Il principio di indeterminazione di Heisenberg
Il principio di indeterminazione di Heisenberg
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Il principio di indeterminazione di Heisenberg
Sebbene oggi venga prevalentemente utilizzato l'approccio ondulatorio di Schroedinger, la meccanica matriciale di Heisenberg ha prodotto un risultato teorico di enorme portata, che ci costringe a mettere in discussione dalle radici il nostro modo di concepire la realtà.
Posto che in meccanica quantistica si dicono coniugate coppie di grandezze il cui prodotto ha le dimensioni di una quantità di moto, Heisenberg dimostrò che non è possibile misurare simultaneamente con una precisione grande a piacere due variabili coniugate.
Se consideriamo ad esempio le due variabili coniugate:
- posizione x di una particella rispetto all’origine di un sistema di riferimento nella direzione x
- quantità di moto p = mv della medesima particella
le indeterminazioni o incertezze nelle loro misure Dx e Dp devono soddisfare la relazione
nota come principio di indeterminazione.
In pratica se misuriamo contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella, esisterà necessariamente una indeterminazione (incertezza) nella misura delle due variabili, tale che il loro prodotto è sempre maggiore o uguale ad un mezzo acca tagliato.
Una relazione analoga vale anche per altre coppie di variabili coniugate, come ad esempio per l'energia di una particella ed il tempo necessario per misurare tale energia.
Si noti che Heisenberg ricavò tali relazioni direttamente dal formalismo matematico della teoria quantistica ed il principio risulta pertanto valido nella misura in cui vale la descrizione quantistica della realtà.
Il principio di indeterminazione non deriva dunque da una carenza nelle nostre tecniche di misurazione, ma è una conseguenza della teoria e, se questa è esatta, delle leggi di natura che la teoria descrive.
Il principio di indeterminazione condiziona evidentemente il livello di precisione delle nostre misurazioni e pone in definitiva dei limiti alla nostra conoscenza della realtà. Infatti il miglior risultato che possiamo ottenere è quello in cui il prodotto delle indeterminazioni sia uguale ad un mezzo acca tagliato.
In questa caso le indeterminazioni sono inversamente proporzionali. Se dunque poniamo x ® 0, allora p ® ¥ il che significa che se tentiamo di rendere assolutamente precisa la misura della posizione di una particella (annullando l'incertezza insita nella sua determinazione), non possiamo più avere alcuna informazione riguardo alla sua quantità di moto, visto che l'indeterminazione ad essa associata diventa infinita e viceversa.
Si tratta di un'ulteriore conferma che in meccanica quantistica non è più possibile parlare di traiettorie determinate e quindi di orbite.
Certamente quando si ha a che fare con misurazioni di oggetti macroscopici è possibile trascurare il principio di indeterminazione senza incorrere in errori importanti.
Ad esempio per un corpo di massa 1 g, tenendo conto che -14 cm/s, pari a 0,3 mm al secolo!
Ma nel caso di particelle l’indeterminazione diviene essenziale. Prendiamo ad esempio l’elettrone che viaggia intorno al suo nucleo. Esso possiede una velocità dell’ordine di un centesimo della velocità della luce.
L dove m è la massa dell’elettrone, e la sua carica ed r le dimensioni tipiche di un atomo pari a 10-8 cm. Sostituendo opportunamente si ottengono valori dell’ordine di 108 cm/s.
Se ora ci proponiamo di misurare la velocità effettiva dell’elettrone con un’incertezza dell’1% pari a 106 cm/s dovremmo accontentarci di misurare la sua posizione con un errore di 10-6 cm superiore di due ordini di grandezze rispetto alle dimensioni atomiche.
Sarebbe come voler descrivere il movimento di un’autovettura che viaggia a 100 km/h misurandone la velocità con un errore di ±1 km/h, individuando poi la sua posizione entro uno spazio 100 volte maggiore delle sue dimensioni, diciamo 200 metri.
Possiamo dunque in un certo senso affermare che tanto più grande è un oggetto, tanto minori sono le sue caratteristiche ondulatorie (infatti l = h/mv) e tanto minore è la sua indeterminazione, cosicché gli oggetti macroscopici sono ‘in pratica’ perfettamente localizzabili.
I minuscoli elettroni presentano invece uno spiccato carattere ondulatorio ed una forte indeterminazione, rendendo perciò necessario tutto lo spazio in più che noi osserviamo intorno al nucleo e che noi chiamiamo orbitale. Se cercassimo di confinare l’elettrone in una regione più piccola la sua lunghezza d'onda sarebbe costretta a diminuire ed è facile verificare che in tal caso l'elettrone vedrebbe aumentata la sua quantità di moto e quindi la sua energia cinetica.
Lo stesso ragionamento fu utilizzato per escludere la presenza di elettroni nel nucleo quando fu accertata l'emissione di radiazione beta da nuclei radioattivi. Infatti un elettrone confinato nella piccolissima regione nucleare (10-13cm) avrebbe un'energia troppo grande e verrebbe subito espulso. Gli elettroni che formano la radiazione beta devono quindi formarsi al momento del decadimento e non essere preesistenti ad esso.
Fonte: http://digidownload.libero.it/quintaachimica/CHIMICA.doc
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