Fenici in Italia storia e riassunto
Fenici in Italia storia e riassunto
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I FENICI
Che cosa succede verso il 2000 a.C. ? Dove vivono i Fenici verso il 2000 a.C.?
Quali sono i lavori dei Fenici?
Quando si sviluppa la civiltà fenicia?
Quando nasce l’alfabeto dei Fenici?
Che cosa usano i Fenici per scambiare le merci?
Che cosa portano i Fenici nei Paesi del Mediterraneo? Che cosa sono le colonie fenicie?
Quali sono le principali colonie fenicie? |
Verso il 2000 a.C. alcuni popoli emigrano, forse dall’Arabia, verso una striscia di terra sul Mare Mediterraneo, la Fenicia. I Fenici vivono in Fenicia. Questa terra oggi si chiama Libano. Il nome “Fenici” viene da una parola greca che significa “rosso”. I Fenici usano la porpora, un colorante ricavato da piccole conchiglie, per tingere le stoffe di rosso. Con le stoffe rosse i Fenici producono abiti di lusso. I Fenici sono artigiani, commercianti e navigatori. Gli artigiani fabbricano il vetro usando la sabbia; lavorano i metalli preziosi per fare collane, bracciali e anelli; costruiscono pettini e piccoli contenitori di avorio e fabbricano armi e piatti con il bronzo. Inoltre costruiscono le navi. Navigano e commerciano nel Mare Mediterraneo. Dal 1200 all’800 a.C. i Fenici sviluppano una grande civiltà. L’alfabeto dei Fenici nasce intorno al 1100 a.C. L’alfabeto dei Fenici si chiama fonetico. Nell’alfabeto fonetico ci sono 22 segni. Ogni segno è un suono. L’alfabeto fonetico è facile, per questo molte persone possono imparare a leggere e a scrivere. Gli alfabeti di altri popoli (per esempio gli Egizi) sono molto difficili, perché hanno tantissimi segni: per questo solo poche persone possono leggere e scrivere. Per commerciare i Fenici non usano più il baratto (cioè non scambiano più le merci con altre merci), perché è scomodo trasportare tanti prodotti. Gli scambi commerciali diventano più semplici quando si iniziano a usare le prime monete, che sono piccoli blocchi di oro e di argento. I Fenici portano nei Paesi del Mediterraneo tante merci, un nuovo alfabeto, le scienze e la cultura dei vari popoli che incontrano, le prime monete. I mercanti fenici, nei lunghi viaggi, hanno bisogno di luoghi sicuri dove fermarsi. Fondano così molte colonie in tutte le coste del Mare Mediterraneo e nelle isole maggiori (per esempio in Sicilia). Attraverso le colonie i Fenici controllano il commercio nel Mare Mediterraneo per alcuni secoli. Con i commerci i Fenici avvicinano tra loro popoli e culture diversi. I Fenici fondano molte colonie in Africa settentrionale e in Spagna, dove ci sono materie prime preziose, come l’oro e l’argento. La più importante è Cartagine ( = “città nuova”), fondata nell’ 814 a.C. |
Fonte: www.inretelab.altervista.org/storia/contenuti/storiaantica/fenici.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
I FENICI E LA COLONIZZAZIONE FENICIO-PUNICA DELLA SARDEGNA
Dispensa di storia, Prof. Mauro Medde.
PROBLEMATICHE DELLA CIVILTA’ FENICIO-PUNICA
Quando si parla dei fenici, e della colonizzazione fenicio-punica bisogna, immediatamente, tenere presente un particolare quando la si confronti con la civiltà greca e romana: per il mondo fenicio-punico mancano, quasi completamente, testimonianze scritte. I fenici hanno lasciato brevi iscrizioni, quasi esclusivamente rituali o funerarie, che poco ci dicono del loro mondo. Manca, ad esempio, completamente una storia dei fenici o anche dei cartaginesi scritta da questi stessi popoli. Le uniche fonti di cui ci possiamo avvalere sono quelle greche e quelle latine, ovvero, fonti di “parte” scritte da popoli che erano avversari politici acerrimi dei fenicio-punici e, come tali, “sospette” nel raccontare i fatti di quel popolo. Con questa grande carenza di fonti, dunque, la civiltà fenicio-punica può esser ricostruita soprattutto attraverso l’archeologia, ovvero i dati sulla vita, i riti, la morte, le pratiche quotidiane, delle città fenicio-puniche che emergono dagli scavi archeologici condotto in tutto il bacino del mediterraneo. L’archeologia, disciplina imparentata con la storia, si ritaglia, nel campo della cultura fenicio-punica, il ruolo di guida per la sua conoscenza. Si deve a questa carenza di informazioni (che peraltro il progresso degli studi va rapidamente colmando) anche il ruolo marginale che la civiltà fenicia e punica ha nei programmi scolastici in confronto, ad esempio, con quella greca. Eppure, in Sardegna, non esistono colonie greche mentre decine sono i centri toccati dall’espansione fenicia e punica.
ORIGINE DEI FENICI
I Fenici sono un popolo originario dell’attuale Libano, la cui proiezioni verso occidente ha avuto degli straordinari riflessi culturali su vaste regioni del bacino Mediterraneo. La Fenicia, loro terra d’origine, infatti, si caratterizzava per la grave scarsità di risorse economiche, causate anche da una conformazione geografica assai sfavorevole con rilievi che lasciano poco spazio ad ampie aree pianeggianti in cui fosse praticabile l’agricoltura. Queste scarse risorse economiche danno ragione della proiezione marittima delle genti fenicie che li portò a divenire colonizzatori dell’occidente. Al fattore geografico si sommò poi il quadro politico: nel momento in cui la pressione assira sulle città fenicie divenne troppo forte, nel corso del IX secolo, si rese quasi inevitabile la necessità di fondare nuove città in altre regioni del Mediterraneo. Le città fenicie- tra le principali ricordiamo Tiro, Sidone e Biblo- che non avevano mai raggiunto una unificazione politica ed erano organizzate in città stato, con propri culti, proprie milizie, diversi circuiti commerciali, permisero a gruppi più o meno consistenti di loro cittadini di abbandonare la patria per dirigersi verso le terre del lontano occidente che, già nei secoli precedenti, avevano visitato come mercanti.
PRECOLONIZZAZIONE E COLONIZZAZIONE
Bisogna, infatti, distinguere una fase, nota come “precolonizzazione” nella quale i Fenici visitano i mercati occidentali al solo scopo di scambiare prodotti con gli indigeni ma senza costituire dei centri stabili (così come era accaduto anche per i Micenei in Sardegna) dalla fase coloniale vera e propria che si sviluppò solo a partire dalla fine del IX, inizio dell’VIII secolo. I Fenici erano soliti scegliere dei centri costieri, dotati di punti d’approdo favorevoli, ovvero riparati dai venti dominanti, e vicini a fonti d’acqua dolce. La presenza di un retroterra agricolo era un altro requisito di grande importanza, Non di rado queste colonie nascevano come “fondachi” o “emporia” ovvero piccoli punti d’approdo finalizzati allo scambio commerciale con gli indigeni. I centri in cui furono impiantate le colonie fenicie coincidevano, generalmente, con le aree frequentate dai mercanti fenici in epoca precoloniale. In quelle fasi lo scambio commerciale avveniva con delle modalità che conosciamo dal racconto dello storico greco Erodoto: "I Cartaginesi raccontano che vi è una regione della Libia e uomini che la abitano, al di là delle colonne d’Ercole. Quando sono giunti tra questi e hanno scaricato le mercanzie, dopo averle esposte in ordine lungo la spiaggia risalgono sulla nave e alzano una fumata. Allora gli indigeni vedendo il fumo vanno al mare e poi in sostituzione delle mercanzie depongono oro e si ritirano lontano dalle merci. E i Cartaginesi sbarcati osservano, e se l’oro sembra loro degno delle mercanzie lo raccolgono e si allontanano, se invece non sembra degno, risaliti sulla nave di nuovo attendono; e quelli, fattisi avanti, depongono altro oro, finché li soddisfano. E non si fanno torto a vicenda, perché né essi toccano l’oro prima che quelli l’abbiano reso uguale al valore delle mercanzie, né quelli toccano le merci prima che gli altri abbiano preso l’oro". Si tratta, evidentemente, di una classica forma di scambio asimmetrico nel senso che non esiste equivalenza tra il valore reale degli oggetti offerti dai fenici e il grande prezzo in metallo prezioso pagato dagli indigeni. I fenici erano, evidentemente, culturalmente più preparati ed economicamente più scaltri e maturi rispetto alle genti indigene con cui si commerciavano. In progresso di tempo i fenici non si accontentarono di scambiare oggetti con gli indigeni e di intrattenere con loro dei traffici commerciali ma mirarono ad occupare stabilmente quelli che nascevano come semplici punti d’approdo. Si tratta del passaggio da una fase precoloniale ad una coloniale. Intorno alla fine del IX inizio VIII secolo nascono, quindi, le prime vere e proprie colonie fenicie d’occidente. Da Cartagine ed Utica in Nord Africa, fino a Mozia, Panormo in Sicilia, Trayamar, Toscanos, Villaricos in Spagna e le colonie della Sardegna di cui ci occuperemo in particolare
Si tratta di una colonizzazione diversa ma non necessariamente concorrenziale rispetto a quella greca. Per qualche tempo, infatti, i fenici visitarono i mercati occidentali in contemporanea ed in accordo con i greci, arrivando a fondare delle colonie “miste” come Pitecusa, nell’isola d’Ischia. La proiezione coloniale fenicia si indirizzò sia verso il bacino del mediterraneo orientale che verso l’Egitto e poi, come detto, verso Occidente. In prossimità dell’attuale città di Tunisi fondarono, nell’814 a.C., quella che sarebbe stata non solo la loro più famosa colonia ma anche essa stessa madrepatria di numerose altre colonie: Cartagine. La città, prima nata come centro di piccole dimensioni in un ambiente ad essa ostile, popolato dagli indigeni berberi e numidi, in seguito accrebbe il suo dominio, sia impadronendosi delle fertili aree agricole della Tunisia che proiettandosi nell’espansione marittima. Questa espansione ricalcò solo in parte il percorso della colonizzazione fenicia dei secoli precedenti. Cartagine fondò nuove colonie e si sostituì alla madrepatria fenicia nell’amministrazione delle colonie già presenti nel bacino mediterraneo, con modalità (scontro o pacifico passaggio di poteri) affatto chiare. A tale proposito si deve ricordare una importante distinzione terminologica per cui si parla di età fenicia in relazione ai Fenici d’oriente ed alla loro proiezione verso occidente ed età punica in relazione alla città di Cartagine ed alle sua vicende, ivi comprese l’amministrazione delle colonie ex fenicie: il periodo che comprende la fase coloniale fenicia e quella cartaginese (dal IX alla metà del III secolo a.C.) viene definito, complessivamente, come epoca fenicio-punica. Cartagine, nel giro di pochi decenni, a partire dalla metà del VI secolo a.C. divenne padrona del mediterraneo occidentale diventando quindi un pericoloso concorrente per le colonie greche che si erano sviluppate nella stessa area. Se, ad esempio, in Sardegna la presenza delle colonie fenicie impedì ogni forma di colonizzazione greca in Sicilia, invece, fenici prima e cartaginesi poi si divisero l’isola con le colonie greche, secondo una partizione di questo tipo: ai fenici la Sicilia occidentale, ai greci quella orientale. La convivenza tra fenici e greci fu sempre estremamente precaria, dal momento che la volontà egemonica appariva preminente in entrambe le parti. Si alternarono momenti di sostanziale guerra fredda ad altri di guerra guerreggiata che culminarono nella celebre battaglia di Imera del 480 a.C che la tradizione greca collocava nello stesso giorno della battaglia di Salamina contro i persiani a significare un duplice attacco dei “barbari” contro la grecità. Se in Sicilia avversari dei cartaginesi furono essenzialmente le colonie greche, in Sardegna i contrasti con le popolazioni indigene furono all’origine delle campagne di Malco alla metà del VI secolo che, inizialmente fallimentari per Cartagine, in seguito permisero alla città nordafricana di ottenere il pieno controllo dell’isola, già nella fase finale del VI secolo a.C. Fu questo il momento in cui, in Sardegna, alle genti fenicie, sostanzialmente pacifiche, che non miravano ad ottenere il controllo totale dell’isola, si sostituì l’egemonia punica, essenzialmente militare, che arrivò a controllare interamente il territorio dell’isola, inserendone lo sfruttamento economico-specie del grano- nel circuito dei commerci cartaginesi. Con l’emergere della potenza romana, Cartagine, con il controllo che essa esercitava dei traffici commerciali nel bacino del mediterraneo, era avversario temibile per Roma ed ostacolo assolutamente insormontabile nella sua volontà di dominio del Mediterraneo. Lo scontro era, pertanto, inevitabile e si sostanziò nelle tre guerre puniche che si conclusero con la distruzione della città nemica e la sostituzione di Roma a Cartagine nel dominio sulle sue colonie, in Sicilia, in Spagna, in Sardegna e nel Nord-Africa.
ORGANIZZAZIONE POLITICA DI CARTAGINE
Il governo di Cartagine era una oligarchia, di cui conosciamo però pochi dettagli. Al vertice dello stato si trovavano i sufeti, termine che potremmo tradurre come “magistrati”, essi sono scelti tra le famiglie aristocratiche e durano in carica un anno. Oltre ad amministrare la giustizia, i sufeti presiedono il senato, lo convocano e stabiliscono l’ordine del giorno dei suoi lavori. Il senato è composto da rappresentanti delle famiglie nobili, è il vero centro dell’attività legislativa: spetta a questa assemblea promulgare le leggi, definire le linee della politica estera, decidere se intraprendere una guerra, dare udienza alle ambascerie di stati stranieri, vigilare sulla condotta dei capi militari. L'organismo più rappresentativo è infine l’assemblea del popolo, che deve essere consultata in caso di disaccordo tra sufeti e senato, e alla quale spetta l’elezione dei generali e dei sufeti. Non è in realtà del tutto chiaro chi potesse parteciparvi, ma certo ne erano esclusi gli schiavi, gli stranieri e tutti coloro che non possedevano un reddito minimo stabilito.
Nell’ultima fase della storia di Cartagine, i poteri dell’assemblea del popolo saranno fortemente incrementati per iniziativa di Annibale Barca, esponente di spicco della fazione popolare. In conclusione potremo notare come, anche se il popolo poteva avere qualche influenza sulla legislazione, gli elementi democratici fossero piuttosto deboli a Cartagine e l'amministrazione della città sotto il fermo controllo degli oligarchi.
LA SARDEGNA IN EPOCA PUNICA
Se nel corso della fase fenicia le colonie rimasero come città isolate in un contesto indigeno col quale si rapportavano quasi esclusivamente per ragioni commerciali, con la fase punica, ovvero quella in cui le colonie passano sotto il diretto controllo di Cartagine, la situazione diviene più complessa. Se prendiamo ad esempio in considerazione la Sardegna possiamo ricordare per la fase fenicia Cagliari, Sulky, Tharros, Othoca, Neapolis, Nora, Bithia. In epoca punica, invece, non solo avviene la fondazione di nuove colonie, addirittura come subcolonie, ovvero colonie di città già a loro volta colonie (ad esempio Monte Sirai, colonia di Sulky) ma, di più, avviene un vero e proprio controllo capillare del territorio che porta le genti cartaginesi a stanziarsi nell’intera isola, a controllo delle risorse economiche, fondamentalmente il grano, della stessa. Va, infatti, definitivamente abbandonata, l’idea dei Fenici e dei Punici come colonizzatori solo delle coste. I resti archeologici testimoniano una capillare presenza in tutto il territorio isolano, dal Campidano, al Sulcis, al Sarrabus, alla Marmilla, fino alle zone più interne della Sardegna centrale. Ovviamente la modalità della presenza punica nell’interno dell’isola non sarà sempre la stessa e non sarà identica a quella delle vere e proprie colonie. Nell’interno dell’isola sorgono, semmai, piccoli centri che sono finalizzati al controllo delle risorse economiche del territorio. Si tratta di villaggi che non hanno certo la caratteristica urbana tipica delle colonie ma che sono, comunque, abitati da genti di razza semitica, non di rado insieme a popolazioni indigene. Cartagine controlla tutto il territorio dell’isola: i punti centrali rimangono le vecchie colonie fenicie, ormai sotto il diretto controllo della città punica, dotate di una propria amministrazione e di propri magistrati sul modello di Cartagine: nel resto del territorio, piccoli insediamenti di genti puniche e presidi militari assicurano il controllo del territorio. A tale proposito, e come spia dei cambiamenti nell’amministrazione dell’isola, al passaggio tra fenici e punici, ricorderemo come la Sardegna sia attraversata da un vasto sistema di fortificazioni che dovevano garantire la difesa dalle scorrerie delle genti indigene delle regioni interne o da nemici comunque sempre possibili: fortificazioni hanno le colonie fenicio-puniche e fortificazioni si trovano sui maggiori nodi topografici (monti e fiumi).
Le colonie fenicie che vennero fondate nell’isola permisero l’importazione in Sardegna del modello di città che ancora l’isola non conosceva. Come abbiamo visto, infatti, in epoca nuragica la Sardegna non aveva una organizzazione urbana ma, piuttosto, cantonale. La città, così come noi oggi la conosciamo, con i suoi spazi rigidamente ripartiti tra aree sacre, aree commerciali e private, aree funerarie è una innovazione portata nell’isola dai fenici che si ritrova, in forme non sempre identiche, in tutte le colonie fenicie in Sardegna. I fenici portarono nell’isola anche l’alfabeto e la scrittura: la prima forma di scrittura conosciuta in Sardegna, è, infatti, la stele di Nora dell’VIII secolo a.C.
LA RELIGIONE E LE AREE SACRE
Elemento caratterizzante le colonie fenicie e puniche e la loro conformazione urbanistica sono le aree sacre. Nell’area sacra sorgono dunque i diversi complessi templari dedicati alle numerose e diverse divinità che costituivano il pantheon fenicio-punico. A tale proposito bisogna osservare come la religione fenicio-punica nasca come religione semitica e, in quanto tale, molto diversa dalla religione greca che già conosciamo. Gli dei delle città della Fenicia erano dei cittadini, non di rado diversi da città a città. Ogni colonia adottava,quindi, gli dei della propria metropoli. In progresso di tempo le divinità tradizionali del mondo fenicio punico (Melqart, Astarte, El, Tanit) si fusero, secondo il processo del sincretismo, con le divinità greche dando origine ad esempio, all’Ercole-Melqart. In questa fase si superò anche l’aniconismo ovverossia il divieto, tipico delle religioni semitiche, di rappresentare iconograficamente, con sembianze antropomorfe, la divinità. Questa evoluzione colpisce anche gli edifici sacri fenici: in una prima fase si caratterizzavano per una successione di diversi ambienti, che portavano all’area più interna, il cosiddetto penetrale, nella quale si svolgevano i sacrifici in onore della divinità. Le scalinate che permettevano l’accesso al livello superiore erano a gradoni del tipo che è e noto nell’area vicino-orientale fino dagli ziggurat mesopotamici. Manca la facciata tipica dei templi greci, mentre la struttura complessivamente si caratterizza per un tetto piatto ed un aspetto a edicola. In seguito, sotto l’influsso grecizzante, si avranno templi sul modello greco con colonnati e frontoni. Oltre ai templi cittadini (ad esempio il tempio monumentale di Tharros) ogni colonia ha un edificio sacro all’interno del tofet, da intendersi come tempietto del tofet. Non mancano, poi, dei santuari campestri, collegati alle divinità agricole.
Altro spazio caratterizzante la città punica è l’area aperta, ossia la piazza, paragonabile all’agorà del mondo greco. La piazza, di solito, era in stretto collegamento con il porto e si configurava, quindi, come centro pulsante dell’economia e della politica di un centro fenicio-punico. All’interno della città era possibile muoversi attraverso un asse viario che non sembra disporsi con la stessa regolarità che conosciamo nel mondo greco-romano. Alcuni studiosi hanno osservato che, semmai, esso sembra dare più l’idea di una kasbah orientale.
LE NECROPOLI
Fondamentale, nell’organizzazione spaziale della città fenicio-punica sono le necropoli. Per una civiltà che non ha lasciato di sé- come fonti scritte- che scarne iscrizioni, ma nessun testo organico, la storia, la vita quotidiana, gli usi e costumi, la stessa pratica religiosa si ricostruiscono, essenzialmente, attraverso l’esame delle sue sepolture che restituiscono grande abbondanza di oggetti che, nelle mani degli studiosi, diventano dati, luci sull’oscurità di una civiltà che ha ancora tanti aspetti non chiariti. La città dei morti, di solito, si colloca in netta separazione rispetto a quella dei vivi, su una collina diversa da quella su cui sorge l’abitato, al di fuori delle mura, addirittura oltre il fiume, in qualche caso. Si tratta, evidentemente, di una separazione fisica motivata, innanzitutto, da esigenze igieniche ma anche, evidentemente, cultuali. Le tombe sono di tipo diverso, in genere scavate nella roccia, possono avere la tipologia a pozzo con camera sepolcrale di diverse dimensioni oppure a fossa scavata nella roccia o anche, semplicemente, in terra. Il defunto veniva deposto nella sepoltura con un corredo che rappresentava un tributo verso il defunto ma anche un accompagnamento nel suo viaggio verso l’aldilà. A seconda dello stato sociale del defunto potevano essere uniti al semplice vasellame che lo accompagnava anche dei corredi più ricchi, oggetti personali d’ornamento in metalli preziosi o vasi di importazione greca o etrusca. Il possesso di oggetti di prestigio permette di ricavare notizie sullo status sociale del defunto. Le tombe potevano, poi, essere riutilizzate nel corso dei secoli da membri della stessa famiglia o anche, semplicemente, come sepolture ex novo, accantonando i corredi dei defunti più datati. Nel rito funebre bisogna distinguere, secondo i secoli, una evoluzione. La fase più antica della presenza fenicia in Sardegna conosce il rito dell’incinerazione o cremazione con i defunti deposti in una piccola urna in terracotta che raccoglie le ceneri e con il corredo d’accompagno. In seguito si pratica l’inumazione, in semplici sudari o in vere e proprie bare lignee, molto rara quella in sarcofagi. In seguito, nelle ultime fasi della colonizzazione punica, in epoca ellenistica, ritorna in auge il rito della cremazione.
IL TOFET
Altro elemento caratterizzante la città punica è il tofet. Si tratta di un’area a cielo aperto in cui vengono sistemate delle urne in terracotta all’interno delle quali si rinvengono le ceneri di bambini, in qualche caso accompagnate da quelle di animali (in particolar modo agnelli). Le urne sono accompagnate da stele, piccoli monumenti in pietra con diverse e complesse raffigurazioni non di rado con delle brevi iscrizioni incise. Il testo di queste iscrizioni è, di solito, estremamente semplice. Indica il nome del dedicante, con il suo patronimico e la formula di ringraziamento alla divinità “per aver ascoltato la sua voce, per averlo esaudito”. Le fonti latine descrivono quest’area come il luogo nel quale i punici avrebbero sacrificato i loro figli primogeniti, attraverso un crudele rito di passaggio per il fuoco. In pratica ogni famiglia punica avrebbe sacrificato il proprio figlio primogenito agli dei e queste urne ne raccoglierebbero le ceneri. Questa teoria è stata per lungo tempo accettata in maniera acritica. Recentemente, però, gli studiosi hanno iniziato a valutare diversamente il rito del tofet, fino a ritenerlo una sorta di necropoli infantile nella quale, semplicemente, sarebbero stati seppelliti i bambini defunti in età molto giovane, quando, cioè, non potevano ancora essere considerati cittadini di pieno diritto. Seconda questa teoria, comunque, si tratterebbe di bimbi morti di morte naturale, non uccisi. Anche questa ipotesi, però, non appare priva di incongruenze: in particolar modo i sostenitori devono fronteggiare la constatazione che nelle necropoli di adulti del mondo fenicio-punico esistono, in effetti, anche tombe infantili (che non ci si aspetterebbe di trovare se il tofet fosse la sola e unica necropoli infantile). Le caratteristiche dell’area sacra che chiamiamo tofet, inoltre, non sono quelle tipiche di una necropoli né per il rito (costantemente ad incinerazione quando nel mondo fenicio-punico, lo abbiamo detto, incinerazione ed inumazione si susseguono) né per la presenza delle dediche alla divinità che abbiamo visto in precedenza, né per la loro posizione rispetto alle necropoli tradizionali. Si aggiunga che il tofet sembra essere direttamente legato allo status di “colonia” di Cartagine: non si sviluppa, infatti, in tutti i centri punici, ma solo in quelli che hanno una caratterizzazione di città, intendendo, con queste parole, una organizzazione, anche politica, simile a quella della metropoli. Il tofet, inoltre, è caratteristico solo del mondo fenicio d’occidente mentre non se ne rinvengono tracce in oriente. La questione è, dunque, lungi dall’essere definitivamente chiarita: un’ipotesi di compromesso potrebbe far supporre una qualche valenza rituale nella morte dei bambini che vengono, dunque, ricordati e celebrati non come dei semplici defunti: che i piccoli defunti (generalmente di età inferiore ad un anno), siano stati sacrificati ovvero morti di morte naturale, questo è ancora da chiarire. Ma né la teoria del crudele, diffuso e generalizzato sacrificio umano, né quella della semplice necropoli appaiono convincenti ed in grado di spiegare compiutamente cosa sia stato, realmente, il tofet.
Fonte: www.liceicarbonia.it/public/pagine/allegati/I%20Fenici.doc
Autore: Prof. Mauro Medde.
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Fenici in Italia storia e riassunto
I FENICI
Dopo il crollo della talassocrazia cretese, appare un’altra civiltà: i FENICI. I fenici si sviluppano in un territorio chiamato TERRA DI CANAAN (nella cartina: Fenicia, oggi Libano). Le città più importanti sono: Sidone, Tiro, Biblo. |
la terra e il mare) vi è una catena montuosa. La catena montuosa impedisce l’agricoltura, ma i monti danno ai Fenici un legno pregiato (che ha molto valore): il cedro. Il cedro è un legno usato per le imbarcazioni, infatti i fenici costruiscono navi molto veloci. I fenici non si dedicano tanto all’agricoltura, ma alla navigazione. I fenici sono costretti a migliorare la navigazione e le loro imbarcazioni
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Le navi dei fenici sono più veloci perchè: |
le onde e fa navigare più veloce.
2) Al centro della nave vi è una vela rettangolare. La vela rettangolare fa navigare molto velocemente, quando c’è vento. Quando invece non c’è vento, i fenici abbassano le vele e tirano fuori i remi.
Anticamente si navigava solo di giorno, rimanendo vicino alla costa. Si navigava solo di giorno per capire dove si trovava la nave. I Fenici navigano anche di notte,
perché capiscono che la stella polare indica il Nord.
Cosa commerciano i Fenici?
- La PORPORA. La porpora è il colore rosso che i Fenici prendono da un mollusco (animale dal corpo molle), il MURICE, che si trova nel Mar Mediterraneo. I Greci chiamano i Fenici in questo modo dal nome della porpora. La porpora , in greco, si dice PHOINIX → Fenici. La porpora è un colore molto prezioso.
- Il VETRO. Il vetro dei Fenici è trasparente. I Fenici lavorano il vetro e fanno degli oggetti molto belli.
- Gli SCHIAVI.
L’alfabeto fenicio
I Fenici hanno di bisogno di un alfabeto semplice. Le scritture che esistevano erano molto difficili, infatti vi erano gli scribi.
I Fenici, durante i loro commerci, devono usare una scrittura semplice, veloce e che tutti possono usare.
La scrittura dei Fenici è formata da un alfabeto fonetico. Nell’alfabeto fenicio ci sono ventidue segni. Ogni segno ha un suo suono. La scrittura dei Fenici può essere usata da tutti, infatti scompaiono gli scribi. La scrittura serve ai Fenici a fare i conti. |
Le colonie fenicie
I Fenici commerciano (fanno il commercio) con gli altri popoli del Mediterraneo. I Fenici commerciano con i popoli del Mediterraneo occidentale. Per
commerciare i Fenici fondano (fanno, costruiscono) delle COLONIE ( persone di una stessa nazione o città che abitano lontano dalla loro terra). Le colonie fenicie si trovano lungo le coste del Mediterraneo, soprattutto nell’Africa del Nord. La colonia più importante è CARTAGINE. Da Cartagine i fenici prendono il loro nuovo nome CARTAGINESI
fonte: lnx.liceisgv.it/docenti/parisi/files/2010/12/I-FENICI.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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Il commercio dei Fenici.
- Essi commerciavano di tutto dalla Porpora, una loro invenzione, ai metalli fino ad arrivare anche al commercio degli schiavi, infatti, fu la prima civiltà a commerciare schiavi in tutto il Mediterraneo. Inoltre essi furono i primi a commerciare i METALLI (oro, argento, rame, stagno, ferro,per le armi, bronzo). La loro rete di scambi, che all'inizio non andava più in là dell'Egitto e delle Mesopotamia, si allargò progressivamente, di pari passo con i progetti tecnici nella costruzione delle imbarcazioni e nella navigazione. Le loro navi arrivavano a superare anche lo stretto di Gibilterra, da un lato, le coste africane bagnate dall'Atlantico dall'altra, probabilmente raggiungendo anche le coste Britanniche. Questo favoriva un grande sviluppo della società sotto tutti i punti di vista, perchè si arricchivano. non era una società chiusa perchè commerciavano e quindi erano sempre in contatto con nuove popolazioni. acquisirono nuove nozioni che non solo servirono per le comunicazioni ma servirono anche per uso bellico (come l'invenzione della prima nave da combattimento).
le campagne producevano beni di sussistenza, la città invece era la sede di attività commerciali, politiche, artigianali…
Una preziosa risorsa del commercio fenicio era il legname: i cedri del libano erano preziosi, e molto ambiti dagli Egiziani, che si rifornivano stagionalmente nei porti fenici. Era un commercio molto redditizio perché in cambio ricevevano molti beni destinati al mercato nazionale e internazionale. E’ nella fase di transizione tra Bronzo Recente e inizio del Ferro che il commercio marittimo si sviluppa in tutto il mediterraneo, poiché sono alla ricerca di nuovi mercati e nuove fonti di metallo, ferro in particolare.
La tipica nave mercantile fenicia è chiamata gaulos, è spinta da una sola vela rettangolare e può portare massimo una ventina di persone.
Caratteri delle città fenicie della madrepatria: urbanistica, organizzazione politica, economia, commercio;
tutte le città fenicie sono governate da sovrani, che formano dinastie più o meno stabili. Le città-stato fenicie hanno in struttura bicefala, basata su un nucleo urbano e un territorio agricolo circostante. le assemblee rappresentative sono secondarie. Il re gode di grandissimo pregio e potere. Ogni città-stato aveva un re, che tende a trasmettere il suo potere per via ereditaria. ogni città gode di piena autonomia, tutelata da una propria dinastia. Il momento della trasmissione, anche se preparato con strategie, risulta sempre molto delicato e spesso assecondato da un forte discorso ideologico di legittimazione politica e religiosa. L'ascesa al trono viene presentata come una scelta degli dei. I poteri del re sono molto estesi in ambito diplomatico, legislativo, giudiziario, eco, militare e rituale. È probabile che lo sviluppo progressivo da una aristocrazia mercantile abbia poco a poco limitato la sfera di influenza del palazzo. La società fenicia si articola in categorie basate su una logica binaria: cittadino/straniero, libero/schiavo; a questa divisione si aggiungono altri criteri di differenziazione sociale, come la partecipazione o meno alla vita di corte, l'implicazione o meno nei commerci e nelle tecnologie.
il culto delle divinità cittadine è probabilmente l’elemento centrale della religione fenicia.
L’artigianato fenicio e caratteri tipologici e funzione di una categoria di manufatti a scelta;
Il vero scopritore dell'arte fenicia fu l'archeologo francese Ernest Renan.
I Fenici svilupparono straordinarie attività artigianali, in alcune delle quali furono considerati maestri insuperabili. I loro tessuti di lana, tinti con la porpora (un colorante derivato da un mollusco) nelle più diverse sfumature del rosso, erano noti in tutto il Vicino Oriente e nel Mediterraneo. Notissime erano le placche d'avorio scolpite, traforate, ricoperte d'oro, di smalti e di pietre colorate con uno stile che viene chiamato internazionale, perché associavano influenze disparate dell'Età del Bronzo, egizie, mesopotamiche, siriache, hittite, assire.
Tra gli apprezzati prodotti dell'artigianato fenicio, i più famosi erano forse le stoffe tinte in color rosso porpora. I Fenici avevano raggiunto una notevole perizia nell'arte della tintura, e i tessuti così tinti erano apprezzati a tal punto da divenire indice di ricchezza e raffinatezza. L'industria della porpora ebbe una tale importanza economica e storica, che con il colore del prodotto (phoinix=rosso) si connotò il nome stesso dei Fenici. Era una attività rivolta alla tintura indelebile, e perciò pregiata, di stoffe di lana o lino, che utilizzava un pigmento ottenuto da molluschi del genere murex, reperibili nei bassi fondali delle coste del Mediterraneo. La città di Tiro primeggiava in questa attività
in particolare risalto l’abilità artigianale di questo popolo nella rielaborazione delle materie prime raccolte nei mercati oltremarini, la cui costante ricerca era necessaria per alimentare le botteghe della madrepatria. Si ricorderanno a questo proposito la lavorazione dell’avorio x ottenere pissidi, amuleti o intarsi da inserire in suppellettili quali seggi, letti o stipioppure l’intaglio delle pietre preziose o dure, quali il lapislazzuli o la corniola, dalle quali venivano ricavati pendenti e sigilli, questi ultimi particolarmente importanti per l’apposizione di impronte su documenti ufficiali o di viaggio.
La produzione in serie delle arti minori, chiamate artigianato, sono importanti sia nella vita quotidiana delle persone (vasi, vasellame, recipienti, amuleti..) che nel commercio.
La terracotta è uno dei materiali preferiti dagli artigiani fenici; producono molte varietà di oggetti, contenitori grandi e piccoli, aperti o chiusi, a seconda del loro utilizzo, con decorazione sobria e ingubbiatura rossa.
rispetto alla ceramica vascolare greca che è finemente decorata, quella fenicia è meno appariscente e meno differenziata nelle forme. Si parla perciò di produzione funzionale.
i vasi fenici quindi non hanno mai decorazione figurata. la loro decorazione si limita a bande dipinte e una vetrina rossa caratteristica. il vasellame serve x mangiare, bere, mescere liquidi (brocche). Il vasellame di uso quotidiano è anche utilizzato nei riti funerari. nelle tombe possiamo trovare urne per la raccolta delle ceneri e vasi per vino e olio sono stati trovati nelle tombe degli adulti.
l’anfora consente di trasportare liquidi come vino e olio, oppure preparati come conserve di pesce o carne.
- Espansione dei fenici da oriente a occidente / L’espansione fenicia nel Mediterraneo: motivi, modalità, limiti geografici e cronologici del fenomeno;
La fine del controllo egiziano, la contemporanea caduta della potenza micenea e la crisi del commercio terrestre furono alcuni tra i fattori che facilitarono l’espansione fenicia.
Le imbarcazioni delle città costiere percorrevano il Mediterraneo, giungendo fino all’oceano Atlantico e al mar Rosso, trasportando legname pregiato dei boschi del Libano, tessuti ricamati e tinti, avori scolpiti, vetro soffiato e altri manufatti preziosi. Le diverse città-stato, tra le quali furono dominanti Biblo, Tiro e sidone, fondarono numerose colonie mercantili, soprattutto nell’Africa settentrionale (Utica, Ippona e Cartagine), nelle isole di Rodi e di Cipro, nel sud della Spagna (Cadice, Malaga e tartesso), nelle isole Baleari, a Malta, in Sicilia (Palermo, Solunto, Mozia) e in Sardegna (Tharros, Nora, Sulcis e Cagliari).
La colonizzazione delle regioni che si affacciano sul Mediterraneo sembra risalga alla fine del XII sec. a.C. con le fondazioni di Lixus sulla costa atlantica del Marocco, Cadice sulla costa sud-est della Spagna nel 1110 ed Utica in Tunisia nel 1101 a.C.
Le testimonianze archeologiche ci fanno pensare all’espansione fenicia verso occidente, almeno nelle fasi iniziali, non come un fenomeno di imperialismo egemonico ma come la creazione per fini commerciali di punti di sosta e di controllo lungo le principali rotte di navigazione.
A questa prima fase priva di intenti di conquista e creazione di insediamenti stabili, detta della “precolonizzazione” (XI-IX sec. a.C. circa) ne seguì dall’ VIII sec. a.C. un vero e proprio movimento coloniale che interessò l’Italia, l’Africa settentrionale e la Spagna meridionale nonché Creta, Malta, Pantelleria, la Corsica e le Baleari.
I motivi che spinsero i Fenici a creare delle colonie stabili sono determinati dal convergere di più fattori: da un lato la crisi delle città fenicie che a causa dell’espansionismo dell’impero Assiro perdono la propria indipendenza politica e la possibilità di gestire il tessuto dei commerci nel Mediterraneo, dall’altro la contestuale colonizzazione greca induce i Fenici a consolidare la propria presenza nel Mediterraneo centro–occidentale per garantirsi il monopolio nel commercio dei metalli ed infine anche il bisogno di difendere i loro piccoli empori dagli attacchi delle popolazioni indigene.
L’oggettoprincipale della loro espansione sono i metalli, quindi la ricerca di luoghi di scambio, di mercati.
Le attività svolte dai fenici contribuiscono all’arricchimento delle popolazioni locali e a una profonda acculturazione.
I fenici sceglievano i loro insediamenti su promontori, penisole, facilmente delimitati e protetti e dotati di insenature e un facile accesso verso l’interno.
- Un sito fenicio-punico in Sicilia e uno in Sardegna: le evidenze archeologiche dell’insediamento;
In sicilia possiamo ricordare Mozia, l’isola di Pantaleo, che si trova sulla punta occidentale della sicilia. E’ un esempio di isolotto occupato dai Fenici. Era protetto dall’Isola grande dal mare aperto, ma nel VI sec venne creata anche una fortificazione. L’abitato arcaico non è molto conosicuto ma possiamo distinguere 2 complessi: nel settore meridionale dell'isola è presente una zona allungata relativamente elevata che costituiva forse l'acropoli della città, affiancata sulla costa da due aree più basse: in quella occidentale è stato messo in luce il cothon (porto interno) della città che è stato probabilmente costruito in uno scalo arcaico; l’altro è a nord dove troviamo il tofet, e la necropoli arcaica. tombe sono prevalentemente ad incinerazione e sono costituite da piccole fosse scavate nella roccia o nella terra che contengono il cinerario (recipiente dove venivano posti resti combusti del defunto) e ai lati gli oggetti del corredo funerario. Il tofet di Mozia (60 m circa di lunghezza) si trova sulla costa settentrionale, nello spazio tra il mare e le mura All'interno delle mura, a poca distanza dalla Porta Nord che segnava l’ingresso nella città, sorge l'area sacra del santuario di Cappiddazzu
Mozia fu probabilmente interessata dalle esplorazioni dei mercanti-navigatori fenici, che si spinsero nel Mar Mediterraneo occidentale, a partire dalla fine del XII secolo a.C.: dovette rappresentare un punto d'approdo ed una base commerciale morfologicamente molto simile alla città fenicia di Tiro
In Sardegna ricordiamo Sulcis, che si trova sull’isola di Sant’antioco, situata a sud-ovest della Sardegna. L’abitato è riparato da una muraglia, occupava il versante orientale della collina e digradava verso il mare con le strade ortogonali.
a nord troviamo oltre questa muraglia, il tofet che ci ha fornito la più antica testimonianza dell’insediamento, ovvero un’urna del VIII sec. Il tofet cittadino venne impiantato dai Fenici, come di consueto, in un'area ritenuta poco adatta all'urbanizzazione, chiamata Sa Guardia 'e Is Pingiadas, nella zona settentrionale del moderno centro abitato. Si tratta di un affioramento roccioso di ignimbrite vulcanica; le urne cinerarie con i betili e in seguito le stele che le accompagnavano venivano sistemate tra gli anfratti rocciosi.
Tra le necropoli di età punica presenti in Sardegna, attualmente quella di Sulcis è senza dubbio la più importante sia per quanto riguarda la vastità dell'impianto funerario che per i reperti archeologici scoperti nelle tombe durante gli scavi
Oltre alle strutture murarie, in pietra e in mattoni di argilla cruda, sono stati rinvenuti numerosissimi oggetti, soprattutto in terracotta, che hanno permesso di conoscere l'ampiezza dei commerci dell'antica Sulcis. I suoi traffici toccavano tutto il Mediterraneo, dal Libano alla Penisola Iberica, dall'Africa settentrionale all'Etruria.
Nora è un'antica città situata sul promontorio di Capo Pula, sulla costa meridionale della Sardegna ad ovest di Cagliari, attualmente nel comune di Pula. Tracce della ripopolazione sardo-fenicia si riferiscono all'VIII secolo a.C. (Stele di Nora, con iscrizione in un alfabeto simile al fenicio, con la più antica attestazione del nome della Sardegna), mentre i resti più antichi rinvenuti si riferiscono ad una necropoli con tombe databili tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. Restano pochi resti della città originaria (tophet, fondazioni di una struttura sacra dedicata alla dea Tanit, resti di fortificazioni, impianti artigianali nella zona più prossima al mare). I materiali rinvenuti nelle tombe attestano tuttavia il fiorire della città nel V e soprattutto nel IV secolo a.C. e i precoci contatti con Roma. Le stele di Nora presentano una preferenza per le raffigurazioni simboliche: il betilo, pietra sacra sede della divinità, ed il segno di Tanit, dea del pantheon cartaginese, raffigurata come un triangolo sormontato da un cerchio, spesso arricchito da simboli astrali (disco solare e falce di luna). Meno frequenti sono le raffigurazioni di figure umane.
- L’archeologia del Tofet; la parola TOFET identifica delle aree sacre, dei campi di urne, a volte accompagnate da stele commemorative, che contengono le ceneri di esseri umani, e la percentuale di bambini al di sotto dei 5 anni è alta. Questi ritrovamenti, però, non possono valere come prove, perché non ci è possibile sapere se la morte è avvenuta in maniera intenzionale, quindi durante un sacrificio, oppure naturalmente. Ancora oggi non si può dare una risposta certa a questo interrogativo, però va anche detto che sulle stele sono state trovate incisioni che hanno una portata votiva e non funeraria. Questo fa intendere che il contenuto delle urne era chiaramente offerto.
Grazie alle ricerche archeologiche ricordiamo il tofet di Mozia, Cartagine, Nora, Tharros, e anche Cagliari. Non sono stati trovati invece sulla costa andalusa e sulla costa africana a ovest di Cartagine. I caratteri comuni dei tofet sono che si trovano ai margini della città; è quasi sempre un sito vergine ad accogliere il tofet; il tofet è unico per ciascuna città (urne e stele vengono ammucchiate nello stesso luogo); si presenta come area a cielo aperto e delimitata da un recinto rudimentale; le deposizioni nel tofet: urna tozza con fondo piatto, con tappo di argilla cruda, e sopra l’urna viene posto un piatto e nelle vicinanze si trova sempre una lampada.
- La cultura fenicio-punica a Tharros:
Gli archeologi hanno stabilito che i fenici si siano stabiliti in Sardegna intorno all'VIII secolo a C. Qui vi fondarono diverse colonie, tutte sul mare per favorire i loro esercizi commerciali. Queste colonie assunsero in breve tempo lo status di floride cittadine, e queste sono tharros sulla costa occidentale, Bithia, Sulcis (Sant'Antioco), Nora e Karalis (Cagliari) sulle coste sud occidentali. Le colonie rientravano nella rete commerciale che serviva tutto il Mediterraneo occidentale
Tharros è un sito archeologico situato nella provincia di Oristano, nel comune di Cabras in Sardegna. Le ricerche archeologiche fatte nell'area di Tharros hanno stabilito che nell'VIII secolo a.C. la città fu fondata dai Fenici.
essi fondarono un tophet, un'area sacra all'aperto, tipica di diverse installazioni fenice del Mediterraneo occidentale, considerate come un segno di urbanizzazione.
Gli scavi hanno messo alla luce che dall' VIII secolo a.C. fino all'abbandono - (avvenuto nel X secolo d.C.) - il sito fu sempre abitato: prima dai Fenici, poi dai Punici ed infine dai Romani.
Tharros è una città bimare: i Fenici tendevano a edificare le loro città in penisolette affusolate, perché le navi fossero al riparo qualsiasi direzione avessero i venti.
Nella parte settentrionale si trova un edificio quadrangolare, che fungeva da serbatoio dell’acquedotto, e che alimentava una fontana pubblica. Risalendo verso la strada principale si arriva ad un’arena delimitata da un terrapieno: è l’anfiteatro, che occupa, in parte, l’area del tophet, un antico santuario, a sua volta costruito sui resti di un villaggio nuragico. Poco oltre si distinguono le torri quadrate e i resti delle fortificazioni della città. Le mura in arenaria sono state cancellate da quelle romane.
- Cartagine storia, rilevanze, sviluppi / La fondazione di Cartagine: tra mito ed evidenza archeologica;
Cartagine venne fondata da coloni fenici provenienti dalla città di Tiro che portarono con loro il dio della città Melqart. Secondo la tradizione a capo dei coloni era Didone (Elissa). Numerosi sono i miti relativi alla fondazione che sono sopravvissuti attraverso le letterature greca e latina; uno di questi narra che il fratello di Elissa, Pigmalione di Tiro, capo dell'omonima città, fece uccidere il marito della sorella, per carpirne le ricchezze. Elissa, quindi, lasciò la città e dopo lunghe peregrinazioni, approdò sulle coste libiche dove fondò Cartagine.
I primi anni di Cartagine, posta nel Mar Mediterraneo, sono definiti da una lunga serie di rivalità fra le famiglie proprietarie terriere e le famiglie dei commercianti e marinai. a causa dell'importanza dei commerci per la città, la fazione "marittima" controllava il governo e, durante il VI secolo a.C., Cartagine cominciò ad acquisire il dominio dell'area del Mediterraneo Occidentale. Mercanti ed esploratori costruirono una vasta rete di commerci che portarono una grande prosperità e potere alla città-stato. Si tramanda che già all'inizio del VI secolo a.C. Annone il navigatore si sia spinto lungo la costa dell'Africa fino alla Sierra Leone; contemporaneamente sotto la guida di Malco, la città iniziò la conquista sistematica delle regioni costiere dell'Africa e del suo interno.
All'inizio del V secolo a.C., Cartagine era il più importante centro commerciale della regione, una posizione che avrebbe mantenuto fino alla sua caduta per mano romana. La città-stato aveva conquistato i territori delle antiche colonie fenicie (Adrumeto, Utica, Kerkouane...) e le tribù libiche, allargando la sua dominazione su tutta la costa dell'Africa dall'odierno Marocco ai confini dell'Egitto. La sua influenza si allargava inoltre nel Mediterraneo con il controllo della Sardegna, Malta, le isole Baleari e la parte occidentale della Sicilia. Erano state stabilite colonie anche in Spagna.
Il governo di Cartagine era un'oligarchia, di cui conosciamo però pochi dettagli. I Capi dello Stato erano chiamati "suffeti"
Più tardi cominciarono ad essere annualmente eletti fra le famiglie più potenti e influenti. Queste famiglie aristocratiche erano rappresentate in un consiglio supremo, che aveva un ampio spettro di poteri.
Fonte:www.scienzeturismo.it/wp-content/uploads/2009/07/domande-fenici.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
ABITATO:Tutti i territori presi in esame dispongono di una capitale marittima, che rappresenta il cuore della attività eco e detiene un quasi monopolio dei flussi commerciali sui mari. È la città più ricca, il centro politico ed amministrativo, culturale e religioso. La sopravvivenza della capitale è assicurata da una rete di insediamenti secondari, a vocazione agricola e solitamente fortificati. Alcuni di questi villaggi si specializza nello sfruttamento intensivo delle risorse boschive , giacché la pianura costiera è spesso molto stretta e. nonostante i terrazzamenti, non è sufficiente per far fronte ai bisogni della popolazione. L'importanza di questa attività rende vitale la comunicazione con l'entroterra, grazie ad una serie di passaggi naturali che permettevano anche la comunicazione con le città della Siria, Anatolia, Palestina e Mesopotamia.
IL COMMERCIO:
le attività mercantili sul mare sn ovviamente al primo sin dall'età del Bronzo. Si può affermar che la Fenicia ha una vocazione marittima. Ogni città stato dispone di un entroterra esteso, essenziale per la sopravvivenza idrica d alimentare. I nuclei urbani sorgono spesso si aree molto ristrette, a volte su isole, e sono densamente popolate. I campi ed i pozzo sono situati nella campagna circostante. La città era la sede della attività commerciali, artigianali, industriale e politico-diplomatiche, mentre le campagne producevano i beni di sussistenza. In Fenicia l'ipertrofizzazione delle attività marittime appare una necessità. Durante il bronzo recente lo sviluppo delle attività marittime, sotto la tutela delle autorità palatine, era incoraggiato dalle grandi potenze che ne traevano benefici eco sotto forma di tasse e contributi. È probabile che vi fossero accordi commerciali tra le principali potenze marittime, in particolare Micenei e Siro -Palestinesi, che frequentavano le stesse coste del Mediterraneo (Cipro, Sardegna).
Tutto lascia pensare ad una coabitazione pacifica fra Egei e Siro-Palestinesi. Il ritrovamento di relitti risalenti a quel periodo (1550-1200 ac) indica che il carico e probabilmente anche l'equipaggio fosse molto variegato. Un'altra risorsa del commercio fenicio è il LEGNAME: i cedri del Libano erano ambiti dagli Egiziani, i quali venivano a rifornirsi stagionalmente. Era un commercio molto redditizio, in quanto i Fenici ricevevano in cambio un'ampia gamma di prodotti destinati sia al mercato interno che a quello internazionale. Dopo il crollo del sistema palatino, si assiste ad una liberalizzazione dei commerci. L'iniziativa privata guadagna terreno ed il palazzo non è più così preponderante sulla scena eco. La grandi potenze svaniscono ed i popoli del mare colpiscono duramente gli stati siriani. La produzione del bronzo conosce una grande battuta d'arresto. È necessario trovare altre fonti di metallo, ferro in particolare ed attivare nuovi mercati. Questi fattori sono probabilmente all'origine dello straordinario sviluppo eco fenicio. Durante il IX – VIII secolo, i fenici si impadronirono sempre più saldamente dei mari, costituendo una notevolissima rete di scambi. Si deve sottolineare l'importanza dei commerci di terraferma che affiancano quelli marittimi. È possibile individuare diversi circuiti, vari livelli di scambio ed una certa evoluzione cronologica legata al sorgere sulla scena vicino orientale dell'Assiria che restringe la libertà di movimento dei fenici. Allorché gli Assiri, con ASSURNASIRPAL II e con TIGLATPILASSER III, e i suoi successori nell'VIII e VII sec, intrapresero una politica sistemica di campagne militari in Oriente, i porti fenici furono una preda privilegiata e fonte di notevoli tributi prima occasionali, poi annuali. Il dominio ebbe l'effetto di sottrarre ai fenici una parte non trascurabile dei loro profitti e di svenare progressivamente l'eco locale soprattutto nel VII sec con l'aumento dei bisogni dell'impero in uomini e mezzi di guerra. Nei secoli successivi con il dominio babilonese e persiano, la stessa logica impose le sue pressanti esigenze. La forte pressione tributaria e fiscale era compensata dal fatto che l'inserimento dei piccoli regni fenici all'interno dell'impero era anche uno stimolo: apriva nuovi mercati, creava nuovi collegamenti, procurava nuovi clienti. I prodotti al centro di queste attività sono sia locali che stranieri. I fenici approdavano in terra straniera e offrivano alla popolazione locale le loro merci, probabilmente dopo aver reso omaggio ai governanti locali. Viaggiavano tra marzo ed ottobre, praticavano la navigazione di cabotaggio, senza disdegnare quella in alto mare, si orientavano con il sole o le stelle, raggiungevano l'estremo occidente in circa due mesi di navigazione. La nave mercantile tipica era il GAULOS una imbarcazione da trasporto, di 20- 30 m di lunghezza e 6-7 di larghezza, spinta da una sola vela rettangolare e dotata di un equipaggio di al max una ventina di persone. Il mar costituiva sicuramente una dimensione privilegiata del commercio fenici, ma trovava i suoi prolungamenti naturali nei circuiti pedestri. I prodotti venivano trasportati da carovane nelle zone interne (Anatolia, Mesopotamia, Siria, Palestina). La galilea e Israele utilizzavano i porti fenici per esportare ed importare merci. La ricerca di materie prime appare come primordiale nelle loro attività e condiziona fortemente la configurazione geografica dei loro circuiti commerciali. I fenici svolgono soprattutto un ruolo di INTERMEDIARI nel commercio internazionale, mettendo in contatto regioni distanti e scollegate.AGRICOLTURA, ALLEVAMENTO, PESCA , RISORSE FORESTALI: la sopravvivenza della popolazione cittadina dipende da una rete di insediamenti secondari a vocazione agricola. Poiché la pianura costiera è molto stretta non basta a coprire i bisogni nonostante l'utilizzo del terrazzamento. L'importazione di derrate alimentari è una necessità. L'espansione dei regni di Sidone e Tiro in direzione delle pianure ricche e fertili dell'interno (Akkar o Beqaa) risponde alla preoccupazione di raggiungere l'autonomia alimentare. Le attività agricole riguardano la produzione di vino e di olio sui versanti libanesi. Il vino fenicio era molto apprezzato ed era esportato in Egitto. Sembra che siano stati i fenici ad introdurre la viticoltura in Nord Africa. La produzione olearia era altrettanto abbondante e alimentava i commerci mediterranei. Va segnalata la produzione di frutta e datteri che venivano esportati. Le RISORSE BOSCHIVE sono una delle grandi ricchezze delle città fenicie. Questi legni di ottima qualità, sfruttati sin dal II millennio, erano acquistati da Egiziani e dai regni mesopotamici per diverse esigenze. I fenici utilizzavano una serie di passaggi naturali per garantire una costante comunicazione verso le montagne e verso la Mesopotamia. I boschi fenici ospitavano una ricca fauna, ma secondo le fonti la CACCIA era praticata solo i dai sovrani locali e stranieri. La PESCA era invece molto diffusa. I pesci venivano consumati freschi o smerciati in diversi mercati in oriente e nel mediterraneo.ARTIGIANATO: questa arte ufficiale fatta di sculture monumentali, di mobili raffinati, e di suppellettili preziose rappresenta solo un segmento della produzione artistica. La PRODUZIONE IN SERIE delle cd arti minori gioca un ruolo di primo piano sia nella vita quotidiana delle persone che nel commercio a breve e lunga distanza. La TERRACOTTA è una dei materiali di predilezione degli artigiani fenici che producono una grande varietà di oggetti con una decorazione molto sobria e una ingubbiatura solitamente rossa. Rispetto alla CERAMICA vascolare greca quella fenicia risulta molto meno appariscente, con poche differenziazioni nella forma. Si tratta di una produzione strettamente funzionale.
È interessante notare come confluiscano nell'artigianato del I millennio temi e tradizioni del vicino Oriente e dell'Egitto dei millenni precedenti. La vasta diffusione di questi oggetti ha permesso la trasmissione di questo repertorio alle colonie occidentali. Sulla costa fenicia esistevano, nell'età del Ferro, numerose OFFICINE DI PRODUZIONE VITREA, che denotavano una notevole perizia artistica e tecnologica. Il colore naturale del vetro è l'azzurro quindi per ottenere decorazioni colorate si devono aggiungere diverse componenti come ossidi e metalli. Si tratta di un processo di produzione molto delicato, che richiede un alto livello di specializzazione, lunghi tempi per la preparazione degli ingredienti e la loro lavorazione. I vetri policromi fenici erano molto pregiati e furono esportati sino all'estremo occidente.INDUSTRIA: la costruzione navale costituisce uno dei settori forti dell'eco fenicia. Le NAVI venivano assemblate nei porti, che comprendono una serie di secche. Come hanno evidenziato i porti di Kition e di Cartagine. Per le parti nobili si ricorre a legni resistenti e reperibili in Fenicia, ovvero il cipresso, il cedro e la quercia, mentre per le finiture viene utilizzato il pino. L'assemblaggio delle diverse parti prefabbricate è realizzato dai carpentieri specializzati e facilitato dalla presenza di lettere e linee-guida, una tecnica innovativa, che potrebbe spiegare come i Cartaginesi abbiano potuto costruire un'ampia flotta da schierare contro i Romani in tempi brevissimi. Il fasciame viene trattato con lastre di piombo spalmate internamente di pece e fissate allo scafo con chiodi di rame. L'industria della PORPORA è altrettanto famosa. Il MUREX, una conchiglia presente in molti fondali del Mediterraneo, conteneva un mollusco capace si secernere una sostanza colorata, con cui su tingevano i tessuti ed il cuoio. Siccome il procedimento prevedeva una lunga decantazione del murex in appositi bacini esposti al sole, le istallazioni per la produzione della porpora erano situate ai margini della città. Si trattava di una attività molto redditizio: le stoffe di lana e lino erano molto pregiate e si esportavano dovunque. I fenici portarono la loro perizia in questo settore in tutto il Mediterraneo. L'industria METALLURGICA va ricordata. Nonostante non possedessero sorgenti metallifere, i Fenici erano conosciuti come specialisti dei metalli. Lasciavano il lavoro di estrazione alle popolazioni locali, riservandosi la lavorazione e l'esportazione dei metalli. I ritrovamenti testimoniano il loro grado di perizia e di perfezione raggiunto ed insegnarono le tecniche della lavorazione dei metalli ai Greci, dando inizio all'arte cd ORIENTALIZZANTE, caratteristica del VIII – VII sec ac.ESPANSIONE FENICIA NEL MEDITERRANEO: questo fenomeno può essere distinto in due realtà diverse: il fenomeno della dilatazione degli scambi gestiti dalle città fenicie e un processo di creazione di insediamenti permanenti. Secondo la tradizione classica i Fenici svolgono il ruolo di “eroi culturali”: diffondono l'alfabeto ed alcuni culti, come quello di Afrodite. È probabile che il ricordo che i Greci hanno dell'espansione fenicia si riferisca alle fasi più antiche dei commerci levantini sia ai periodi più recenti della vera e propria colonizzazione. Si evince dagli scavi che l'espansione fenicia del i millennio affonda le proprie radici nei commerci orientali ed egei del Bronzo finale., che avevano come obiettivo la ricerca di metalli preziosi. L'isola di CIPRO e la SARDEGNA erano, alla fine del II millennio, due mete privilegiate dei circuiti fenici ed egei di navigazione. Con il X – IX secolo, dopo la fase di assestamento politico, la circolazione dei beni nel Mediterraneo riprende su ampia scala. Poiché a Creta, a Samo e in Eubea, gli oggetti orientali tornano ad essere numerosi, si può ipotizzar la presenza in questi luoghi di piccoli insediamenti commerciali dove vivevano alcuni artigiani e mercanti fenici, che portavano con sé i propri usi religiosi e una notevole perizia tecnica. I Greci favorirono questi insediamenti sulla costa orientale. Nasce il fenomeno dell'arte orientalizzante sintomo di una profonda acculturazione dell'ellenismo arcaico. Nei secolo VIII – VII il processo sin qui descritto si riprodusse anche nelle colonie greche occidentali dove Fenici, Ciprioti, Greci ed indigeni convivevano e si influenzavano a vicenda. Appare chiaro che sono le aristocrazie locali a dimostrare la massima apertura e ricettività nei confronti dei modelli orientali di cultura materiale e di ideologi socio – politica. I fenici applicarono un modello insediativo abbastanza omogeneo. Oggetto principale della loro espansione sono i metalli, quindi la ricerca di luoghi di scambio. La Spagna meridionale è costellata di insediamenti fenici sotto forma di EMPORIA, dotati di solito di un piccolo hinterland agricolo. Le attività di scambio svolte dei fenici contribuiscono all'arricchimento delle popolazioni locali e ad una profondissima acculturazione (arte tartessica). Risulta evidente una strategia insediativa comune: i siti scelti si trovano su promontori, a volte su isolotti; devono essere facilmente delimitati e protetti e devono essere dotati di buone insenature e di un facile accesso verso l'interno. L'espansione diventa a volte colonizzazione, nel senso che le strutture si modificano. Si cerca di rendere stabili gli scambi commerciali, di inserirli in un quadro di rapporti permanenti e privilegiati, persino esclusivi (Cadice, Lixus, Cartagine). Si tratta di luoghi strategici che condizionano l'accesso allo stretto di Sicilia e a quello di Gibilterra, vere e proprie città che sono state fondate nel IX - VIII secolo.
TIRO fu la città più intraprendente in materia di espansione e colonizzazione, anche Sidone e Biblo non rimasero estranee al fenomeno che nasce sia dal dinamismo delle città fenicie ma anche dalla necessità di far fronte alla pressione tributaria esercitata dagli Assiri. Il passaggio da una fase di espansione a una di colonizzazione fenicia e cartaginese corrisponde ad un momento in cui si irrigidiscono i rapporti commerciali e diplomatici tra Greci e Fenici. Con il VII secolo, la situazione si fa più tesa; ognuno agisce seguendo una logica di appropriazione del territorio e delle rotte commerciali. ACCULTURAZIONE: appare con forza l'approccio fenicio da un punto di vista culturale. mettono le culture in contatto, con esiti originali ed interessanti. risalta il fatto che sono le elitè ad essere implicate in prima persona in questi processi acculturativi. la cultura fenicia appariva come superiore, più raffinata, dotata di scrittura. assimilarla significava godere di uno status superiore. ecco perche' le aristocrazie locali si affrettano ad adottare gli usi stranieri. al di la' dei segni tangibili degli scambi commerciali e' interessante sottolineare il ruolo di mediatori culturali svolto dai fenici nello spazio mediterraneo. bisogna ricordare il ruolo centrale assunto dai santuari. il santuario rappresentava il primo nucleo territoriale ed insediativo, un luogo dove i contatti iniziali con gli indigeni potevano svolgersi sotto la tutela divina, secondo un meccanismo attestato anche per la colonizzazione greca. i santuari di pyrgi, il porto di caere ospitavano sia le devozioni etrusche che quelle fenicie. l'astarte fenicio-punica era stata accolta nel santuario della sua corrispondente etrusca uni e doveva fungere da padrona degli scambi. la naviagazione dei fenici concretizzo' la vocazione multiculturale del mediterraneo. IL RE: tutte le città fenicie sono governate da sovrani, che formano dinastie più o meno stabili. Le città-stato greche e fenicie hanno in comune una struttura bicefala, basata su un nucleo urbano e un territorio agricolo circostante. Nelle città fenicie le assemblee rappresentative sono secondarie. Il re gode di grandissimo pregio e potere. La fenicia registra una sostanziale continuità politica ed istituzionale rispetto al periodo del Bronzo recente, in cui i regni fenici, allora sotto dominio egiziano, erano governati da dinastie locali. Ogni città-stato aveva un re, che tende a trasmettere il suo potere per via ereditaria. Sostanzialmente ogni città gode di piena autonomia, tutelata da una propria dinastia. Il momento della trasmissione, anche se preparato con strategie, risulta sempre molto delicato, per cui viene spesso assecondato da un forte discorso ideologico di legittimazione politica e religiosa. L'ascesa al trono viene presentata come una scelta degli dei. I poteri del re sono molto estesi in ambito diplomatico, legislativo, giudiziario, eco, militare e rituale. È probabile che lo sviluppo progressivo da una aristocrazia mercantile abbia poco a poco limitato la sfera di influenza del palazzo. Durante l'età del bronzo, il palazzo reale centralizzava tutta la produzione del territorio, procedeva alla ridistribuzione e controllava tutti i flussi commerciali. Nell'età del ferro tale centralizzazione non esiste più e l'espansione fenicia va assegnata anche ad imprenditori privati. Le iscrizioni reali insistono su due missioni dei re: IL RE è COLUI CHE FA VIVERE IL POPOLO, lo protegge dai nemici esterni e crea le condizioni per la sopravvivenza alimentare. AL SOVRANO VIENE ATTRIBUTO IL RUOLO DI VIGILARE SUL CULTO E SUL CORRETTO SVOLGIMENTO DELLA VITA RELIGIOSA. Il re occupa una posizione strategica di intermediario tra la sfera divina e quella umana. Nel pantheon fenicio esiste un dio Milk, il RE DIVINIZZATO, molto popolare nell'onomastica, come testimonia la frequenza di nomi come Yehawmilk, Ahimilk... La regina e la regina-madre possono esercitare un certo potere. La regalità costituisce un tratto strutturale e permanente delle società fenicie: soltanto durante il dominio babilonese, a Tiro, fra il 567-563 ac, fu brevemente sospesa e sostituita da SUFETI, magistrati civili.
Il QUADRO ISTITUZIONALE :prevede, accanto il re,diverse cariche di una certa rilevanza. Al suo fianco esistono varie ASSEMBLEE e MAGISTRATURE. Nell'iscrizione funeraria di Ahiram sono menzionati sia un GOVERNATORE che un COMANDANTE MILITARE. Si fa riferimento ad una ASSEMBLEA DEGLI ANZIANI, un SENATO, convocato dal re, e ad un RESPONSABILE DEL PORTO. Siamo poco informati sulle modalità di elezione e sui poteri delle assemblee delle città fenicie. La loro presenza è testimoniata da varie fonti, ASSEMBLEA DEGLI ARISTOCRATICI E UN ASSEMBLEA DEMOCRATICA che raggruppava i cittadini le cui prerogative ci sono sconosciute. Durante gli ultimi decenni del dominio persiano la vox populi sembra aver giocato u ruolo importante, imponendo scelte e decisioni. Oltre alle due assemblee esistevano diverse MAGISTRATURE, individuali o collettive assegnate secondo un meccanismo elettivo di cui non sappiamo nulla. I magistrati operavano in diversi settori della vita pubblica.TESSUTO SOCIALE: si basa su una gerarchia di compiti/diritti e sul concetto di stima collettiva. La società fenicia si articola in categorie basate su una logica binaria: cittadino/straniero, libero/schiavo; a questa divisione si aggiungono altri criteri di differenziazione sociale, come la partecipazione o meno alla vita di corte, l'implicazione o meno nei commerci e nelle tecnologie. I gruppi sociali propulsori sembrano essere stati l'ambiente PALATINO e le GRANDI FAMIGLIE. Nell'VIII secolo emerge una aristocrazia mercantile in Grecia. Dappertutto nel mediterraneo questi grandi mercanti fenici e greci approdano, stabiliscano con le elitè locali rapporti diretti e danno vita a fenomeni di acculturazione. Il ruolo preminente di queste di questi gruppi potrebbero spiegare il fatto che a Cartagine l'istituzione reale sia apparsa superflua e desueta rispetto ad una società in cui le redini del potere erano in altre mani. La qualità di CITTADINO era riservata ai maschi nati da cittadini. Il termine cittadina appare una sola volta a Bisanzio. Non conosciamo i diritti/doveri dei cittadini, sappiamo solo che partecipavano alla assemblea cittadina. Con la penetrazione degli influssi greci i modelli della pratica politica e sociale greca si imposero nelle città fenicie. Troviamo tracce di EVERGETISMO, cioè di atti di beneficenza a favore di una città e della sua popolazione, di PROSSENIA, reciproca ospitalità tra cittadini greci e fenici. Con l'inclusione delle città fenicie nell'impero MACEDONE si crea una koinè culturale, sociale ed istituzionale sulla base della polis greca. Ciò implica il riconoscimento dei fenici come CITTADINI GRECI, quindi la loro partecipazione ai giochi panellenici e la diffusione del modello greco di paideia. Accanto ai cittadini esisteva un folto gruppo di SCHIAVI dalle ,mansioni produttive assolutamente essenziali. Gli schiavi appaiono occasionalmente nelle iscrizioni con l'appellativo di cbd ed il nome del padrone. Le condizioni di vita di uno schiavo variano sensibilmente. Non sappiamo se gli schiavi fossero autorizzati a sposarsi, sicura,mente si potevano affrancare, secondo procedure non note. Una terra di commercio come la Fenicia era molto aperta agli STRANIERI. Non abbiamo dati precisi sulle procedure di ammissione ma l'interesse economico dovette dettare regole semplici atte ad incoraggiare sinergie.IL POPOLO DELL'ALFABETO: la tradizione storiografica concorda nell'assegnare all'ingegno fenicio l'invenzione E LA TRASMISSIONE dell'ALFABETO. Erodoto collega questo fenomeno con la migrazione dei figli di Agenore. La paleografia sembra attestare la tradizione confermando la derivazione fenicia dell'alfabeto greco. La Siria-Palestina del II millennio appare come un grande laboratorio scrittorio, innovatore rispetto alla tradizione cuneiforme mesopotamica e a quello geroglifica di derivazione egiziana. Prima le ISCRIZIONI PROTOCANANEICHE, con segni pittografici, poi con le ISCRIZIONI CANANEE si fa strada il principio ACROFONICO in riferimento alla prima lettera dell'oggetto raffigurato. Questi testi risalgono al XIII – XII secolo e si dividono in 2 gruppi diversi secondo criteri paleografici, uno della zona nord e uno sud. Si registrano esitazioni sia sul numero delle lettere che del senso della scrittura. Attorno all'anno 1000, possiamo considerare che l'alfabeto cananeo sia di tipo CONSONANTICO, CON 22 SEGNI SCRITTI DA DX VERSO SX. le attestazioni più antiche provengono da Biblo, si tratta di iscrizioni reali funerarie e votive (SARCOFAGO DI AHIRAM). La sua praticità assicurò all'alfabeto fenicio un rapido successo. Sin dal X secolo ac, i popoli circostanti lo adottano. Durante l'epoca MICENEA, in Grecia, era in suo una scrittura sillabica, abbandonata a seguito del crollo dei palazzi micenei. Le prime attestazioni alfabetiche in lingua greca risalgono all'VIII sec, con il graffito di un sito etrusco di Gabii e la coppa proveniente da Pitecussai. È probabile che la data di adozione dell'alfabeto fenicio sia anteriore di qualche secolo. La cronologia oscilla tra il 1200-1100 ed il 1000-800. Una fase transitoria deve esserci stata in cui, in occasione di incontri commerciali in aree bilingue Fenici e Greci hanno potuto confrontare le loro scritture. La LINGUA FENICIA appartiene al RAMO SEMITICO del nord-ovest, meglio detto come ceppo CANANEO(ebraico, aramaico). Il ramo semitico nord occidentale appartiene alla grande famiglia delle lingue semitiche, insieme alle lingue semitiche nord orientali, cioè della Mesopotamia, come l'accadico, l'assiro ed il babilonese.
La lingua fenicia RESTO' IN USO SINO ALL'EPOCA CRISTIANA. In seguito all'espansione dei fenici nel mediterraneo. Il fenicio si radicò dovunque dando luogo nel NORDAFRICA alla VARIANTE DIALETTALE, IL PUNICO. È indubbio che l'apprendimento della scrittura fosse rapido, quindi il suo uso più ampio, e non confinato solo alle alte sfere culturali. L'ipotesi di una DEMOCRATIZZAZIONE DELLA SCRITTURA si basa su un ragionamento di vero somiglianza e sul confronto con altre società più che su dati concreti. Esisteva una TRADIZIONE SCRIBALE FENICIA. Le fonti menzionano una 30 di scribi che però non godeva di posizione di particolare prestigio come negli altri regni. Ciò, probabilmente, riflette la diffusione e la banalizzazione della scrittura come pratica sociale e culturale.TANTI RITI, POCHI MITI: la mancanza di scritti mitologici, liturgici o profetici costituisce un grave ostacolo alla comprensione della religione fenicia. Le divinità ancestrali della Fenicia sono presentate come eroi divinizzati dopo la morte. Ogni città era uno stato autonomo, con la propria dinastia, le proprie attività, i propri usi e costumi. La religione fenicia appare difficile da definire. Il pantheon di ogni città presenta una sua specificità, con un dio o una dea poliade. Solitamente associato ad un compagno/a, ed una serie di altre divinità che svolgono delle specifiche funzioni. La religione funziona come un elemento fortemente significativo dell'identità di ogni singola città. Notiamo tra i diversi pantheon delle varie città fenicie una certa convergenza. TIRO: il dio poliade MELQART “re della città” come dimostra il titolo di BAAL SUR a lui più volte attribuito. ASTARTE sua sposa. Insieme sono protagonisti di un rituale annuale chiamato EGERSIS, termine che sta ad indicare “resurrezione, risveglio”. Lo svolgimento della festa non è chiaro sembra essere una celebrazione del risveglio della natura a seguito della stagione invernale. Sembra riduttivo in quanto Melqart non è un semplice spirito della natura, ma rappresenta una personalità complessa. Astarte e Melqart sono i padroni di tiro e protettori della regalità e della cittadinanza. Astarte a Tiro, come altrove, è la dispensatrice del potere, della vitalità, della fertilità.
SIDONE: la coppia di divinità poliade è formata da ASTARTE e da ESHMUN, il Baal della città, chiamato “principe santo”. Eshmun è un dio protettore e guaritore. I re sidoni manifestano una devozione speciale per la dea e ne sono i sacerdoti, ma anche x Eshmun di cui curano i santuari. BIBLO: dominano la BAALAT GUBAL, cioè la padrona di Biblo, e il BAAL DI BIBLO.
Queste 3 coppie non esauriscono il patrimonio degli dei fenici. Sono i più importanti ma a loro se ne aggiungono altri il BAAL SHAMIM, BAAL HAMMON, RESHEF, HORON, SHADRAFA ognuno con uno specifico compito.
Gli dei vivono nei templi chiamati BET. Nessuna statua cultuale è stata trovata. Conosciamo l'iconografia tipica di Melqart (pelle di leone, arco e mazza) e di Astarte (in trono e nuda), anche se poco attestata. I fenici manifestano una tendenza a promuovere il culto delle stele,o BETILI, considerati come sede della potenza divina. Nei templi veniva tributo agli dei un culto con offerte. La tipologia sacrificale fenicia somigli a quella biblica, con una panoplia di sacrifici secondo il tipo di animale immolato e le modalità di uccisione/condivisione della carne. Negli scavi fenici degli insediamenti occidentali sono state individuate aree sacre a cielo aperto all'interno della città, chiamate TOPHET. Si tratta di un capo di urne, a volte accompagnate da stele commemorative, contenenti le ceneri di esseri umani, con una notevole percentuale di bambini fino a 5 anni. Le iscrizioni incise sulle stele hanno una portata votiva, dedicatoria, non funeraria: il contenuto delle urne è chiaramente offerto. È possibile pensare che il sacrificio umano fosse praticato dai fenici in momenti di crisi o nell'ambito di feste particolari. (VD PAGG 118-19)ARTE FENICIA: le scoperte di Biblo hanno fatto a lungo pensare che l'egittomania avesse soffocato ogni originalità. L' influsso egiziano è molto visibile nell'arte fenicia ma la migliore conoscenza ci permette di inquadrare questo fenomeno come un lungo percorso. L'arte fenicia del i millennio non produce delle cesure o svolte dal punto di vista artistico rispetto a quanto prodotto nell'Età del Bronzo o del Ferro: è erede diretta di quella dei millenni precedenti. Sin dal III millennio i modelli egiziani penetrano e sono adottati dai fenici. Alcuni moduli figurativi sono riprodotti fedelmente: i simboli sono comuni, viene condiviso il disprezzo per il vuoto nell'opera.
L'abitudine di ispirarsi a modelli iconografici egiziani non tramonterà mai, ma conoscerà fasi + - intense. Una di queste è l'inizio del I millennio, quando la fenicia autonoma riallaccia i rapporti commerciali con l'Egitto. La fondazione di Cartagine apre simbolicamente l'inizio di una nuova fase della storia fenicia. I porti affacciati sulla costa diventano microcosmi aperti ad un orizzonte internazionale molto variegato. Nei loro viaggi incontrano molte culture, molte forme artistiche, non di rado assimilabili per questo popolo, la cui duttilità è nota. Il loro senso artistico viene stimolato da questi incontri. Ogni prestito viene rimodellato, ripensato, adattato alle esigenze del contesto, arricchito di nuovi significati all'interno di un altro linguaggio figurativo. Spesso il marchio dei fenici consiste nell'accogliere e nel recepire influssi di diverse provenienze, da qui l'impressione di un'arte eterogenea. Esistono indubbiamente circuiti, tappe e scansioni cronologiche in questi fenomeni acculturativi. È chiaro che un circuito partiva dalla Fenicia a Cipro e da Cipro alla zona Tirrenica. Un'altra tappa importante è Cartagine, lo stesso vale per Tharros in Sardegna. L'esistenza di ARTISTI ITINERANTI è sicura: questo ha contribuito molto alla diffusione delle tecniche e dei modelli figurativi. L'arte fenicia è in buona parte legata alla regalità e all'espressione di uno status.
La REGALITA' è la chiave di volta dell'ordinamento eco, politico, sociale e doveva fungere da promotrice dei gusti e delle tendenze artistiche. Gli oggetti rivelano il rango dei loro possessori. Nelle case e nelle necropoli la presenza o meno di mobili preziosi, di ceramiche...indica lo stato di privilegio di cui godevano i possessori. I SOVRANI svolgono una importante FUNZIONE EDILIZIA. La figura del re costruttore è più conosciuta in ambito assiro-babilonese, ma è attestata anche in fenicia. (vd Pagg 126 – 134)TOMBE,INCENERIZIONE-INUMAZIONE: I fenici frapponevano uno spazio tra il luogo in cui vivevano e la necropoli. Se ad esempio l ’insediamento si trova su un isolotto, la necropoli sarà su un altro isolotto, come a Cadice. Alla foce di un fiume necropoli e abitato sono spesso sulle sponde opposte del corso d’acqua. In assenza di ostacoli naturali è la distanza a separare i morti dai vivi. Nei casi di Mozia e Rachgoun infatti la necropoli è ubicata in un luogo diametralmente opposto all’abitato. Cartagine sembra un caso a se: la città primitiva è circondata da una serie di colline disposte ad arco ed occupate dalle necropoli.
Le forme assunte dalle tombe variano da zona a zona e da sito a sito. Le sepolture sono per la maggior parte individuali; tuttavia alcune grandi tombe hanno accolto numerosi corpi.
Si possono distinguere 5 grandi tipi di tombe:
67 anfratto di una roccia: al suo interno (scavato e ingrandito) il corpo inumato è disposto direttamente sul suolo, fissato con qualche pietra, circondato da offerte e sormontato da una stele. L’anfratto può anche contenere le ceneri. Per quanto riguarda i bambini i corpi sono deposti in anfore o in vasi con il collo infranto. Nel caso dell’incinerazione le ossa bruciate, separate dalle ceneri, sono deposte sul suolo, in un’urna o in una vasca o tomba di pietra.
68 pozzo stretto e profondo: spesso ampliato alla base, ospita urne cinerarie di alabastro collocate in una nicchia ricavata lateralmente. Il tutto è ostruito da pietre e terra.
69 fossa rettangolare: contiene una sola salma e può essere scavata nella roccia, coperta da uno o più lastroni e talvolta tappezzata da lastroni di pietra. È stata utilizzata anche per incinerazioni.
70 scavata nella roccia: è accessibile attraverso un Dromos (corridoio) ed è una forma attestata a Biblo
e Sidone.
71 tomba costruita: si trovano ad una profondità dai 3 ai 13 m. sono a forma di parallelepipedo e costruite con grossi blocchi squadrati. La porta è ricavata su un lato minore, il soffitto è piatto e il tetto è a doppio spiovente. L’accesso avviene tramite pozzo verticale. Sono gli unici esempi di architettura fenicia.
La CREMAZIONE avveniva in un posto diverso da quello dove veniva deposto il cadavere ed una volta bruciate, le ossa vengono deposte in una fossa, pozzo o tomba costruita sia direttamente sul suolo sia collocate in un cestino di vimini, un vaso o un’anfora. Le tombe a incinerazione compaiono nelle più antiche necropoli fenicie, all’inumazione si ricorse più tardi.
Per quanto riguarda l’INUMAZIONE il corpo viene disteso su un pavimento in terra battuta, in una fossa o su lastroni di pietra. Può essere usato un sarcofago, una bara di legno o un cassone. L’orientamento del cadavere è lo stesso della tomba e nelle necropoli le tombe hanno tutte lo stesso orientamento. Il defunto viene preparato, vestito, agghindato per la sua ultima dimora.
Un morto non può essere sepolto senza nulla ma deve essere accompagnato nell’aldilà dagli oggetti che gli
erano familiari. Per questo motivo si ritrovano nelle tombe:
1. utensili e armi
2. alimenti: posti accanto al cadavere in vasellame d’argilla
3. lampada: ad uno o due becchi serve ad illuminare o a tenere lontani gli spiriti
il materiale viene deposto accanto alla testa o ai piedi del defunto e generalmente il corredo è costituito da Oinochoai, anfora, piatto, cooking pot e lampada. Talvolta le tombe contengono oggetti dotati di potere magico o apotropaico come amuleti, scarabei, gusci di uova di struzzo. È probabile che quando i fenici inumavano o incenerivano i loro morti si attenessero ai rituali della loro città d’origine.TOPHET: Archeologi e storici della religione fenicia chiamano Tofet un luogo sacro, a cielo aperto e separato dall’abitato, nel quale venivano depositate urne contenenti ossa calcinate di bambini e animali. Il primo fu scoperto a Nora nel 1889 e poi a Mozia nel 1919. queste tombe contenevano urne con resti di bambini e animali e ciò evidenziò la pratica dei sacrifici umani. Il termine è stato tratto da certi passi dell’antico testamento che descrivono un Tofet vicino Gerusalemme dove si celebrava un sacrificio consistente nel “far passare attraverso il fuoco” lattanti di entrambi i sessi. Questa pratica era tipica nelle comunità occidentali.
Il Tofet meglio conosciuto è quello di Mozia dove la presenza di urne con ossa incenerite risale al VII secolo. Inizialmente le urna non erano sormontate da una pietra con iscrizione, pertanto erano anonime. Soltanto le stele e soprattutto con iscrizione possono fornire informazioni sull’oggetto dell’offerta. Del migliaio di stele scoperte a Mozia soltanto 40 recano un’iscrizione la cui formula votiva ricorda più volte che si tratta di un dono offerto a Baal Hamon.
Il sacrificio dei bambini non sarebbe stato praticato né regolarmente né sistematicamente. Non è stato rilevato alcun Tofet ne sulla costa Andalusa ne sulla costa africana. I Tofet che conosciamo presentano alcuni tratti comuni:
1. è ai margini della città ed è unico
2. è un’area a cielo aperto delimitata da un recinto
3. le urne e le stele vengono ammucchiate nello stesso luogo.
Lo spazio limitato è utilizzato completamente e quando viene a mancare si creano nuovi depositi accanto a quello primitivo. Le urne deposte sulle rocce sono al riparo di alcune pietre piatte che coprendole formano delle piccole tombe. Il riporto di calce o sabbia consente di separare i diversi livelli. La forma dell’urna evolve lentamente, una lampada si trova spesso nelle vicinanze. All’interno vi sono anche amuleti, elementi di parure, mascherine.
Il Tofet sarebbe l’estrema dimora del bambino. In un’epoca di mortalità infantile elevata il Tofet è il luogo di sepoltura del feto, dei bambini nati morti e di quelli con pochi mesi di vita. Questo luogo periferico è il luogo degli individui non ancora integrati nella comunità. Le stele con iscrizione rivelano un elemento importante per far luce sul Tofet. Spesso testimoniano un’offerta a Baal Hamon che può consistere nella stele stessa o nella vittima che rappresenta. Il Tofet fu probabilmente un cimitero per bambini ma anche un luogo sacro nel quale si sacrificavano animali per chiedere a Baal Hamon un altro figlio in sostituzione di quello incinerato. ARWAD: era una città importante, che sorgeva su un'isola a poca distanza dalla costa, di fronte a Tartus, che non ha restituito tracce di occupazione fenicia. Era la capitale di un territorio poco esteso. La sua vocazione fu marittima a partire dal II millennio a.C., quando viene menzionata negli archivi egiziani di El-Amarna. Localizzata all'altezza del varco di Homs consentiva il passaggio tra Mesopotamia e Mediterraneo, Arwad fu la prima destinazione delle incursioni assire dalla fine del XII secolo a.C. I re assiri vi prelevarono il tributo di varie città fenicie. Gli annali assiri ci rivelano il fatto che la sopravvivenza della città isolana dipendeva dal controllo di un territorio continentale che forniva alla città acqua, legno e spazi per seppellire i morti. Il re locale era affiancato dagli UOMINI DI ARWAD che probabilmente dovevano rappresentare l'aristocrazia mercantile. La città tentò di resistere alla conquista vera e propria da parte degli Assiri alla BATTAGLI DI QARQAR nell'853, che allontanò per un certo periodo di tempo il pericolo assiro dalla zona siro-palestinese. Arwad riuscì a rimanere un'enclave autonoma anche quando, nel 738, fu creata la provincia assira di SUMURA a seguito della conquista del centro siriano di Hamath. In questa occasione Arwad perse parte dei suoi territori continentali , a vocazione agricola, ma li recuperò più tardi. Durante il DOMINIO BABILONESE, PERSIANO E SELEUCIDICO adottò la strategia di PAGARE UN TRIBUTO riconoscendo una autorità nominale ma in un quadro di sostanziale autonomia. In occasione delle Guerre Persiane, il re locale Maharbaal partecipò al comando generale della flotta di Serse I.
il sito era abbastanza esteso e densamente popolato. Alcune iscrizioni fenicie, persiane e greche documentano diversi culti come quello di MELQART, ASCLEPIO, AFRODITE E CRONO. Nel territorio interno era situato il grande SANTUARIO FEDERALE DI ZEUS DI BAITOKAIKè di epoca ellenistica-romana. È probabile che originariamente il culto fosse quello di un Baal celeste fenicio. A pochi km da Tartus sorge il sito di AMRIT che ospitava una fiorente cittadina persiana. Si conosce bene il luogo sacro che sorgeva nelle sue vicinanze in uso tra il VI ed il IV secolo. Al centro di un bacino artificiale sorgeva in tempio chiamato in arabo MAABED i destinatari del culto di questo tempio erano Eshmun e Melqart. Il dio guaritore Shadrafa è attesto ad Amrit su una celebre stele del VI secolo. Nelle vicinanze del santuario è stato scoperta un'ampia necropoli con tombe scavate nella roccia contenenti dei sarcofagi antropoidi. Alcune tombe sono sormontate da edifici a forma di torre quadrangolare o circolare chiamate in arabo MEGAZIL che permettono di accedere alla camera funeraria. Nel III secolo, ad Amrit, venne costruito uno stadio interamente scavato nella roccia. TELL KAZEL, TELL ARKA, TRIPOLI: L'identificazione di Tell Kazel con SUMURA è più che probabile. Si tratta di un vasto sito collocato alla foce del fiume Nahr el-Abrach situato in zona strategica per l'accesso alla valle dell'Oronte e alle città della costa fenicia. Sin dal ii millennio appare come una città di primaria importanza, soprattutto per gli egiziani, in quanto situata in una zona di confine con i regni sotto controllo ittita. Fu rapidamente ambita dagli assiri che ne fecero la capitale della provincia siro-fenicia settentrionale nel 738 a.C. L città è stata costantemente occupata a partire dal bronzo medio con un imponente sistema di fortificazioni. In epoca fenicia doveva intrattenere rapporti commerciali con le grandi città del sud. TELL ARQA ha restituito una serie di tombe arcaiche ad incenerizione e qualche traccia insediativa. TRIPOLI, probabilmente fondata nel 761ac, è conosciuta soprattutto per i livelli persiani. La città sarebbe nata dalla collaborazione di sidone, tiro e arwad ognuna della quale avrebbe avuto un proprio quartiere; doveva ospitare un CONSIGLIO PANFENICIO costituito in chiave anti-persiana. Nel 104 ac fu proclamata città stato autonoma e coniò una propria monetazione.BIBLO:il territorio di biblo era separato da quello di arwad da un'ampia zona controllata prima dal regno di amurru, poi da quello siriano di Hamath. Il territorio i sotto controllo giblita era compreso fra il promontorio del Nahr el Kalb e Batrun. La perdita del controllo delle vie verso l'interno costrinse la città a potenziare le attività portuali e lo sfruttamento della beqaa. Il sito insediativo risale al iv millennio ac. La città si è sviluppata attorno ad una sorgente legata al santuario della baalat di biblo. Tra il 1921-24 Pierre Montet portò alla luce il SARCOFAGO DI AHIRAM, che rappresenta una delle prime testimonianze dell'alfabeto fenicio risalente al 1000 ac. Tutto a Biblo ci riconduce all'Egitto, il quale ha lasciato nella cultura materiale e nei culti di Biblo una impronta indelebile. Significativi anche i rapporti con la cultura egea e quella siriana e mesopotamica. i depositi votivi dell'età del bronzo così come i corredi della necropoli reale, mostrano la ricchezza della città e dei suoi abitanti. I re locali erano tra gli alleati più fedeli del faraone, che mandava loro degli splendidi doni, in cambio di legname, tributi e dell'ospitalità di alcuni commercianti egiziani insediati nella città. Dopo il crollo del sistema palatino ad opera dei popoli del mare, biblo appare come una città stato indipendente, sempre impegnata nel commercio del legname, ma senza più ricevere ordini dall'Egitto. Mentre sul promontorio del Gebeil, i livelli dell'età del bronzo sono ben presenti, quelli di epoca fenicia mancano. L'unica ipotesi sostenibile è a che a seguito di eventi sconosciuti la città si spostò nella parte bassa del sito dove oggi sorge la città moderna. Un piccolo gruppo di oggetti isolai, risalenti all'età fenicia, così come alcuni sarcofagi come quello della regina Batnoam, con un'interessante iscrizione funeraria, e un piccolo lotto di iscrizioni reali testimoniano l'utilizzo di particolarità dialettali. Sopra l'antica muraglia del iii – ii millennio venne edificato un ampio podio che probabilmente ospitava un santuario di cui non è rimasto nulla. A questo podio era addossata una fortezza. la tecnica di costruzione testimonia la notevolissima abilità degli artigiani fenici. La documentazione epigrafica menziona i nomi dei vari re gibliti di epoca persiana, tra cui YEHAWMILK, la cui devozione per la BAALAT GUBAL, è espressa su una stele che lo raffigura occupato a venerar la dea. A contribuire alla fama di biblo furono i suoi culti: LA BAALAT, manifestazione locale di Astarte, la dea fenicia per eccellenza e quello del suo sposo divino, BAAL DI BIBLO, assimilato all'Osiride egiziano.BEIRUT: chiamata biruta nel ii millennio, era allora sotto dominio egiziano e sede di attività portuali. Conosce una lunga eclissi dal xii secolo sino alla metà del i millennio. Diventa nel ii secolo ac, con il nome di LAODICEA, un centro commerciale di primissima importanza. In epoca romana, berito, promossa al rango di colonia ad opera di augusto, fu la sede di una importante scuola giuridica. Fino a pochi anni fa la città fenicia era un miraggio. Si conoscevano solo poche tombe ad inumazione dell'età del bronzo, nei dintorni della capitale, con corredi ricchi di oggetti di provenienza egizia ed egea. Nella zona alta del castello medievale è stata identificata un'area risalente all'età del bronzo antico. Durante il bronzo medio fu edificata la prima fortificazione in seguito rafforzata e provvista di una entrata medievale. Oltre ad alcune deposizioni funerarie in giare questo settore ha restituito un tempio con alcuni rari depositi cultuali. I livelli antichi sono stati completamente rovinati dalle costruzioni in epoca ottomana. Il quartiere alto probabilmente ospitava anche un palazzo con alcuni edifici amministrativi. Durante il bronzo recente fu costruito un nuovo muro di cinta provvisti di una glacis. All'inizio dell'età del ferro questo dispositivo fu rafforzato e dotato di un sistema di accesso. La struttura difensiva fu nuovamente modificata in epoca persiana, nel iv- v secolo ac, in un momento in cui l'insediamento dell'acropoli era in declino. I quartieri abitativi si erano spostati nella città bassa. Beirut era protagonista di scambi commerciali sia a lunga distanza con cipro e l'Egeo che di raggio più limitato con i siti fenici e siriani. In un altro settore è venuto alla luce un quartiere, cd settore dei suk, di epoca persiano ellenistica, con belle case edificate sulle pendici della collina ed alcuni settori artigianali o industriali nelle vicinanze del porto. Verso ovest è stata individuata una necropoli con pozzi funerari direttamente scavati nella roccia, la città bassa era dotata di un sistema di drenaggio della acque. La città ellenistica appare molto distesa e giunge all'apice della sua estensione nel ii secolo ac, quando le sue attività raggiungono Delo. Nelle vicinanze di Beirut, sorge la località di KHALDE che apparteneva al territorio della grande metropoli vicina, Sidone, in cui sono state portate alla luce 200 tombe dell'inizio del i millennio ac. Sia l'inumazione che l'incenerizione erano praticate. Il sito rupestre di NAHR EL-KALB. Dove il faraone Ramses ii ed i re assiri hanno fatto scolpire la propria effige per commemorare vari successi militari. SIDONE: collocato su una lingua di terra, il sito di circa sei ettari fu occupato sin dal iv millennio ac. Fa naturalmente parte dei regni posti sotto controllo egizio. Nei secoli immediatamente successivi sino al Bronzo recente, deve avere giocato un ruolo importante. Mentre la città è sottoposta al pagamento del tributo assiro sin dalle prime incursione nel xii – ix secolo, appare come la città fenicia egemonica sia nell'antico testamento che in omero. Sidone appare alla testa di una notevole flotta impegnata nel commercio con l'Egitto. Fu questa attività, insieme all'artigianato a conferirle un ruolo di spicco. La vicina e rivale Tiro estese il proprio raggio d'azione commerciale e divenne, nel x – xi secolo, la grande metropoli fenicia. Fu allora che i due regni si unirono e formarono un unico potente soggetto politico e territoriale. Sidone controllava due importanti vie di comunicazione in direzione della beqaa, da un lato verso damasco, dall'altro verso la galilea. Negli ultimi decenni dell'VIII secolo sidone e tiro si separarono. Tornata autonoma rispetto a tiro, sidone di ribellò più volte nei confronti degli ASSIRI e, nel 677, asarhadon la punì integrandola in una provincia assira e ribattezzandola “kar-asarhaddon”. Sidone conobbe in seguito vicende altalenanti. Gli ACHEMENIDI attribuirono a sidone uno statuto particolare , in qualità di base navale e porto di prima importanza. Città principale della quinta satrapia, e sede di una zecca reale, ospitava una residenza persiana. I re sidoni ricevettero in dono dal re PERSIANO in seguito alla loro partecipazione alle guerre persiane, che le videro infelici protagoniste, dei territori. La città in epoca persiana fu molto fiorente ed estesa, ma fu duramente colpita da una repressione quando si sollevò contro il potere achemenide. In EPOCA ELLENNISTICA prosperò prima sotto i lagidi che affidarono a Philokles, l'ultimo re sidonio, il comando della flotta tolemaica. In seguito, privata della sua dinastia, fu incorporata nell'impero seleucidico e guadagnò la propria autonomia solo nel 111. nel 64 ac la città fu incorporata nella provincia romana di siria e divenne colonia sotto l'imperatore eliogabolo. Una serie di necropoli circondavano la città. nelle necropoli reali di magharat abloun, di ayyaa e di ain el-halwi furono scoperti i famosi sarcofagi antropoidi sia di tipo fenicio che di tipo greco. BOSTAN ESH SHEIK, a 2 km da sidone, ospitava un santuario periferico del dio poliade, eshmun, dio guaritore assimilato all'asclepio greco. Fu costruito in epoca babilonese e restò in uso sino all'epoca romana. Conobbe un momento di particolare gloria durante il dominio persiano. I re fecero bella mostra della propri devozione con ricche offerte al santuario. Il tempio primitivo, di forma piramidale, fece posto ad un immenso podio addossato alla montagna. Su di esso poggiavano il tempio ed un altare monumentale, la cd “TRIBUNA DI ESHMUN”. Nella parte orientale del santuario sorgeva un luogo di culto dedicato ad astarte. Altri luoghi di culto erano incorporati in questo ampio recinto sacro in cui venivano celebrati riti di passaggio o di guarigione, come testimoniano la presenza di statuette dei cd temple boys.SAREPTA: posta sul promontorio di ras el-qantara, dita 13 km da sidone e 22 da tiro, copre una superficie di due ettari e dispone di due ottime insenature. Faceva sicuramente parte del territorio di sidone quando, nel 701, fu conquistata dagli assiri. In seguito alla rivolta sidonia del 677 fu affidata al re di tiro. Sarepta è stata oggetto di uno scavo approfondito che ha portato alla luce la città fenicia collocata nella parte alta della collina, un santuario, il porto, la necropoli ed i quartieri industriali. Le attività economiche documentate sono l'industria della porpora, dei tessuti. Dei metalli, la produzione di ceramica, le attività legate alla cerealicoltura e alla produzione dell'olio. Il santuario dell'inizio del vi secolo, era di dimensioni modeste conteneva un altar, una tavola per le offerte e numerosi oggetti votivi. La città intratteneva rapporti commerciali con egiziani, ciprioti, egei e siriani. In epoca tarda alcuni mercanti di sarepta si spinsero sino alle rive del tirreno come testimonia il ritrovamento di un “dio santo di sarepta” a Pozzuoli.TIRO E UMM EL-AMED: la città è stata edificata in origine su due isole rocciose, unite probabilmente nel IX secolo, a 600 m dalla riva. L'accumulo di depositi alluvionali e la costruzione ad opera di ALESSANDRO MAGNO, nel 332 ac., di una diga, sono responsabili dell'attuale fisionomia del sito. La città era difesa da una possente fortificazione che le valse la fama di essere inespugnabile. Tiro fu sottoposta a lunghi assedi, tra cui ricordiamo quello di NABUCODONOSOR dal 585 al 572 e quello ad opera di ALESSANDRO MAGNO nel 333 che durò 7 mesi. La città era molto ricca, dotata di 2 porti e di una flotta impressionante; era la sede di innumerevoli traffici e di imponenti flussi di mercanti e prodotti internazionali. La sopravvivenza dell'insediamento isolano dipendeva dall'entroterra, dove Tiro possedeva un ampio territorio. Isolare la città dal proprio hinterland significava renderla inabitabile. Tiro controllava un ampio territorio, probabilmente sino al Monte Carmelo, con ampi prolungamenti verso l'interno verso la Galilea. Diverse vie di comunicazione consentivano di raggiungere Tiro a partire dalla Siria e dalla Palestina. I fruttuosi rapporti diplomatici ed eco con ISRAELE contribuirono, nel X - IX sec, all'arricchimento della città più potente della Fenicia. Tiro poté ingrandire il proprio territorio con la cessione da parte di Israele di una ventina di località nel paese di Asher. A seguito della conquista della parte settentrionale della Palestina ad opera di TIGLATPILASSER III e della creazione delle provincie ASSIRE di Dor e Megiddo, Tiro perse parte del suo territorio, poi, nel 662, sotto il regno di ASSURBANIPAL ciò che rimaneva del territorio continentale di Tiro fu inglobato in una provincia assira. I punti forti dell'ECONOMIA erano la navigazione, la tintura di stoffe, il commercio del legno e la produzione di diversi prodotti. Il sito è stato occupato sin dal III millennio. I testi egiziani siriani menzionano varie volte la città nel II millennio. In epoca ARMANIANA, sono già espressi i timori di Tiro di essere tagliata fuori dal suo territorio continentale. Emerge nella corrispondenza con il faraone la conflittualità ricorrente con Sidone. Conosciamo poco della città tira, recentemente è stata scoperta una necropoli contenete più di 200 stele funerarie. All'inizio si è pensato potesse trattarsi di un TOPHET, cioè del primo santuario all'aria aperta dove venivano praticati i sacrifici umani, ma questa ipotesi non era fondata. Dopo la conquista di Alessandro Magno Tiro si pare generosamente agli influssi ellenici. La città prospera sotto i LAGIDI e sotto i SELEUCIDI e guadagna la propria autonomia nel 126 ac. I sarcofagi della necropoli romana indicano un alto livello di vita. Tiro fu un importante centro culturale ed intellettuale. UMM EL-AMED, 19 km a sud, comprendeva un complesso sacro di epoca ellenistica. Fu costruito non prima del V secolo. Un gruppo cospicuo di iscrizioni, quasi tutte in lingua fenicia, ci rivela il nome dei destinatari degli edifici sacri di tipologia tipicamente fenicia: MILKASHTART, BAAL DI TIRO, BAAL SHAMIM. Su varie stele onorifiche o funerarie sono raffigurati i devoti o i sacerdoti locali. SIRIA, PALESTINA, MESOPOTAMIA: le zone + precocemente toccate di commerci fenici sono state quelle circostanti. Ricordiamo la collaborazione tra Tiro e Israele. La Galilea e la pianura di Akkar fungevano sicuramente da granai per le città fenicie dotate di un entroterra limitato. Sia Sidone che Tiro cercarono di espandersi in queste regioni, mentre la città filistea di ASCALONE era considerata città tiria. Ciò spiega perché l'impronta culturale fenicia in Israele è molto forte. I rapporti con le città stato SIRIANE risalgono almeno all'età del Bronzo finale. Per il I millennio , gli scavi di Ras el Bassit dimostrano la presenza di numerosi oggetti fenici sin dal IX secolo, mescolati con materiale cipriota e greco. Quanto alla MESOPOTAMIA, sappiamo dell'interesse degli Assiri per i porti fenici, sottoposti ad un pesante tributo. Gli Assiri aprirono le porte di un mercato estesissimo e incoraggiarono le prospezioni di metallo in ANATOLIA e nel MEDITERRANEO. I re assiri lasciarono agire i mercanti privati. Gli oggetti esotici o lussuosi prodotti e commerciati dai fenici esercitavano una forte attrattiva sugli ambienti palatini assiri, mentre la perizia degli artigiani fenici nella lavorazione del legno, dei metalli e dell'avorio rendeva necessaria la loro presenza nei cantieri reali assiri. Gli archivi assiri menzionano alcuni personaggi di origine fenicia pienamente inseriti nella vita economica e politica assira. Gli imperi babilonese e persiano ebbero u atteggiamento analogo. L'epoca persiana corrisponde ad una fase di grande prosperità delle città fenicie.ANATOLIA: la presenza fenicia in Anatolia è documentata da una serie di iscrizioni reali fenicie o bilingue. L'uso della lingua e dell'alfabeto fenicio da parte dei re luviti tradisce un prestigio che trova la sua spiegazione nella presenza antica e continua di gruppi di mercanti fenici in Anatolia Meridionale. Esisteva una via terrestre che permetteva di raggiungere i regni luviti o aramaici dell'Anatolia e di accedere poi alle grandi risorse minerarie dell'Amano e del Tauro. Esisteva una koinè culturale fra Siria, Fenicia ed Anatolia meridionale. Va segnalato che alcuni culti fenici erano ampliamenti documentati in Anatolia come quello di Melqart e di vari Baal.EGITTO: i contatti risalgono alla notte dei tempi. Il mercato egiziano aveva una importanza fondamentale e Biblo era cuore di queste attività, e città molto aperta agli influssi egizi. Il protettorato esercitato dagli egizi durante il Bronzo Recente, rafforzò
i legami, che l'invasione dei popoli del mare spezzò per qualche tempo. Il ripristino degli scambi consentì ai fenici di creare nel porto internazionale di Menfi un emporion tiro. Nelle stesse regioni si erano insediate colonie aramaiche e giudaiche. Numerose iscrizioni fenicie sono state scoperte in Egitto. L'arte fenici è talmente egittizzante, che ogni autonomia e creatività le furono a lungo negate. In alcune fasi storiche di intensi contatti tra fenicia ed Egitto, la cultura materiale dei fenici era fortemente improntata ai codici figurativi di origine egiziana, in accordo con una tradizione che risale al III millennio. Per alcuni oggetti l'influenza egiziana appare determinante e veicola un complesso di credenze molto popolari. I fenici ebbero un ruolo di intermediari tra Oriente e Occidente, contribuendo a diffondere l'artigianato egiziano.CIPRO ED EGEO: la posizione strategica di Cipro spiega l'interesse dei fenici nei suoi confronti. Cipro era un crocevia di scambi, in cui erano implicati oltre alla popolazioni locali, Fenici e Micenei. Sin dal IX secolo i Fenici vi prendono piede, soprattutto a Kition, dove vi era la sede di un vero e proprio regno fenicio-cipriota. Altri regni cipro-fenici appaiono nelle fonti: Pafo, Amatonte, Lapithos. L'epigrafia fenicia di Cipro tradisce una presenza capillare e una simbiosi culturale intensa. Il dominio assiro e persiano influirà poco su questa situazione, che va letta alla luce dei frequenti scambi mediterranei che comprendevano anche Eubei e Cretesi. L'Egeo appare uno spazio molto dinamico, in cui i fenici si muovono con grande facilità. Alcune tipologie vascolari e un piccolo gruppo di iscrizioni fanno fede di una presenza tutt'altro che trascurabile. Da lì i fenici raggiunsero l'Attica e l'Eubea. Gli scambi ripresero molto presto dopo la parentesi dei Dark Ages, che fece seguito ai palazzi micenei. Creta ha avuto un ruolo notevole come ricettacolo delle tradizioni orientali, in un momento in cui i contatti erano molto rallentati. La presenza di artigiani e mercanti fenici in vari siti cretesi si evince dal ritrovamento nella necropoli di Tekke di una antica iscrizione fenicia, risalente al 900 ac. Numerosi sono gli oggetti fenici scoperti a Creta: scudi, coppe, avori...da Delfi, Sparta, Olimpia provengono altri ritrovamenti. Dal V secolo all'epoca ellenistica e romana Atene prima, Delo poi, furono la meta di mercanti, banchieri, negozianti fenici, che radicarono sul posto i loro culti.CARTAGINE E IL NORDAFRICA: Cartagine sarebbe stata fondata nell814 ac da emigrati tiri su un territorio strappato con l'inganno della byrsa, ali indigeni. La derivazione tiria della città e la cronologia approssimativa della sua fondazione sono dati veritieri. Lo sviluppo di Cartagine, da emporion sulla rotta tra la fenicia e la spagina a megalopoli e potenza eco-militare, risponde inizialmente a considerazioni strategiche. Nel momento in cui i commerci sottoposti ad una pressione tributaria costante danno segni di indebolimento, Cartagine diventa una città autonoma e indipendente, dotata di istituzioni specifiche, promotrice di una politica commerciale molto dinamica, che entra in competizione, nel VI sec, con gli interessi etruschi prima, dia Greci e Romani poi. Varie guerre e vari trattati tentarono di sanare questa situazione ma le tensioni crebbero e sfociarono nelle Guerre Puniche, conclusesi con la distruzione di Cartagine nel 146 a.C. L'immenso territorio circostante la città faceva di Cartagine la città più estesa del mediterraneo, fu oggetto di uno sfruttamento agro-pastorale intenso, fonte di grandi ricchezze. L'impero di Cartagine si basava su flussi commerciali, con l'apertura di nuove rotte sia sulle attività produttive agricole e artigianali o proto industriali. Si nota una certa tendenza alla specializzazione produttiva e commerciale nelle regioni poste sotto il dominio cartaginese, in modo da armonizzare l'eco comune. Il funzionamento di questo sistema era spesso affidato alle comunità locali.
PENISOLA ITALICA E ISOLE: l'interesse dei fenici per la zona tirrenica deriva dalla presenza di notevoli risorse minerarie. In Sardegna i fenici del I millennio appaiono come i continuatori dei Micenei e degli Orientali del periodi di precolonnizzazione che frequentavano le aristocrazie guerriere dell'isola sin dal II millennio. È probabile che alcuni gruppi di lavoratori di metalli ciprioti ed orientali abbiano contribuito allo sviluppo delle attività estrattive. A partire dell'VIII secolo, i fenici creano nell'isola numerosi insediamenti. La scelta dei siti risponde anche alla necessità di sfruttare le risorse agricole dell'area. In SICILIA, le comunità locali sembrano godere di maggiore autonomia, ma i veri interlocutori sono i greci. Accanto a questi non va dimenticata la presenza di gruppi etnici indigeni Siculi, Sicani ed Elimi, che avrebbero stretto una alleanza con i Fenici. Disponiamo di numerose testimonianze sui conflitti che nel VI – V secolo, hanno opposto Greci e Punici. La Sicilia era una posta troppo alta per non suscitare le concupiscenze degli uni e degli altri. Alla fine furono i Greci ad avere la meglio. La presenza fenicia in Sicilia è concentrata nel settore occidentale dell'isola (Mozia, Palermo, Solunte..). Questi insediamenti coniugano attività mercantili e produttive e in particolare agro-pastorali e artigianali. SPAGNA: la sua ricchezza in argento era all'origine della visione greca di un paese favoloso. La presenza fenicia si concentra sulle coste dell'Andalusia, a ridosso delle zone tertessiche ricche di miniere, che sono sfruttate prima dell'arrivo degli orientali. Gli orientali volevano procurarsi i metalli e rivenderli; tecnologicamente il loro apporto è nullo. Sul piano culturale producono delle sintesi interessanti. Le interazioni con le aristocrazie locali di Tartesso, a partire dal 700 ac, appaiono durevoli e profondissime. È legittimo pensare che il declino degli insediamenti fenici ed indigeni dopo il Vi secolo derivò dal degrado ambientale che dal calo dei flussi commerciali.
Fonte: www.scienzeturismo.it/wp-content/uploads/2008/05/i-fenici.doc
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Fenici in Italia storia e riassunto
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