando due magnifici portici semicircolari ai lati dove una volta si trovavano le celle dei monaci. Davanti vi è una vasta spianata verde ed alcuni antichi monumenti sepolcrali. L’ingresso principale del complesso è da viale della Certosa che si imbocca dall’ultimo tratto di Corso Ercole I, quello alberato; anche questo viale è alberato ed ha in fondo la prospettiva della chiesa di San Cristoforo.
Nello stesso quadrante, più ad est, si trova il Cimitero Ebraico il cui ingresso sta alla fine di via delle Vigne, traversa di Corso Porta Mare dopo Piazza Ariostea. Il cimitero è una vasta area tenuta con cura. Si è andati alla ricerca della tomba di Giorgio Bassani, poeta e scrittore nato a Bologna il 4 marzo 1916 e morto a Roma il 13 aprile 2000. Di famiglia ebrea è vissuto fino al 1943 a Ferrara e le sue opere ricordano le persecuzioni degli ebrei di Ferrara e sono in gran parte autobiografiche. Con l’aiuto di un custode si trova la tomba con una lapide bronzea. Si trovano altre tombe della famiglia Bassani: una Laura Bassani Fink morta 22/5/1914, Pia Basassi Bollari morta 8/6/1985 e Lionello Bassani (1850 - 1918).
Viale Cavour e Corso della Giovecca non esistevano prima della creazione dell’addizione erculea, costituivano il limite nord delle mura e vi scorreva un canale che alimentava il fossato del castello. Interrato il canale, le due arterie sono diventate l’asse rettilineo principale della città. All’estremità orientale del Corso della Giovecca si trova l’Ospedale di S. Anna, il maggiore della città, e, davanti alla mura sorge un arco monumentale detto Prospettiva della Giovecca.
La visita della città viene completata cercando gli aspetti più caratteristici della Cinta Muraria che la circonda e che costituisce un percorso ciclabile e pedonale, luogo di riposo e di incontro, con una larga fascia verde interrotta da porte monumentali e dalle principali strade di accesso della città.
Si parte dalla Porta degli Angeli, all’estremità nord di Corso Ercole I, che è al centro di un tratto rettilineo delle mura prospiciente il Parco Urbano, una volta tenuta di caccia ducale. Le mura che limitano la città rinascimentale di Ercole I hanno un andamento trapezoidale, sono state progettate da Biagio Rossetti e sono formate da un terrapieno arretrato rispetto alle mura con in mezzo una strada protetta che permetteva di spostare armi e truppe. Non vi sono bastioni, ma torrette semicircolari. Il terrapieno è tutto alberato e percorso da un viale. La Porta degli Angeli è un piccolo edificio che una volta era l’ingresso alla tenuta di caccia. Da qui si vedono le installazioni nel Parco Urbano per il Festival delle Mongolfiere. All’inizio del viale alberato di destra vi è un gruppo di 6 sagome verticali formate da rami di alberi contorti detti “spaventapasseri”. Sono stati donati al comune nel 2005 dagli studenti di architettura di Ferrara dopo un seminario con una ricerca sulla tradizione degli orti ancora presenti in città, ma in via di sparizione. Gli spaventapasseri rappresentano il desiderio di tutelare questo patrimonio cittadino.
Sul lato orientale delle mura, si trova Punta della Giovecca all’altezza del corso omonimo, con l’uscita su via Pomposa verso Codigoro e l’Abbazia di Pomposa. Qui le mura sono state interrotte con all’esterno il Piazzale delle Medaglie d’Oro e si può vedere la Prospettiva della Giovecca dal suo lato orientale.
Nell’angolo sud-orientale delle mura c’è l’uscita di Porta Romana. Subito sulla sinistra, in via Marco Polo e sotto il Baluardo di San Giorgio, si può vedere una piccola garitta di guardia del 1600. Questa parte delle mura è rialzata per la presenza di una piccola collina alberata e forma il Baluardo della Montagna con bastione a punta di freccia costruito nella prima metà del 1500 dal duca Alfonso I. Subito a nord si trova un’altra punta avanzata delle mura detta Baluardo di San Tommaso.
Fuori da Porta Romana, un ponte attraversa il Po di Volano, l’Idrovia Ferrarese che arriva fino al mare al Lido di Volano. Guardando verso est si vedono in aria le mongolfiere lanciate nel pomeriggio. Poco più a sud si può visitare il complesso di S. Giorgio che dal VII secolo al 1135 fu la sede vescovile del primo nucleo della città di Ferrara. La chiesa fu poi modificata profondamente nel XV secolo, quando vi partecipò Biagio Rossetti che fece il campanile ed il chiostro nel 1485, fu poi rifatta dopo il terremoto del 1570.
La porta principale sul lato meridionale è Porta Paula eretta nel 1612 e dedicata al papa regnante, Paolo V. All’arrivo dei Francesi, la porta fu ribattezzata Porta Reno e questo nome è rimasto scritto all’interno mentre il vecchio è scritto all’esterno. La porta interrompe le mura in direzione di Bologna; sul lato interno si apre piazza Travaglio dove si svolge il mercato. I tratti di mura rimasti sono anche i più antichi.
Più ad ovest le mura sono interrotte per un tratto e via Ippolito d’Este esce dalla città ed attraversa il Po di Volano su un ponte da cui si può vedere la Darsena, porto turistico fluviale di Ferrara.
Nell’angolo sud-ovest della cinta muraria sorgeva la Fortezza seicentesca costruita durante il pontificato di Paolo V e smantellata dopo l’unione della città al Regno d’Italia. La fortezza era a forma di stella a 5 punte e sono rimaste solo due punte di freccia che costituiscono i Baluardi di San Paolo e di Santa Maria. All’interno del terrapieno vi è la statua di Paolo V seduto che si trovava una volta al centro della stella.
Sul lato occidentale delle mura vi è un’interruzione in corrispondenza delle uscite di Corso Porta Po e Corso Cavour e poco fuori si trova la Stazione Ferroviaria.
Partendo dalla stazione di Ferrara con la linea per Suzzara si è fatta sosta alla stazione di San Benedetto Po, a poca distanza da Mantova, per visitare l’Abbazia di Polirone costruita fra il 1540 ed il 1544 accanto al monastero benedettino fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa, nonno della contessa Matilde. Il luogo si trovava fra il Po ed il Lirone e per questo prese il toponimo di Polirone. Il tragitto è stato anche l’occasione per sperimentare la tratta ferroviaria Ferrara-Suzzara che è una delle più antiche d’Italia perché inaugurata il 1° luglio 1888 dopo la Napoli-Portici del 1839; le successive furono le ferrovie piemontesi. La tratta è rimasta a binario unico, ora le carrozze sono a trazione diesel ed è utilizzata dai lavoratori pendolari come quelli che raggiungono l’Iveco a Suzzara. Il treno ferma a quasi tutte le stazioni, molte non presidiate, e, dopo le prime due, attraversa il confine con la Lombardia. Si attraversa il panorama pianeggiante tipico della bassa padana. San Benedetto Po è la terzultima stazione e poco prima si può vedere, ferma in un binario morto, un’antica locomotiva a vapore.
Dalla stazione si raggiunge l’abitato e la presenza dell’abbazia si fa riconoscere dal suo alto campanile. Il monastero ha festeggiato il suo millenario “polironiano” lo scorso anno (2007) e ci sono state molte iniziative culturali. Il complesso, progettato da Giulio Romano, si affaccia su una vasta piazza ed è costituito da una basilica, dagli edifici del convento sul retro, e dal grande chiostro aperto di San Benedetto a sinistra della basilica. Distaccati sono l’edificio del Refettorio Grande, dove si tiene una mostra, e l’Infermeria. La prima chiesa ed il monastero di Tedaldo fu ingrandito da Matilde che volle essere sepolta qui e lasciò tutto in testamento a papa Gregorio VII. I Gonzaga, che si vantavano di avere la contessa Matilde fra i loro antenati, fecero ricostruire la basilica, ma l’aspetto attuale è quello datole da Giulio Romano nel 1539-47 ed alle decorazioni parteciparono Correggio ed il Veronese. La facciata ha un ingresso porticato ed una loggia in alto. Dietro si alza l’alto campanile romanico, unico resto della chiesa del secolo XI. All’interno le tre navate sono divise da serliane e le volte sono riccamente decorate. In fondo alla navata destra, vicino alla sacrestia, si trova la tomba molto più tarda di Matilde di Canossa. Furono i monaci del monastero a creare il mito della Contessa ed a farle la tomba con uno splendido mosaico pavimentale che è rimasto in una cappella della navata sinistra. Nel 1632 le spoglie di Matilde furono portate a Roma e l’attuale tomba è quindi vuota. In fondo alla navata di sinistra si apre l’Oratorio di Santa Maria nello stile romanico francese di Cluny e vi si ammira un mosaico pavimentale con le Virtù del 1151.
Si può entrare nell’ala sinistra del convento con il chiostro dei Secolari che era dedicato alla foresteria e si sale al primo piano con una monumentale scala decorata a stucco da Giovan Battista Barberini nel 1674. Il piano è occupato dal Museo dell’Arte Contadina. L’ala sinistra del convento con il secondo chiostro è dedicata a S. Simeone, un eremita armeno morto nel monastero nel 1016 e molto venerato. Il grande chiostro aperto di S. Benedetto, a sinistra della basilica, ha un lungo porticato sui tre lati.
Si visita la Mostra del Refettorio Grande che offre una panoramica della storia dell’Abbazia con una raccolta di antichi reperti. Fra le attività culturali svolte nel monastero si ricordano quelle dello Scriptorium Polironiano che ha prodotto un manoscritto liturgico. Nella parete di fondo della sala, nel 1985, è stato riscoperto un affresco di Antonio Allegri detto il Correggio (1589-1534) rappresentante un’architettura abitativa e, sovrapposta all’interno, una delle prime riproduzioni del Cenacolo di Leonardo, opera di Girolamo Bonsignore, un soggetto attinente alla funzione dell’edificio.
Un’altra visita fuori Ferrara è dedicata alla cittadina di Comacchio al centro delle lagune che in passato la circondavano, poi le bonifiche del 1900 la hanno legato alla terraferma prosciugando le aree limitrofe. Si stende su 13 piccole isole separate da canali e collegate da ponti. Comacchio fu sede vescovile dal V secolo ed aveva una delle più grandi flotte dell’Adriatico ed un’economia fiorente per la pesca, il commercio del sale ed i traffici in tutto il Mediterraneo. Feudo di Tedaldo e Matilde di Canossa, fu poi distrutta nel 946 dai Veneziani, suoi rivali. Passò sotto l’arcivescovo di Ravenna e fu contesa dagli Estensi che la presero definitivamente nel 1299.
Si raggiunge Comacchio da Ferrara direttamente con un autobus di linea dalla stazione o, a volte, con la ferrovia Ferrara-Codigoro fino ad Ostellato e poi l’autobus per Comacchio. A Comacchio l’autobus si ferma in via Spina, vicino piazza Dante Alighieri ed in via Trepponti, vicino al famoso ponte omonimo. Si inizia da qui il giro della città salendo sul caratteristico ponte progettato nel 1634 dall’architetto Luca Danese con cinque gradinate e cinque archi sotto i quali passavano cinque canali che oggi si sono ridotti a tre. Dal lato di via Trepponti vi è un solo canale e due scale. Si sale sulla terrazza del ponte munita di due torrette, sul lato opposto escono due canali e scendono tre scale, il canale di sinistra è quello detto della Pescheria con le barche ed il mercato del pesce e finisce nel canale Maggiore. Prendendo a destra si arriva al centro davanti alla Torre dell’Orologio costruita nel 1330, crollata nel marzo 1816 e ricostruita nel 1824. A metà altezza ha una nicchia con la statua della Madonna con Bambino della fine 1600. Si gira a sinistra e si incontra la Loggia dei Mercanti del Grano con colonnine di marmo dove si tenevano le riserve del grano per i poveri. Più avanti su piazza XX settembre si trova la Cattedrale di S. Cassiano con il suo campanile. La prima cattedrale fu quella dell’VIII secolo (708), poi ricostruita fra il 1694 ed il 1740 a navata unica. La torre campanaria separata è del 1751. La cattedrale è dedicata a S. Cassiano da Imola vissuto nel IV secolo, martire sotto Diocleziano. L’isola prosegue verso nord-ovest con Corso Mazzini ed in fondo si trova il Santuario di Santa Maria in Aula Regia che risale al X secolo ed è stato rifatto nel 1665. Il santuario è preceduto dal lungo Loggiato dei Cappuccini formato da 143 archi con colonne di marmo. A metà strada si trova a destra l’ingresso della Manifattura dei Marinati, antica fabbrica per le anguille marinate, una delle tradizionali attività di Comacchio, rimasto oggi come museo e laboratorio. Tornati alla Torre dell’Orologio si può proseguire verso sud-est tra ponti e canali scoprendo la chiesa del Rosario e quella del Carmine.
La maggiore attrazione di Comacchio è la visita al Museo della Nave Romana allestito a Palazzo Bellini all’estremità della Pescheria. La nave è stata ritrovata nel 1980; si era arenata non lontano dalla riva, forse trascinata da una piena e poi ricoperta dai detriti. Si trattava di una nave commerciale del I secolo a.C. pesante 130 tonnellate, lunga 21 m e larga 5 con un carico di vino, olio, legnami e lingotti di piombo. Dopo il ritrovamento, prima di iniziare il recupero, è stata circoscritta l’area di scavo e documentato il luogo, lo stato e la posizione del carico. Il carico è stato catalogato ed esposto in due sale del museo, lo scafo ligneo è stato immerso in acqua di falda per assicurare la sua conservazione. Nella prima sala del museo sono esposti i modellini della nave in scala 1/10 e la storia del ritrovamento. La nave era ad albero unico e vela quadra, con fondo piatto adatto sia alla navigazione fluviale che su mare. Nella costruzione le tavole si assiemavano mediante legatura con corde di fibra vegetale per la parte immersa dello scafo, ad incastro con spinotti (cavicchi) e tasselli di legno per la parte superiore. Vi sono gli oggetti di uso quotidiano e per la manutenzione della nave, calzature ed indumenti e gli oggetti per la cucina e l’igiene. Nella seconda sala al primo piano è esposto il carico. Vi è un fotomosaico del carico come era al ritrovamento e nelle vetrine sono disposti i vari materiali. I lingotti di piombo sono 102 di 32 kg ciascuno. Le ceramiche sono da mensa, fine e comune, le anfore sono per liquidi, olio, vino e salse. Vi sono degli oggetti artigianali di piombo argentifero a forma di tempietti, balsamari e aryballoi (per unguenti).
Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/ITALTOUR.doc
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