Visita guidata a Milano Cenacolo e Pinacoteca di Brera
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Visita guidata a Milano Cenacolo e Pinacoteca di Brera
MILANO, IL CENACOLO DI LEONARDO E LA PINACOTECA DI BRERA.
08-09.12.2007 - 6:30 - Viaggio organizzato da PALLADIO (Arch. G. Ametrano e Prof.ssa C. Lollobrigida).
Un breve soggiorno di un fine settimana a Milano è stato dedicato, oltre che ad una rapida visita del centro cittadino in veste natalizia, soprattutto ad ammirare alcuni grandi capolavori d’arte qui conservati come l’Ultima Cena di Leonardo dopo l’ultimo restauro, le collezioni della Pinacoteca di Brera e la Pietà Rondanini di Michelangelo, esposta al Castello Sforzesco ed infine alcune chiese, veri gioielli dell’arte lombarda.
La città di Milano è riconosciuta come il maggiore centro economico, industriale e di mercato dell’Italia, ma anche come un centro culturale di grandi tradizioni come dimostrano le sue numerose grandi istituzioni: la Biblioteca Ambrosiana, L’Accademia di Belle Arti con la Pinacoteca di Brera, le collezioni del Castello Sforzesco, le sue università (il Politecnico, la Bocconi, la Cattolica del Sacro Cuore e la Statale), il Teatro alla Scala ed il Conservatorio per il teatro e la musica.
In origine città celtica fu conquistata dai Romani nel 222 a.C. e di nuovo riconquistata dopo la guerre puniche nel 194. Con il nome latinizzato di Mediolanum, come luogo di mezzo, fu eretta da Cesare a municipium e poi divenne colonia imperiale sotto Traiano. Il riordino dell’impero voluto da Diocleziano fece di Milano la capitale di Massimiano, imperatore dell’Occidente, che scelse come Cesare Costanzo a cui affidò le Gallie. A Milano Costantino emanò l’editto di tolleranza del 313 nei riguardi della religione cristiana. La diffusione della nuova religione produsse contrasti con i pagani e nuove controversie con l’eresia degli ariani. In questo periodo si affermò la personalità di Ambrogio, prima funzionario imperiale sotto Valentiniano II e poi acclamato vescovo dalla popolazione nel 374. Ambrogio lasciò una profonda impronta sulla città paleocristiana che da allora fu detta Ambrosiana. Nel 402 l’imperatore Onorio portò la capitale a Ravenna e Milano perdette di importanza e subì le scorrerie di popolazioni barbariche, Burgundi e Goti, fino alla calata dei Longobardi di Alboino che entrò a Milano nel 569. Nell’VIII secolo i Carolingi ridiedero importanza a Milano, pur rimanendo Pavia capitale del regno d’Italia, ed i capi della chiesa ambrosiana ebbero insieme potere religioso e politico. Il vescovo di Milano incoronò Ottone I re d’Italia nella basilica di S. Ambrogio, ma sorsero anche i primi contrasti con l’imperatore, quando questi cercò di inserirsi nelle contese interne, e fu il vescovo Ariberto d’Intimiano che diede all’esercito comunale il Carroccio come simbolo religioso che lo accompagnava in battaglia. Lo sviluppo economico e demografico della città favorì lo sviluppo dei poteri delle autorità civiche in contrapposizione a quelle religiose ed all’inizio del secolo XI iniziò la fase del potere comunale. La città aveva raggiunto un ruolo di preminenza sulle altre città lombarde suscitando molte ostilità e, quando si oppose ad un editto dell’imperatore Barbarossa che voleva imporre il controllo imperiale, fu lasciata sola e si arrese ad un primo assedio nel 1158 poi, ribellatasi di nuovo, resistette per 7 mesi ad un altro assedio fino ad arrendersi stremata (1162) e subire la completa distruzione della città e lo sgombero degli abitanti relegati nelle borgate vicine. A questo punto però si consolidò l’opposizione all’imperatore delle città lombarde e Milano fu a capo della Lega Lombarda, creata nel 1167. Dieci anni dopo l’imperatore Barbarossa fu sconfitto nella battaglia di Legnano. Ormai vinto il nemico esterno, la città prosperò con il commercio e l’artigianato, ma i dissidi e le lotte di potere fra le fazioni interne richiesero l’intervento di personalità con funzioni mediatrici. A metà del XIII secolo, i Della Torre ebbero per un ventennio questo ufficio poi, con l’arcivescovo Ottone Visconti, la sua famiglia si trasmise questa funzione ed infine ottenne il titolo di vicario imperiale per il territorio di Milano e quelli dipendenti. Questo favorì l’unione ai destini di Milano di molte città legate ad essa da vincoli economici come Asti, Novara, Como, Bergamo, Brescia, Cremona, Parma, Lodi, Piacenza, Pavia, e la signoria dei Visconti si consolidò. Milano ebbe una nuova cerchia di mura e fortificazioni usate come abitazione del signore. Galeazzo II costruì il primo nucleo del castello visconteo nella zona nordoccidentale della città, vicino alla Porte Giovia. Questo fu anche il periodo della costruzione dei navigli che raccolsero le acque del Sèveso e del Nirone creando una rete di vie d’acqua navigabile intorno alla città. Alla fine del 1300 Gian Galeazzo Visconti estese i suoi domini su gran parte dell’Italia settentrionale e comprese anche Pisa, Perugia e Siena. Nel 1395 ottenne anche il titolo di duca, ma la sua morte (1402) e la reazione di Firenze e Venezia ridimensionarono il ducato che rimase sulla difensiva fino al 1447 quando, alla morte di Filippo Maria Visconti rimasto senza eredi, si chiuse il periodo visconteo. Dopo la breve parentesi della Aurea Repubblica Ambrosiana, Francesco Sforza, genero del defunto Visconti, fu riconosciuto duca di Milano dagli altri stati italiani (1454). La città si arricchì di opere sociali come l’Ospedale Maggiore ed il Lazzaretto e si aprì la Fabbrica del Duomo. La cultura rinascimentale ebbe a Milano molti importanti rappresentanti, umanisti, eruditi, architetti ed artisti. Bramante e Leonardo da Vinci lavorarono alla corte sforzesca di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este che divenne la più ricca e splendida d’Italia. Alla fine del 1400 il ducato di Milano divenne, per la sua posizione chiave, l’obiettivo dello scontro fra le potenze di Francia, Spagna e degli Asburgo d’Austria per il dominio dell’Italia. Nel 1499 l’esercito francese di Luigi XII occupò Milano scacciando Ludovico il Moro. La Lega Santa di Giulio II liberò Milano e restaurò gli Sforza con Massimiliano, figlio di Ludovico il Moro, ma i Francesi la riconquistarono dopo la battaglia di Marignano (1515). Il ducato fu saccheggiato e devastato dagli eserciti in transito poi, il prevalere degli spagnoli di Carlo V d’Asburgo su Francesco I di Francia nella battaglia di Pavia (1525), riportò il figlio di Massimiliano a Milano, ma era ormai una comparsa ed alla sua morte (1535) iniziò il periodo della dominazione spagnola che doveva durare 170 anni.
Sotto gli spagnoli Milano e la Lombardia furono governati da funzionari imperiali, ma con ampia partecipazione di un’élite di nobili e famiglie facoltose. Il lungo periodo di pace favorì lo sviluppo economico nonostante il fiscalismo spagnolo e la popolazione di Milano aumentò dai 60000 a 130000 agli inizi del 1600. Carlo Borromeo, arcivescovo dal 1565 al 1584, e dopo di lui il cugino Federico ebbero una grande influenza nella vita della città; a Federico si deve la fondazione della Biblioteca Ambrosiana. Agricoltura, attività manifatturiere e commercio prosperarono, ma un brusco declino si ebbe con la peste del 1630 e la carestia che accompagnò la discesa degli eserciti tedeschi, durante la guerra dei trent’anni. La popolazione tornò a 60-70 mila e si ebbe una stagnazione dell’economia. La città si era ingrandita, gli spagnoli avevano costruito una nuova cerchia di mura bastionata con un perimetro di 11 km ed il Castello era stato circondato da un sistema di baluardi a stella.
Il dominio spagnolo cessò nel 1706 durante la guerra di successione spagnola, quando Eugenio di Savoia occupò la città per conto dell’imperatore d’Austria Giuseppe I e con il trattato di Rastadt (1714) fu confermato il passaggio all’Austria. Il 1700 fu un periodo di riforme sotto la spinta di Maria Teresa d’Austria (1740-80); fu rimodernata l’amministrazione, il sistema tributario ed il sistema degli appalti, furono aboliti i tribunali vescovili e l’inquisizione. L’illuminismo portò un nuovo clima intellettuale nella società, Cesare Beccaria scrisse il libretto “Dei delitti e delle pene” e furono fondate la Biblioteca e l’Accademia di Brera, l’architetto Giuseppe Piermarini rinnovò l’urbanistica della città.
Nel 1796, 90 anni dopo il suo inizio, finiva il dominio austriaco ed entrava a Milano l’esercito francese di Napoleone Bonaparte portando le nuove idee della Rivoluzione francese. Ci fu entusiasmo e grande fermento nella borghesia e fra gli intellettuali. Milano divenne la capitale della Repubblica Cisalpina, ma la guerra continuava e fisco e requisizioni portavano lo scontento fra la popolazione. Nel 1799, mentre Napoleone era in Egitto le truppe austro-russe ripresero Emilia e Lombardia, ma con la vittoria di Marengo (1800) tornarono i Francesi. Napoleone divenuto imperatore dei Francesi (1804), venne incoronato re d’Italia a Milano, capitale del regno. Eugenio di Beauharnais fu nominato viceré e la città conobbe un intenso periodo di rinnovamento. Furono abbattute le fortificazioni intorno al castello e la piazza d’arme antistante trasformata e si diede inizio al Foro Napoleone intorno al castello. L’urbanistica del vecchio centro e della fascia esterna fu ristrutturata. L’Accademia di Brera fu potenziata ed aggiunta la Pinacoteca. La popolazione aveva ripreso ad aumentare dopo la lunga stasi e, nonostante le guerre ed il blocco continentale dell’Inghilterra, l’economia era in ripresa. L’attività culturale era animata da molte personalità come Vincenzo Cuoco, Melchiorre Gioia, Vincenzo Monti ed Alessandro Volta e furono fondati giornali e nuovi istituti.
La caduta di Napoleone ed il ritorno degli Austriaci a Milano nell’aprile 1914, riportò la città al ruolo di semplice capitale del regno Lombardo-Veneto senza più autonomia. Di fronte all’atteggiamento autoritario degli Austriaci si diffuse l’ostilità degli intellettuali, tuttavia la popolazione passò dai 140000 del 1815 ai 200000 del 1861 accompagnata da una grande attività edilizia e dall’abbellimento della città. Intanto l’opposizione latente si estendeva, alimentata dal movimento mazziniano, anche fra gruppi di nobili e borghesi e vi furono processi e condanne (Pellico e Confalonieri) nel 1821-24. Il 1948, iniziato con la rivolta di Parigi e la seconda repubblica, vide le rivolte in tutta Europa, dopo Vienna e Venezia, anche Milano insorse con le cinque giornate del 18-22 marzo. L’intervento del Piemonte di Carlo Alberto liberò Milano, ma dopo le sconfitte di Custoza e di Novara ritornarono gli Austriaci con Radetzky, governatore militare e civile, e la repressione mantenne viva l’ostilità dei milanesi fino alla seconda guerra di indipendenza del 1959 che liberò la Lombardia e Milano.
Il Cenacolo di Leonardo, scopo principale della visita, è stato dipinto nel Refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie su richiesta di Ludovico il Moro dopo il 1495 e l’artista gli dedicò due anni con molte pause. Nel dipingerlo Leonardo volle sperimentare diverse tecniche. Usò tempera forte su due strati di gesso, non pittura ad olio, ed è stata usata anche vernice ed acquaragia e colla di pesce. L’effetto dell’umidità sul gesso si fece sentire ed il dipinto andò deteriorandosi nel tempo; già alla fine del 1500 era in gran parte perduto. Federico Borromeo ne fece fare una copia e nel 1700 fu fatto il primo restauro; nel 1770 fu passato l’olio sull’intera parete. Nel 1908 fu fatto il primo restauro con metodo scientifico e l’ultimo è stato quello dal 1978 al 1999 con una completa pulitura del dipinto ed il ripristino dei colori e del disegno originario. Il soggetto dell’Ultima Cena è stato trattato da Leonardo in modo diverso da quello convenzionale ed in un momento drammatico, dopo che Gesù ha pronunziato la frase: ”Uno di voi mi tradirà”. L’atteggiamento degli apostoli esprime le loro reazioni ed essi formano quattro gruppi di tre. Partendo dalla sinistra del dipinto, il primo gruppo ha un atteggiamento attonito, il secondo gruppo, alla destra di Gesù, è formato da Giovanni Pietro e Giuda, che non è separato dagli altri, esprime reazioni diverse, il terzo gruppo si rivolge verso Gesù per rassicurarlo e l’ultimo gruppo commenta animatamente senza guardare Gesù che sta al centro come isolato. Il dipinto si trova sul muro corto del Refettorio, sul lato opposto c’è il dipinto di una Crocifissione in affresco di Montorfano del 1495. Questo era il lato dove sedeva il Priore che guardava quindi il dipinto di Leonardo, mentre i monaci sedevano nei lati lunghi.
Il Refettorio ha oggi un sistema di filtraggio dell’aria e di condizionamento e l’accesso dei visitatori è limitato a gruppi di 25 e per soli 15 minuti, ma nonostante queste precauzioni il dipinto è sempre molto delicato e risente degli sbalzi di temperatura ed umidità. Sembra che dal prossimo anno il Refettorio sarà chiuso al pubblico.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie, lungo Corso Magenta, fu costruita nel 1463 vicino ad una cappella con un affresco della Madonna delle Grazie e subito sorse il convento domenicano. Successivamente Ludovico il Moro volle ingrandire la chiesa ed incaricò Donato Bramante per rifare l’abside ed il presbiterio. Fu creata una grande cupola a tamburo con colonnati ed absidi semicircolari ed aggiunto un chiostro ed il Refettorio dove Leonardo dipinse il Cenacolo. Il Bramante ripropose lo stesso tipo di cupola per S. Pietro, a Roma. Durante l’ultima guerra, l’intero complesso fu bombardato e subì gravi danni. Anche il tetto del refettorio crollò, ma fortunatamente la parete del Cenacolo si salvò. L’interno della chiesa è a tre navate con cappelle laterali, la cupola è retta da un basso tamburo ed è lasciata bianca con semplici decorazioni.
Lungo Corso Magenta, verso il centro, si incontra la chiesa di S. Maurizio associata al convento delle benedettine, il più antico convento femminile di Milano fondato forse dalla regina Teodolinda nel VI secolo che fu detto Monastero Maggiore e fu parzialmente demolito alla fine del 1800. Oggi intorno all’antico chiostro si trova il Civico Museo Archeologico. La chiesa, un vero gioiello del rinascimento lombardo, fu iniziata nel 1503 ed ha una forma molto allungata divisa in due parti, quella anteriore destinata al pubblico e quella posteriore adibita a coro delle monache. La chiesa anteriore è ad unica navata con cappelle laterali ricche di splendidi affreschi opera di Bernardino Luini e Simone Peterzano su committenza della famiglia Bentivoglio. Nella cappella Besozzi, la terza a destra della chiesa anteriore, c’è una Flagellazione del Luini, sua ultima opera, con il Cristo che viene legato alla colonna fra Caterina di Alessandria e S. Lorenzo. Il coro delle monache con scanni lignei dell’inizio del 1500, ha una grande tribuna sulla parete di fondo che la divide dalla chiesa anteriore e, nella parete sottostante, figure di santi ed angeli e lunette con storie della Passione fra cui un’Andata al Calvario a sinistra ed una Deposizione a destra. Sulla parete sinistra c’è un grande organo del 1554 con ante dipinte a tempera. La parete destra, che da all’esterno su via Luini, è divisa in due ordini con arcate in basso e serliane in alto che prendono luce dalle finestre.
Proseguendo verso il centro storico oltre Corso Magenta, da via Meravigli si gira a destra per Piazza degli Affari dove prospetta il Palazzo della Borsa di Milano, progettato da Paolo Mezzanotte nel 1931 e per questo detto Palazzo Mezzanotte, con quattro grandi colonne addossate alla fronte e capitelli sormontati da gruppi allegorici rappresentanti i quattro elementi. Si oltrepassa il Palazzo della Borsa proseguendo sempre verso est e si raggiunge piazza Cordusio, sull’asse Castello Sforzesco-Duomo. La piazza era l’antica Curtis Ducis, sede del duca longobardo e del conte dei Franchi, ormai è circondata da palazzi ottocenteschi ed al centro ha la statua di Giuseppe Parini. Uno dei palazzi è quello delle Assicurazioni Generali fra via degli Orefici e via dei Mercanti, strada che porta direttamente a piazza del Duomo. Via dei Mercanti attraversa il cuore dell’antico centro amministrativo e politico della città comunale che era costituito dalla grande piazza quadrata dei Mercanti, o Broletto Nuovo, che aveva occupato i giardini dell’Arcivescovado (Brolo) i cui edifici diedero poi origine al Palazzo Reale. La piazza era circondata dagli edifici comunali ed al centro fu costruito nel 1233 il palazzo della Ragione con il grande Salone dei Giudici. Il palazzo è stato conservato nella sua struttura originale con le facciate in mattoni a vista e le finestre a trifore. Nel 1771-73 è stato sostituito il solaio ligneo con una copertura a volte. Il lato sud della piazza è chiuso dalla loggia degli Osii del 1316, dalla splendida facciata a grandi archi con un balcone centrale che porta in rilievo i simboli della città di Milano.
La piazza e le strade sono addobbate in questo periodo per la prossime feste natalizie e si prosegue per piazza del Duomo dove troneggia un grande albero di Natale. La piazza davanti alla facciata della cattedrale è un grande rettangolo aperto nel 1865 dando inizio agli altri sventramenti che hanno radicalmente cambiato il centro di Milano. Al centro è il monumento a Vittorio Emanuele II a cavallo che ricorda la battaglia di S. Martino. Sui due lati maggiori vi sono due palazzi gemelli porticati, ma quello settentrionale è interrotto dall’Arco di Trionfo della Galleria Vittorio Emanuele II e quello di sinistra, ricostruito dopo la guerra, ha i padiglioni dell’Arengario ancora in ristrutturazione.
La Galleria Vittorio Emanuele II collega piazza del Duomo con piazza della Scala e la via Alessandro Manzoni. Fu l’ultima opera per la sistemazione di piazza del Duomo e nel 1864 fu proposta la sua copertura a vetri. La pianta ha due bracci, quello principale lungo 196 m, largo 14,5 m ed alto 32, quello trasversale è lungo 105 m e la piazza centrale (Ottagono) ha una cupola di 39 m di diametro ed il vertice a 47 m. L’ingresso da piazza del Duomo ha la forma di un arco trionfale e fu completato nel 1878. I bombardamenti del 1943 hanno fatto crollare la copertura e provocato molti danni poi riparati.
Il Duomo di Milano, per le sue dimensioni, è terzo dopo S. Pietro di Roma e la cattedrale di Siviglia. La sua costruzione fu iniziata nel 1386 con Gian Galeazzo Visconti, si ispirò al gotico transalpino e venne impiegato il marmo di Candoglia. La parte absidale, con la sua prima consacrazione, fu completata nel 1448. A metà del 1500, l’arcivescovo Carlo Borromeo fece rifare il presbiterio, riconsacrato nel 1577. I lavori proseguirono nei due secoli successivi, la statua della Madonnina fu innalzata nel 1774 e la facciata fu completata nel 1813. Il Duomo è lungo 158 m, largo 66 e 93 al transetto. La guglia più alta raggiunge i 108,5 m. L’interno è a cinque navate ed il transetto ne ha tre, ha un profondo presbiterio e nel deambulatorio si aprono tre magnifiche vetrate dove sono rappresentate storie del Nuovo Testamento, dell’Apocalisse e del Vecchio Testamento. Sotto l’altare si trova una cripta. La facciata ha sei contrafforti, quattro dei quali sono doppi, che finiscono in alto con dieci guglie. In basso vi sono sei portali, uno per navata.
Nell’area a sud-ovest del centro si visitano due chiese di grande interesse. La prima è quella di Santa Maria presso S. Satiro, in via Torino poco lontano dal Duomo, che è un gioiello del primo rinascimento e vi lavorò il Bramante. Il nome deriva dalla presenza di un sacello del IX secolo di origine bizantina, rimasto accanto alla chiesa. L’interno della chiesa è a tre navate, transetto e cupola centrale e, guardando dal centro della navata, si osserva una profonda abside che in realtà non c’è perché è un’illusione prospettica e la sua profondità è meno di un metro. La chiesa fu costruita negli anni 1476-86 ed è il primo esempio di illusionismo prospettico. Solo 150 anni dopo Borromini costruì a Roma, a Palazzo Spada, la sua Galleria Prospettica e nel 1700 si moltiplicarono gli esempi. Non si è sicuri dell’autore del progetto e le notizie tramandateci lasciano molti dubbi su quale sia stata la parte avuta dal Bramante che sicuramente ha fatto la sagrestia ed il Battistero. All’estremità del transetto sinistro si trova la Cappella della Pietà del IX secolo con pianta a croce greca polilobata e sopra l’altare il gruppo della Pietà con 14 figure in terracotta del 1482-83.
Dall’altro lato di via Torino, accanto alla chiesa di S. Sepolcro, si trova l’edificio della Biblioteca Ambrosiana che conserva opere preziosissime, 2500 incunaboli, il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, palinsesti di Plauto e Cicerone e la Bibbia gotica.
La seconda chiesa è quella di S. Ambrogio, la più antica di Milano, sorta nel 379 come basilica Martyrum sul sepolcro dei Ss. Gervasio e Protasio, vicino al un cimitero cristiano, e vi si trova il sepolcro del vescovo Ambrogio. Nel 789 fu fondato vicino il monastero benedettino e poi vennero le trasformazioni del IX secolo in basilica medievale dedicata alla consacrazione di arcivescovi ed all’incoronazione di imperatori e re d’Italia. Intorno al nucleo dell’antica basilica fu aggiunta, a destra della facciata, la torre dei Monaci, aggiunto un grande atrio porticato, allungate le absidi delle tre navate ed alzata la torre dei Canonici a sinistra della facciata. L’interno è a tre navate divise da pilastri ed archi a tutto sesto e volte a crociera; lungo le navate laterali si aprono numerose cappelle. Al terzo pilastro sinistro è appoggiato il pergamo sorretto da colonnine ed archetti e sotto un sarcofago tardoromano. Il ciborio rimonta al IX secolo, ha quattro colonne di porfido ed un baldacchino lombardo-bizantino. La cripta sotto l’altare è stata rifatta nel 1740 ed a metà del 1800; contiene l’Arca dei Santi Patroni con i corpi de S. Ambrogio, S. Gervasio e S. Protasio
Il nome di Brera deriva da una parola germanica che indicava uno spazio erboso, su un luogo occupato da un convento del XIV secolo, che alla fine del 1500 passò ai Gesuiti e fu ampliato per fondare un collegio. Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1772, il palazzo fu destinato dagli Asburgo a istituzioni come l’Osservatorio astronomico, la Biblioteca, l’Orto Botanico, l’Accademia di Belle Arti e l’Istituto di Scienze e Lettere. All’Accademia di Bella Arti si devono le prime collezioni della Pinacoteca. Con Napoleone e l’amministrazione di Eugenio di Beauharnais del Regno italico, la raccolta si arricchì, fra il 1801 e il 1807, con opere provenienti da chiese e da altre regioni d’Italia ad opera di Giuseppe Bossi, pittore e scrittore d’arte che fu segretario dell’Accademia. Con la liberazione di Milano nel 1859, al centro del cortile del palazzo fu collocata la statua bronzea di Napoleone I come Marte pacificatore. Le collezioni continuarono ad aumentare con lasciti, doni ed acquisti e vennero continuamente aggiornate anche con opere moderne.
Si dedica una mattinata alla visita della Pinacoteca soffermandosi sui maggiori capolavori.
All’inizio del percorso c’è il ritrovamento di una cappella della metà del XIV secolo dell’antico complesso medievale dedicata a S. Caterina ed a S. Ambrogio con l’affresco di una Crocifissione di influenza giottesca di Giovanni da Milano. Si prosegue con opere del gotico internazionale del tardo 1300 ed un’Adorazione dei Magi di Stefano da Verona, capostipite della pittura lombarda, ancora senza analisi prospettica e con scene aggiunte fuori dal contesto come quella dei cacciatori in alto a sinistra. Si passa ad un capolavoro del Rinascimento di Giovanni Bellini di scuola veneziana: una drammatica Pietà con Cristo morto il cui braccio cade abbandonato sulla balaustra, sorretto dalla Vergine con il volto invecchiato e da S. Giovanni che volge la testa con la bocca aperta come a chiedere partecipazione. Il quadro è firmato ed ha come sfondo un cielo sfumato. Vicino è il Cristo morto del Mantegna, adagiato e visto in prospettiva in modo da rientrare nell’altezza del quadro, una delle sue opere più famose che l’autore voleva fosse posta sulla sua tomba. Il quadro fu acquistato dagli eredi di Giuseppe Bossi nel 1824. Del Mantegna è anche la Madonna dei cherubini ed un Polittico, ma con supporto non originale. Della fine del 1400, di Cima da Conegliano è una tela rappresentante S. Pietro in trono con angelo musicante in basso, S. Giovanni Battista e S. Paolo e lo sfondo di un cielo con nuvole. Il quadro più celebre della Pinacoteca è quello di Piero della Francesca denominato la Madonna dell’uovo, un pala lignea commissionata da Federico da Montefeltro che viene raffigurato in armatura, inginocchiato in preghiera al lato del trono della Vergine con il Bambino ed intorno angeli e santi nello sfondo di un’abside dall’alto della quale pende un uovo. Il quadro è pieno di motivi simbolici, l’uovo era nell’araldica dei Montefeltro, l’abside era quella della cappella del palazzo di Urbino, la collana di corallo al collo del Bambino è un simbolo di resurrezione. Nella stessa stanza si trova lo Sposalizio della Vergine di Raffaello in uno sfondo architettonico bramantesco, opera firmata dall’autore a 21 anni. Un’altra opera famosa è il Cristo alla colonna del Bramante senza i flagellatori. Si passa poi al 1600 con il Caravaggio, nell’anno della sua morte e la sua Cena di Emmanus che rappresenta Cristo mentre benedice il pane e viene riconosciuto dagli apostoli; intorno l’oste ed una vecchia che porta il pane. Fra si caravaggeschi i trova Orazio Gentileschi che raffigura i martiri Valeriano, Tiburzio e Cecilia. Del 1700 vi sono paesaggi del Canaletto, nature morte, tema caro dei pittori lombardi. Del 1800 vi sono molti ritratti, il famoso Bacio di Francesco Hayez, dipinti di Segantini e Fattori e si finisce con Pellizza di Volpedo ed il suo Terzo Stato o Fiumana donata nel 1986.
L’ultima visita è dedicata al Castello Sforzesco, un complesso che, iniziato nella seconda metà del 1300, ha subito nei secoli una continua serie di trasformazioni fino alla sistemazione conclusiva del tardo 1800 a testimoniare tutte le fasi della storia di Milano. Il primo nucleo fu costruito da Galeazzo II nel 1358-68 lungo le mura nordoccidentali della città. Gli Sforza nel 1400 mantennero il nucleo originale ingrandendo intorno le difese e migliorando la zona residenziale ed il palazzo della Corte ducale. Nel 1500 e 1600, passato sotto il controllo spagnolo, per lo sviluppo delle artiglierie il castello si trasformò in piazzaforte con un sistema di baluardi a stella perdendo la sua funzione di residenza del potere che si spostò nei palazzi vicino al Duomo. Nel 1700 il castello rimase invariato e si creò una piazza d’arme all’esterno. All’arrivo di Napoleone la piazzaforte venne smantellata, intorno al nucleo storico si progettò un insieme di edifici monumentali per costituire il cosiddetto Foro Bonaparte, poi il progetto è abbandonato per motivi economici. La restaurazione lo trasformò ancora in caserma. Con l’Unità d’Italia il castello passò al Comune di Milano e nel 1893 l’architetto Luca Beltrami operò un completo restauro del nucleo.
La facciata frontale del castello dal lato della città è larga 200 m con due torrioni cilindrici alle estremità ed al centro la torre detta del Filarete alta 70 m con orologio, dedicata ad Umberto I. Sul lato destro rimane ancora una parte dell’antico fossato, che era invaso dall’acqua dei navigli, ed un rivellino. Su questo lato la porta dei Carmini ha ancora il ponte levatoio. Si entra da qui sulla grande piazza d’arme e si vede dall’interno la Torre del Filarete sul lato della facciata principale e dall’altro lato il complesso residenziale formato a sinistra dalla Rocchetta, che ha all’interno un cortile, la torre di Bona di Savoia, alta 36 m quasi al centro, ed a destra il Palazzo della Corte Ducale, la splendida residenza degli Sforza. Oggi il palazzo è adibito a museo della città con collezioni artistiche e storiche. A pianterreno del palazzo, nell’ala destra, si nota il monumento sepolcrale a Bernabò Visconti a cavallo e nella Sala della Asse, nell’angolo nord-est, la grande volta a padiglione decorata con motivi vegetali da Leonardo da Vinci, ma molto danneggiata, avanzo delle decorazioni degli interni del castello. L’opera più importante negli obiettivi della visita è però la Pietà Rondanini di Michelangelo, considerata ultima opera dell’artista trovata incompleta nel suo studio dopo la morte (1564), acquistata nel 1744 dai marchesi Rondanini (in realtà Rondinini), da cui ha preso il nome, ed infine acquistata dal Comune di Milano nel 1952. L’opera fu iniziata da Michelangelo nel 1552-53, destinata ad Antonio del Francese; Il lavoro fu ripreso nel 1555 ma Michelangelo non fu mai soddisfatto e la lasciò incompleta. Il tema della Pietà era stato iniziato nei paesi nordici nel XIV secolo ed aveva sempre rappresentato un problema per gli scultori dovendo rappresentare la Madonna che sorreggeva il corpo morto del Cristo. Dopo la Pietà in S. Pietro nel 1500, nel suo ultimo periodo Michelangelo scolpì tre Pietà che lasciò incomplete e questa è la più drammatica. Le altre due (la pietà Bandini e la Pietà di Palestrina) rappresentavano Cristo sorretto in piedi dalla Madonna anche con l’aiuto di altri personaggi; nella Rondanini solo la Madonna sta dietro al Cristo e lo sorregge senza sforzo apparente. Il corpo del Cristo è ben levigato nella sua parte inferiore, verso l’alto tutto è più grezzo e la cuffia della Madonna è appena sbozzata. Dopo il restauro iniziato nel 1998, ora sono in corso indagini conoscitive che vogliono fare luce sui tanti aspetti ancora sconosciuti dell’opera.
Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/ITALTOUR.doc
Sito web: http://www.travelphotoblog.org/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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