Secolo XI anni 1001 - 1100 storia in sintesi

 

Secolo XI anni 1001 - 1100 storia in sintesi

 

 

 

AFFRANCAMENTO DELLA SERVITÙ

Liberazione dei contadini europei dai vincoli inerenti alla condizione di servitù (limitazioni ai diritti di movimento, proprietà, matrimonio). Il processo di affrancamento ebbe inizio in Europa occidentale già dal X-XI secolo, grazie al rinnovamento sociale ed economico connesso con la messa a coltura di nuove terre e con lo sviluppo urbano. Per favorire il trasferimento dei loro contadini nelle terre da dissodare, i signori stessi fecero loro ampie concessioni in materia di libertà; oltre che in Europa occidentale, ciò fu la norma nella colonizzazione tedesca della regione baltica. Il secondo fattore di affrancamento, l'urbanizzazione, agì in maniera diversa in Italia centrosettentrionale e in Europa. In Italia si sviluppò molto precocemente una proprietà terriera borghese che favorì i contratti scritti che impegnavano i contadini a lavori di miglioria e rendevano il vincolo economico più rilevante di quello servile. I comuni italiani molto presto (XII secolo) imposero il loro dominio sul territorio extraurbano e, per eliminare i precedenti poteri signorili, concessero ampie affrancazioni collettive ai servi del contado, come fece Bologna nel 1257. In Europa settentrionale le città confinarono i loro statuti di libertà e le loro autonomie entro le mura e procurarono affrancamenti solo individuali a chi riusciva a stabilire la propria residenza in città per un tempo abbastanza lungo (cosa che veniva espressa dal proverbio tedesco "l'aria di città rende liberi"). Il processo di liquidazione della servitù venne poi accelerato dalle fughe dei contadini verso le regioni e le città che assicuravano la possibilità dell'emancipazione e dalle grandi rivolte del XIV secolo. In primo luogo si eliminarono le limitazioni alla libertà giuridica ed economica e poi si abolì il vincolo alla terra. Pur graduale, questo processo aveva già raggiunto notevoli risultati entro la fine del XV secolo. Nel XVI e XVII secolo aumentarono gli oneri gravanti sui contadini dell'Europa occidentale e rallentò la loro emancipazione. Ma intanto la servitù fece la sua comparsa nell'Europa centrale e orientale, dove in precedenza era solo marginale. Nella regione baltica, in Polonia e in Russia (e in minor misura in Boemia e Ungheria) la nobiltà terriera cominciò a gestire direttamente le proprie terre e i contadini, non protetti dalla debole autorità statale, furono via via spinti verso una condizione di servaggio che somigliava sempre più alla schiavitù, comportando per i signori il diritto di comprare e vendere i servi. Nel XVIII secolo e nei primi decenni del XIX la servitù, divenuta ormai una sopravvivenza, cadde di fronte al grande moto riformatore e rivoluzionario che percorse l'intera Europa. Nell'ambito dei programmi di riforma che in vario modo coinvolsero i sovrani "illuminati", la servitù venne abolita fra il 1749 e il 1763 da Federico II nelle regioni del regno di Prussia dove ancora esisteva (ma i suoi decreti restarono di fatto scarsamente applicati); seguirono nel 1763-1778 i domini dei Savoia, nel 1781-1785 quelli di Giuseppe II d'Asburgo e nel 1788 la Danimarca. In Francia la servitù riguardava ancora il cinque per cento dei venti milioni di contadini; essa venne abolita dal decreto adottato il 5 agosto 1789 dall'Assemblea nazionale. Gli ultimi residui di servitù scomparvero poi in tutte le regioni annesse dalla Francia rivoluzionaria e imperiale. La definitiva abolizione della servitù fu nel 1807 al primo posto fra le misure riformatrici prese in Prussia di fronte alla sconfitta di Jena. In Russia l'emancipazione si ebbe soltanto nel 1861 sotto lo zar Alessandro III.

S. Guarracino

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M. Bloch, La servitù nella società medievale, La Nuova Italia, Firenze 1975; Aa. Vv., L'abolition de la féodalité dans le monde occidental, Edition du C.N.R.S., Parigi 1971.

 

AGNATIO

Nel diritto romano era il vincolo di parentela fra tutti i discendenti in linea maschile da un pater familias, in contrapposizione alla parentela naturale, comprendente i parenti in linea femminile (cognatio). La trasmissione per via maschile era presente anche nella cultura dei popoli germanici. Ma solo nell'XI secolo le famiglie aristocratiche europee passarono a una rigida concezione patrilineare della famiglia (lignaggio). Con la crescita economica e demografica, indebolitasi la regalità e divenuta non revocabile la concessione del beneficio, il rango e il potere dipesero dalla trasmissione ereditaria degli allodi e dei feudi. Il lignaggio escluse dalla successione le donne, per le quali si istituì il regime della dote e rinsaldò la solidarietà dei maschi, titolari alla pari del diritto all'eredità. La casa aristocratica composta dal padre, dai figli e dai nipoti, con le loro rispettive mogli, rimaneva unita per due o tre generazioni, mentre le figlie erano allontanate con il matrimonio o la monacazione. Il primato agnatizio entrò negli ordinamenti delle città, condizionandone la vita politica. Nel XV secolo, l'importanza delle solidarietà di lignaggio venne meno, lasciando spazio alla famiglia coniugale e al primato del primogenito sugli altri fratelli, sancito in diritto dal maggiorasco e dal fidecommesso.

 

ALBIGESI
Seguaci del movimento ereticale sviluppatosi tra XII e XIII secolo nel Mezzogiorno occitanico della Francia (Linguadoca), soprattutto a Tolosa e ad Albi. Insieme ai numerosi e coevi focolai dell'Italia settentrionale, furono la principale manifestazione in Occidente della eresia orientale dei catari, già propagatasi attraverso bogomili e pauliciani nei Balcani. Il movimento si innestò sulla ripresa religiosa europea dell'XI secolo, che accompagnava la crescita economica e i suoi profondi rimescolamenti sociali. Esso però si spinse fino alla negazione completa della Chiesa, della sua liturgia e di alcuni dei suoi principali cardini teologici (divinità del Cristo, verità dell'Antico Testamento e dottrina della creazione). Le comunità ereticali trovarono un potente alleato nel conte di Tolosa Raimondo VI e in altri grandi signori provenzali. Intorno al 1170, a Saint-Félix-de-Caraman, l'eresia si diede una organizzazione territoriale diocesana. Di fronte al concreto pericolo di una nuova chiesa cristiana occidentale, Roma reagì. Dopo l'assassinio nel 1208 del legato pontificio, papa Innocenzo III considerò chiusa ogni prospettiva di conciliazione, scomunicò Raimondo VI e bandì la crociata contro gli albigesi, che si trasformò in una lunga e sanguinosa guerra ventennale, condotta dalla nobiltà cattolica ortodossa della Francia settentrionale, legata alla monarchia, contro i ricchi e potenti principati della Linguadoca. Lo scontro si risolse nel 1229, dopo l'intervento diretto del nuovo re Luigi VIII che sottopose alla corona gran parte della regione, e con l'ausilio dell'Inquisizione l'eresia fu estirpata.

 

ALESSIO I COMNENO
(Costantinopoli 1048? - ivi 1118). Imperatore bizantino (1081-1118) col quale iniziò la dinastia dei Comneni. Appartenente alla grande nobiltà fondiaria, restaurò la forza di Bisanzio, dopo le sconfitte subite nell'XI secolo, quando a Costantinopoli aveva dominato una nobiltà di burocrati. Venuto a patti con i selgiuchidi in Asia minore, poté combattere la minaccia dei normanni, che sconfisse con l'aiuto dei veneziani. Respinse poi i turchi peceneghi e riuscì a sfruttare l'alleanza con i capi delle prime crociate per riacquistare parte dei territori meridionali. I suoi successi diplomatici e militari non arrestarono tuttavia la decadenza dell'impero, essendo stati ottenuti con l'ulteriore indebolimento delle sue basi finanziarie, monetarie e amministrative, a vantaggio del potere locale della grande proprietà agraria e della penetrazione economica dei mercanti latini.

 

ALMORAVIDI
(XI-XII secolo). Dinastia musulmana berbera che dominò l'intero Marocco, la parte orientale dell'attuale Algeria e la Spagna musulmana nella seconda metà dell'XI secolo e nella prima metà del successivo. Essa deve la sua denominazione al termine arabo al-murabitun (combattenti musulmani facenti capo a un ribat, fortino, e più in particolare a quello sul fiume Senegal che funse da loro prima base operativa contro gli infedeli). In seguito alla predicazione rigorista di un teologo musulmano, Abdallah ibn Yasin, che trovò largo seguito presso alcune bellicose frazioni delle tribù berbere Sanhagiah che conducevano vita nomade nella zona compresa tra l'Atlante, il Senegal e l'oceano Atlantico, i suoi seguaci avviarono una vera e propria guerra santa per imporre il loro credo. Con una campagna durata alcuni anni sopraffecero l'impero sudanese del Ghana (1076) e contemporaneamente organizzarono ripetute incursioni anche a settentrione ben dentro il territorio marocchino. Il vero fondatore della monarchia fu Yusuf ibn Tashfin, che, tra il 1062 e il 1070, riuscì a estendere il suo potere su tutto il Marocco, fissando a Marrakech la capitale dell'impero. Passò poi nella Spagna musulmana ove colse contro l'esercito di Alfonso VI di Castiglia e di León l'importante vittoria di Zallaqa. Rigidamente ortodossi, gli Almoravidi seguirono la scuola giuridica malikita e avviarono una politica di intolleranza religiosa e culturale, perseguitando a più riprese cristiani ed ebrei e osteggiando gli studi filosofici. Il loro declino fu rapidissimo e in pratica coincise con l'emergere in Marocco della dinastia rivale degli Almohadi i quali nel 1147, dopo un lungo assedio, riuscirono a impadronirsi di Marrakech catturandovi l'ultimo sovrano almoravide, Ishaq ibn Ali, subito decapitato. Per qualche tempo un ramo superstite degli Almoravidi riuscì a mantenere il controllo sulle isole Baleari da dove continuò a condurre azioni di disturbo contro la presenza degli Almohadi nel Maghreb orientale.
M. Lenci

 

 

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