Materiali della crosta terrestre
Materiali della crosta terrestre
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Materiali della crosta terrestre
I MATERIALI DELLA CROSTA TERRESTRE
Esistono due tipi di reazioni che avvengono tra due elementi diversi: la fusione e la fissione.
La fusione è quella che avviene all’interno del nucleo delle stelle, dove 4 atomi di idrogeno si fondono per dare un atomo di elio, cioè da atomi piccoli si ricavano atomi più grossi.
Elio formato avrà massa inferiore rispetto a quelle dei 4 idrogeni sommati, questo perché la massa cosiddetta mancante si trasforma in energia seguendo la legge E=mc2.
Il Sole è una stella non molto grossa, r=700000 Km (quello della Terra è 6381 Km).
La sua zona più interna è il nucleo e qui avvengono le reazioni di fusione. La temperatura e la pressione sono così elevate che si ha una degenerazione della materia, che diventa un fluido elettronico.
La pressione elevata serve a disgregare gli atomi, mentre la temperatura aumenta l’energia cinetica delle particelle , favorendo le reazioni.
L’energia generata dalla fusione si sposta verso la superficie della stella in due modi: o per radiazione o attraverso moti convettivi. A causa di questi ultimi la superficie del Sole sembra ribollire.
L’energia serve a controbilanciare la forza gravitazionale, che farebbe collassare la stella.
Una parte di energia viene ceduta allo spazio sotto forma di radiazioni elettromagnetiche.
Nella fissione invece si utilizza un atomo grosso (radioisotopi dell’uranio) che tende a rompersi dando origine a due atomi più piccoli, liberando radioattività.
E’ più energetica la fusione e per di più non lascia scorie, ma è sconveniente perché è difficile riprodurre le condizioni di pressione e temperatura necessarie.
La Terra è un pianeta e come tale ha una massa modesta e non ha reazioni di fusione all’interno del nucleo perché non raggiunge la temperatura necessaria (107 °K).
Nonostante non si formi energia anche i pianeti sono luminosi perché riflettono la luce delle stelle vicine.
Il Sistema solare è formato da: il Sole, 9 pianeti, pianetini, comete...
I pianeti si distinguono in due famiglie:
- terrestri : piccoli, densi, costituiti da rocce e metalli;
- giganti o gioviani: di massa più grossa, con una potente atmosfera formata da gas vari, costituiti da materia gassosa con nucleo solido.
La Terra è costituita da tre strati principali: crosta, mantello, nucleo.
Conosciamo la crosta terrestre direttamente per i primi 12 Km, grazie alle trivellazioni per la ricerca di idrocarburi e indirettamente grazie alla sismologia e agli studi sulla densità media della Terra.
La sismologia si occupa dei terremoti che avvengono quando da un punto della Terra, ipocentro, si libera energia che si propaga sotto forma di onde sismiche fino alla superficie della Terra in modo diverso in base ai materiali presenti in stati fisici differenti. Le onde vengono registrate attraverso i sismografi e in base al loro andamento si può stabilire se attraversano corpi fluidi o solidi, dandoci informazioni indirette sulla conformazione di zone della crosta e del mantello.
Gli studi sulla densità media della Terra ci danno informazioni sui materiali presenti in altri strati, perché calcolata la densità della terra intorno ai 5.5 g/cm3 e quella della crosta dai 2,7 ai 3,3 g/cm3, si capisce che il nucleo avrà una densità elevata e per questo si prevede che sia formato di metallo.
La CROSTA è la parte più esterna, piuttosto sottile, costituita da materiale allo stato solido, rocce.
Può essere di due tipi:
oceanica: quella dei fondali oceanici, di circa 5-6 Km, più omogenea, costituita da rocce magmatiche, di formazione piuttosto giovane;
continentale: con uno spessore di qualche decina di Km in corrispondenza delle zone montuose, eterogeneo, costituite da tutti i tipi di roccia e di formazione antica.
La crosta appoggia sul mantello e forma con la parte superiore di questa la LITOSFERA.
Le rocce sono composti eterogenei composti dai minerali, che sono materiali chimicamente ben definiti e con una struttura cristallina.
Le rocce si classificano in base all’origine:
MAGMATICHE: si formano per il raffreddamento del magma, che un materiale fuso che si forma nella crosta o nel mantello dove si trovano le giuste condizioni di temperatura. Quando si forma, il magma, può o rimanere all’interno della crosta o, se incontra spaccature, uscire sotto forma di colate di lava. Questa lava raffreddandosi dà origine a rocce magmatiche effusive, se invece si raffreddano all’interno si formano rocce magmatiche intrusive o ignee.
Per esempio il granito è una roccia magmatica intrusiva e la sua corrispondente effusiva è il porfido.
SEDIMENTARIE: derivano dalla sedimentazione di materiali di diversa origine diversa, grazie ad un processo di diagenesi che permette la compattazione e il cementamento delle varie parti attraverso soluzioni circolanti.
Le rocce sedimentarie sono CLASTICHE se formate dalla sedimentazione si frammenti di rocce, CHIMICHE se formate da un soluto che precipita da una soluzione, ORGANOGENE o FOSSILIFICHE se contengono al loro interno le parti dure di certi animali, come gusci o conchiglie.
METAMORFICHE: se si formano per un processo di metamorfismo. Le rocce si adattano alla situazione ambientale in cui vivono, ma la litosfera è in continuo movimento per cui può capitare che alcune rocce passino più in profondità dove le condizioni di pressione e temperatura sono diverse.
Per adattarsi alla nuova situazione le rocce mutano i minerali da cui sono formati.
Si può arrivare a capire che tipo di metamorfismo è avvenuto: se lieve, medio o forte.
Esistono anche rocce omogenee, formate in prevalenza da un solo minerale, come le rocce calcaree, formate quasi esclusivamente da calcite.
I MINERALI
Il Minerale è un composto o un elemento chimicamente ben definito e con una struttura cristallina. Le particelle che formano il composto si dispongono in modo orinato. La cella elementare, che è la parte più piccola con le stesse caratteristiche del composto, si ripete n volte nelle tre dimensioni dello spazio. Nei minerali la struttura cristallina si riflette nell’abito del cristallo, cioè nella sua forma macroscopica, se il cristallo durante la sua crescita non ha incontrato degli ostacoli.
Alcuni minerali sono composti ionici, mentre altri sono macromolecole. Nel quarzo succede che tutto il cristallo sia un’unica molecola, perché è formato da macromolecole di forma tetraedrica con all’interno il silicio e ai ertici l’ossigeno. Ma l’ossigeno deve legarsi, per raggiungere la stabilità, ad un’altra molecola formando così un unico blocco.
Esistono circa 2000 specie di minerali, ma alcuni si possono raggruppare in classi di simmetria perché hanno in comune appunto qualche elemento di simmetria.
Le classi di simmetria a loro volta sono divise in sistemi, che sono divisi in gruppi.
I minerali si possono riconoscere oltre che per la forma, per altre caratteristiche fisiche.
La DUREZZA, cioè la capacità di resistere a scalfitture o abrasione che dipende dalla forza dei legami presenti nella struttura. Si misura con una scala empirica ( di Mohs ) che presenta 10 termini.
La SFALDATURA, cioè la tendenza a rompersi lungo determinate superfici. Se il minerale è formato da elementi uniti con legami ionici avverrà una sfaldatura su determinati piani, se invece ci sono legami covalenti non avviene sfaldatura, ma frantumazione o in modo spigoloso o come nel vetro dando origine a forme concoidi.
La LUCENTEZZA è la misura del grado con cui il minerale riflette la luce; può essere metallica se assorbe la luce e il cristallo rimane opaco o non metallica se invece sono trasparenti alla luce.
Il COLORE: esistono dei metalli IDIOCROMATICI cioè che hanno un colore caratteristico e alcuni invece ALLOCROMATICI che assumono colorazioni diverse a causa o di imperfezioni a livello della struttura cristallina o alla presenza di impurezze, particelle di altri elementi imprigionate nel reticolo.
Con la tecnica dello striscio si ricava il colore originale; consiste nello strofinare il cristallo su una superficie ruvida al fine di ottenere la polvere che è sempre dello stesso colore.
La DENSITA’ che però dipende dalle condizioni di temperatura e pressione.
I minerali si formano in tempi molto lunghi e in determinati ambienti attraverso un processo chimico - fisico chiamato cristallizzazione. Questo può avvenire a seguito di un raffreddamento del magma che dà origine minerali diversi, o precipitazioni di soluti dalle soluzioni, o legati all’attività degli organismi viventi o per trasformazioni allo stato solido di materiali preesistenti.
In ogni momento il minerale è in equilibrio con l’ambiente che lo circonda, quindi studiando le caratteristiche dei minerali si risale a quelle dell’ambiente che lo circonda.
I minerali vengono classificati in base alla loro composizione chimica i otto classi:
- Silicati, che sono i più abbondanti in natura, formati da tetraedri con all’interno un atomo di silicio e ai vertici otto atomi di ossigeno;
- Elementi nativi, molto rari, come l’oro o il rame;
- Solfuri come la pirite;
- Ossidi e idrossidi come l’ematite;
- Alogenuri come il salgemma;
- Carbonati, come la calcite;
- Solfati come la barite e il gesso;
- Fosfati
I silicati più semplici sono formati da tetraedri separati dove l’ossigeno per stabilizzarsi si lega a ioni di ferro o magnesio o altri metalli del primo gruppo. Si chiamano NESOSILICATI e fanno parte di questo gruppo i minerali come l’OLIVINA, un silicato di ferro di magnesio, di origine magmatica e dal colore scuro; e il GRANATO che è un minerale accessorio, cioè che si può trovare all’interno di una roccia senza però essere determinante per la stessa.
Se i tetraedri si uniscono tramite ossigeni ponte con doppi legami covalenti con il silicio formando una catena, si creano gli INOSSILICATI che si dividono in PIROSSENI se formati da una semplice catena e in ANFIBOLI se formati da due catene legate lateralmente.
Gli ossigeni liberi si legano con ioni di metalli o nel caso degli anfiboli anche con ioni ossidrile.
Si hanno i FILLOSILICATI se invece più catene sono legate tra loro da legami covalenti ossigeno-silicio, come nel caso delle MICHE, che sono minerali che si sfaldano facilmente perché i legami che uniscono le varie catene sono deboli.
Nei TETTOSILICATI i tetraedri sono saldati tra loro con tutti e quattro i vertici formando una struttura compatta. Nei FELDSPATI alcuni atomi di silicio sono sostituiti da atomi di alluminio, per questo il nome di ALLUMINOSILICATI, come l’ORTOCLASIO nel granito.
I PLAGIOCLASI sono isomorfi cioè hanno la stessa struttura pur essendo chimicamente diversi. Sono miscele di ALBITE che contiene ioni sodio e ANORITE che contiene ioni calcio.
LE ROCCE
Petrologia: studio delle rocce che costituiscono lo strato superficiale della Terra e il processo di formazione delle stesse finalizzato a risalire alla formazione del terreno in cui si sono formate.
Petrografia: si occupa della descrizione delle rocce.
Le rocce continentali vengono studiate dove affiorano, perché solitamente sono ricoperte da suolo, formato da materiale di origine rocciosa, frammenti della roccia madre, e di natura organica.
La diversità tipi di suolo dipende dalla roccia madre, e il suolo differente a sua volta provocherà formazione di vegetazione diversa.
Il primo studio avviene sul terreno per determinare il colore, la durezza, la struttura, poi si raccolgono campioni che vengono portati in laboratorio per fare analisi di tipo fisico o chimico.
Con il microscopio a luce polarizzata, attraverso onde elettromagnetiche che vibrano su uno stesso piano, si possono riconoscere i vari tipi di minerali in base alla loro reazione alla luce.
Con l’analisi chimica si arriva alla composizione dei singoli minerali e con la diffrazione a raggi x si può vedere la struttura.
Le rocce magmatiche derivano dal raffreddamento del magma che deriva dalla fusione in profondità o di parti di crosta o di mantello. I componenti sono quindi minerali fusi e componenti volatili, cioè gas presenti all’interno delle rocce. Il magma primario è quello che deriva dalla fusione del mantello ed è basico, mentre quello secondario o di anatessi deriva dalla fusione della crosta ed è acido.
Il magma tende a salire verso la superficie terrestre aiutato dai gas e se trova spaccature nella crosta fuoriesce sotto forma di colate di lava e solidifica dando origine a rocce magmatiche effusive.
Se invece si solidifica all’interno della crosta si formano rocce magmatiche intrusive. Dove trova spaccature laterali il magma si insinua formando rocce filoniane o ipoabissali, che assomigliano di più alle intrusive per formazione, ma alle effusive per la struttura.
Le rocce intrusive si formano a elevate temperature che diminuiscono lentamente e a grandi pressioni, favoriti dalla presenza di gas che rendono più fluido il magma migliorando il processo di cristallizzazione. Ad ogni temperatura cristallizza un determinato minerale e il raffreddamento lento favorisce la formazione di tutti i tipi di minerali.
La struttura sarà quindi granulare cristallina e oro cristallina perché ci sono cristalli di tutti i tipi e della stessa dimensione.
Alla temperatura di 650°C tutti i minerali si sono formati, ma ci vogliono temperature inferiori per formare cristalli particolari derivati dalla solidificazione dei componenti volatili.
Questi costituiscono i giacimenti perché si depositano tra le altre rocce.
Rimangono solo soluzioni acquose calde che se trovano uno sfogo escono dando origini alle terme.
Le rocce effusive si formano dopo l’eruzione della lava che a differenza del magma non ha al suo interno i componenti volatili perché questi si liberano per primi. Queste rocce si formano quindi a seguito di uno sbalzo brusco della temperatura (da circa 1000°C a 20°C) perciò i cristalli fanno fatica a formarsi (fenocristalli), mentre gli altri si formano in frammenti, dando origine a una struttura porfirica o addirittura vetrosa (ossidiana).
Le rocce possono essere classificate in base alla composizione chimica dei magmi.
I minerali fondamentali che caratterizzano il tipo di roccia magmatica sono i silicati che si dividono in SIALICI se contengono silicio e alluminio, sono chiari e leggeri, e FEMICI che contengono ferro e magnesio e perciò sono scuri e pesanti.
Tra i sialici si trovano il quarzo, i feldspati, i plagioclasi e i feldspatoidi, mentre tra i femici si trovano la mica nera (biotite), anfiboli, olivina, pirosseni.
Accanto a questi si possono trovare altri minerali accessori come il granato e la tormalina.
Le roccia deriva da un tipo di magma e può essere acida, neutra, basica o ultrabasica in base alla quantità di silicati presenti.
Se si ha il 65% di silicati si ha una roccia acida, leucocrate (chiara) e leggera (p. specifico 2,7g/cm3):
un esempio e il granito come roccia intrusiva e il porfido o riolite o liparite come effusiva.
Se contengono tra il 65% e il 52% di silicati sono neutre, più scure (mesocrate) e più pesanti: come le dioriti (intrusive) e le andesiti (effusive).
Se contengono meno del 52% sono basiche, melanocrate (scure) e con un peso specifico di 3,3 g/cm3. Come i gabbri (intrusive) e i basalti (effusive).
Le rocce che contengono meno del 45% sono ultrabasiche o ultrafemiche come le peridotiti.
Queste rocce appartengono alla serie normale o alcalicalcica cioè che contengono ioni di calcio, ferro e magnesio.
Una serie meno diffusa è quella alcalina nella quale si ritrovano ioni di sodio e potassio. Fanno parte di questa serie le siniti (intrusive) e le trachiti (effusive) che sono neutre. Una roccia basica effusiva è invece la leucocite che contiene grossi cristalli bianchi di leucite.
Le rocce magmatiche più abbondanti sono quelle acide, le batoliti granitiche e i basalti che formano la crosta oceanica.
Il magma di anatessi da origine principalmente a rocce intrusive, perché è piuttosto viscoso essendo formato da rocce sialiche fuse e intrusioni di solide di cristalli femici che hanno bisogno di temperature più alte per fondere. Il magma rimane in profondità dando origine a batoliti per di più granitiche.
Il magma primario invece è più fluido perché al suo interno tutte le rocce sono fluide e sono presenti componenti volatili. Se la risalita è lenta o tappe il magma si trova in ogni momento in situazioni di temperatura e pressione diverse e avviene il fenomeno della differenziazione dovuta ad una cristallizzazione frazionata dei diversi minerali. Questo significa che ad una certa temperatura si separano dal fuso quei minerali femici con punto di fusione alto. La parte rimasta viene separata e si differenzia in senso acido e darà origine a rocce acide o neutre di non grandi dimensioni.
Avvengono perciò una serie di reazioni all’interno del fuso: si formano prima i minerali femici come l’olivina che ad un certo punto non sarà più stabile e reagirà con gli elementi del fuso per dare altri minerali come i pirosseni. La roccia finale è basica se non si perde il contatto con i componenti femici, se no sarà acida. Questa serie di reazioni prende il nome di serie di Bowen e spiega l’ordine di cristallizzazione dei femici e dei plagioclasi.
La temperatura e la pressione aumentano con la profondità fino al nucleo che ha la temperatura di 4000°C. Misurazioni dirette nella crosta hanno permesso di scoprire che la temperatura aumenta di 3°C ogni 100 m.
La pressione aumenta perché più si scende aumenta il peso della massa sovrastante.
La pressione si oppone alla fusione del nucleo perché a pressioni diverse si hanno punti di fusione diversi.
Il magma si forma quando si raggiungono determinate condizioni di temperatura e pressione tali da favorire la fusione.
Nel mantello superiore si arriva a queste condizioni perché il mantello, che è formato da un fluido molto viscoso, è percorso da cicli convettivi che portano la materia più calda e leggera verso l’alto. Con questa materia salgono anche i vapori che facilitano la fusione.
La materia passando da pressioni più alte a pressioni più basse va incontro a fusione.
Le rocce sedimentarie sono solo il 5% della composizione globale della terra e compongono la parte più superficiale. Si formano quindi sulla superficie terrestre, hanno un’origine esogena, in condizioni di bassa temperatura e pressione. Sono piuttosto eterogenee e hanno origine nella sedimentazione di materiali che in un tempo geologico subiscono un processo di diagenesi, cioè il materiale è soggetto a una serie di trasformazioni, che portano con la litificazione alla formazione della roccia compatta.
La sedimentazione avviene in varie fasi: la prima è la copertura, cioè del nuovo materiale ricopre quello già presente esercitano una pressione che permette la seconda fase, cioè la compattazione.
Avviene poi la cementazione dovuta alla presenza di soluzioni acquose che hanno all’interno sali che si depositano sui frammenti costituendo un cemento chimico. I più abbondanti sono la calcite (carbonato di calcio) e la selce (biossido di silicio). Le ultime fasi sono la ricristallizzazione e la metasomatosi.
A volte può accadere che nei calcari, rocce omogenee formate da calcite, in ambienti marini alcuni ioni magnesio, che assomigliano per grandezza e carica agli ioni calcio, si mettano al posto degli ioni calcio dando origine ad un dolomite. In questo caso non si ha più un calcare ma per metasomatosi si avrà una dolomia.
Il materiale che si sedimenta per dare origine a questo tipo di roccia è eterogeneo: sia avranno rocce clastiche se si sedimentano frammenti di roccia staccati dagli agenti esogeni e rimossi dal vento o dall’acqua e trasportati anche lontano dalla roccia madre, oppure portati a valle dalla forza di gravità a formare i detriti di falda; rocce organogene o biogene se la loro formazione è legata alla presenza degli organismi viventi; rocce chimiche se si sedimenta un materiale che è un soluto che abbandona una soluzione per motivi come la variazione di temperatura o pressione.
Le rocce clastiche si classificano attraverso la dimensione dei frammenti e dal fatto che questi siano incoerenti o cementati tra loro.
Se l’80% dei frammenti ha diametro superiore a 2 mm avremo rocce PSEFITI o RUDITI che si distinguono in GHIAIE se incoerenti o CONGLOMERATI se cementate.
I conglomerati poi possono essere BRECCE se i frammenti sono spigolosi o PUDDINGHE se sono arrotondati. La forma ci dà l’idea della lontananza dalla roccia madre.
Si chiamano MONOGENICI i conglomerati i cui frammenti hanno la stessa origine e POLIGENICI se hanno origini diverse.
Se l’80% dei frammenti presenti nella roccia ha diametro compreso tra 2 mm e 1/16 mm si hanno PSAMMITI o ARENITI che sono SABBIE se incoerenti e ARENARIE se cementate. Le sabbie possono essere quarzose, feldspatiche o litiche (con diversa composizione).
Se i frammenti sono più piccoli di 1/16 mm si hanno i PELITI o LUTITI che si dividono in SILT e SILTITI oppure in ARGILLE (incoerenti) e ARGILLITI (compatte).
Tra le rocce sedimentarie si trovano anche rocce miste come il flysch che si forma in un ambiente particolare. Sotto l’Oceano il continente continua con la piattaforma continentale profonda fino a 200 m. che poi scende con la scarpata continentale fino alla crosta oceanica che si trova a 3,8 Km di profondità.
Sulla piattaforma giungono sedimenti trasportati dai fiumi per di più di materiale incoerente.
In alcuni periodi questi frammenti cadono lungo la scarpata creando le correnti di torbida; arrivano al fondale prima i detriti più grossi (sabbie) e poi quelli più piccoli (silt e argilliti).
Si formano quindi TORBIDITI per la sedimentazione a struttura stratificata dell’arenaria sotto e delle argilliti sotto.
I CALCARI AUTOCTONI sono quelle rocce calcaree che rimangono nello stesso posto in cui si sono formate e che danno origine a frammenti per erosione che poi vengono allontanati da agenti esogeni. Questi frammenti per diagenesi danno origini a rocce calcaree ALLOTTONE.
Queste si dividono in CALCIRUDITI se i frammenti sono grossi, CALCARENITI se sono più piccoli e CALCILUTITI se sono piccoli.
La MARNA è una roccia formata da calcare o di origine chimica o detritica e argillite. A seconda di quale componente prevale si chiamano CALCARI MARNOSE o MARNE ARGILLOSE.
Le rocce piroclastiche derivano dalla sedimentazione dei frammenti solidi eruttati da vulcani che prima di tornare attivi subiscono delle esplosioni.
I frammenti che subiscono la diagenesi sono quindi di origine magmatica.
Ricordiamo i TUFI che sono formati da frammenti piccoli.
Rocce organogene hanno un’origine legata agli organismi viventi e vengono classificate in:
CALCARI ORGANOGENI
SELCE
FOSFORITI
ROCCE COMBUSTIBILI : carboni fossili e idrocarburi.
I calcari organogeni sono dovute all’azione diretta o indiretta degli organismi viventi.
L’azione diretta avviene in luoghi acquosi dove vivono organismi dotati di gusci che dopo la morte si depositano sul fondo. I gusci vanno incontro a diagenesi formando un calcare di accumulo o BIOSTROMA. Per esempio il MARMO ROSSO di Verona formato dai gusci di ammonite e la SABBIA A GLOBIGERINE o CRAIE formata invece da gusci di protisti foraminiferi.
I CALCARI COSTRUITI o BIOERME sono sempre dovuti ad azioni dirette ma dei coralli , celenterati coloniali che secernono una sostanza che costituisce una roccia calcarea. La stessa cosa vale per le cozze.
L’azione indiretta è dovuta all’azione delle alghe del fitoplancton . Le alghe fanno la fotosintesi e sfruttano l’anidride carbonica presente nell’ambiente acquoso. Il carbonato se non è a contatto con CO2 è poco solubile e quindi precipita formando rocce calcaree. Questi sono i calcari che a uno stadio avanzato della diagenesi possono dare origine alle dolomie per metasomatosi.
La SELCE è una roccia costituita da biossido di silicio che si origina in ambiente marino dove ci sono dei vulcani.
Esistono organismi viventi che fissano il biossido di silicio che è presente nei vapori vulcanici e quando muoiono la parte silicea rimane sul fondo dando origine a rocce RADIOLARITI se gli organismi erano protisti radiolari, SPONGOLITI se erano spugne, DIATOMITI se erano diatomee.
Le diatomee possono creare con altre specie delle farine fossili chiamate TRIPOLI.
La selce si può trovare abbinata alle rocce calcaree o tra uno strato e l’altro o come noduli se si sono formate in profondità contemporaneamente al calcare.
Le FOSFORITI si formano per diagenesi delle ossa o altri elementi contenenti fosforo. Il GLIANO è l’accumulo di escrementi di uccelli.
Le ROCCE COMBUSTIBILI sono ricche di carbonio che reagisce con l’ossigeno liberando energia sotto forma di calore.
I CARBONI FOSSILI sono la TORBA, la LIGNITE, la LITANTRACE e l’ANTRACITE che è originata per metamorfismo.
Si formano in un ambiente particolare: dove le acque sono poco profonde e sono salmastre e il fondo è dotato di moto di subsidenza cioè di rapido abbassamento.
Sul fondo si depositano resti vegetali che possono essere ricoperti da sedimenti di origine continentale trasportati dai fiumi. Si crea così un ambiente anaerobio dove operano microrganismi anaerobi come il battere micrococcus carbo che trasforma il materiale vegetale attraverso la fermentazione. Vengono allontanati l’ossigeno e l’idrogeno arricchendo indirettamente il materiale di carbonio.
I fattori più importanti per stabilire la condizione del carbone è il tempo e la pressione. La pressione è sia quella litostatica sia quella laterale esercitata durante l’orogenesi. Anche il tipo di materiale vegetale iniziale è importante.
Se aumenta la quantità di carbone nell’antracite si ha la grafite.
Gli IDROCARBURI formano la miscela che costituisce il petrolio. La composizione chimica può essere semplice come nel caso del metano o sempre più complessa contenente anche anelli tra cui il benzene.
Sono AROMATICI gli idrocarburi contenenti il benzene e ALIFATICI quelli che non lo contengono.
Le caratteristiche fisiche degli idrocarburi sono la composizione viscosa del liquido, l’odore agliaceo e il colore verde-bruno.
Per quanto riguarda l’origine esistono due teorie:
- origine organogena: gli idrocarburi sono formati per fermentazione operata da organismi anaerobi su materiale organico ricco di lipidi e quindi non solo vegetale. Questo è provato dal fatto che i grandi giacimenti si trovano dove ci sono rocce sedimentarie contenenti resti di organismi. Inoltre grazie all’analisi chimica si è scoperto che gli idrocarburi contengono le PORFIRINE, molecole organiche formate da un anello di carbonio, che si trovano sia nell’emoglobina che nella clorofilla.
- origine abiotica: gli idrocarburi si sono formati in seguito a reazioni chimiche tra minerali di diverse rocce. Questo perché si sono trovati giacimenti in rocce magmatiche e metamorfiche e si trovano tracce di idrocarburi nelle condriti carbonacee e presenza di metano nell’atmosfera dei pianeti del Sistema Solare e nel materiale interstellare.
Le condriti carbonacee sono meteoriti cioè frammenti di comete. Le comete formate da ghiacci e frammenti rocciosi che passando vicino al sole a causa della sublimazione diventano luminosi e perdono pezzi di roccia che possono incrociare le orbite dei pianeti. Se il pianeta passa vicino ai frammenti questi vengono attratti verso la superficie e sono meteore se si dissolvono passando attraverso l’atmosfera e meteoriti se arriva anche della materie. Le condriti ( condros= sfera) carbonacee ( che contengono composti del carbonio) sono prove a supporto dell’origine non organogena degli idrocarburi.
Rocce chimiche: si formano o per precipitazione di soluti o per alterazione di rocce preesistenti .
Il carbonato di calcio è poco solubile se non c’è anidride carbonica ma la sua solubilità dipende dalla quantità di anidride carbonica dalla pressione dalla temperatura e dalla variazione di ph.
L’evaporazione del solvente fa diventare satura la soluzione e porta la precipitazione del soluto.
In ambiente ipogeo l’acqua porta in soluzione il calcare delle rocce in profondità.
Nella parte superiore prevale l’azione di riempimento: la goccia d’acqua che cade deposita carbonato di calcio sia sul soffitto che sul pavimento. Altre rocce chimiche si formano per deposizione in corrispondenza di sorgenti dove cambiano rapidamente le condizioni di pressione e temperatura. Si forma il TREVERTINO, roccia porosa perché il carbonato può inglobare foglie o impurità.
Un calcare chimico, l’OOLITICO è formato da tante uova di carbonato di calcio depositato intorno a granelli di sabbia in modo concentrico. Si formano quanto le acque fredde che contengono carbonato di calcio si uniscono alle acque calde che hanno sedimenti in sospensione. La solubilità del carbonato diminuisce e questo si deposita sul fondo insieme ai sedimenti.
Derivano da precipitazione chimica anche alcune rocce silicee, selci chimiche, che si formano o sul fondo del mare per precipitazione di biossido di silicio o in corrispondenza di sorgenti termali di origine vulcanica.
Le EVAPORITI invece si formano per evaporazione del solvente di una soluzione. Questo avviene in ambiente marino e dopo l’evaporazione si depositano i sali in ordine di solubilità: calcite e dolomite, gesso, anidrite, salgemma, silvite e carnallite.
Esistono poi le ROCCE RESIDUALI che si formano per alterazioni in sito di rocce preesistenti.
In particolare in un clima tropicale, caldo umido, la rocce reagiscono con i gas dell’atmosfera e allontanano il silice in soluzione e altri elementi come il magnesio, il calcio, il sodio e il potassio lasciando una roccia ricca di ferro e alluminio, perciò rossastra, chiamata LATERITE.
Una ulteriore alterazione della laterite porta alla formazione della BAUXITE, usata per l’estrazione dell’alluminio metallico.
Per disgregazione di rocce si hanno i suoli e per alterazione degli alluminosilicati si formano le ARGILLE CAOLINICHE che contengono CAOLINO importante per la fabbrica delle porcellane.
Le rocce metamorfiche : il metamorfismo è l’adeguamento della roccia a cambiamenti di temperature e pressioni più elevate rispetto all’ambiente di formazione.
Nella roccia cambia il reticolo cristallino e avvengono reazioni chimiche tra i vari minerali e grazie a queste la roccia si ritrova in una situazione di equilibrio con il nuovo ambiente.
La componente chimica globale della roccia comunque non cambia.
Importanti sono i minerali indice, minerali per i quali sono stati studiati gli intervalli di temperatura e pressione di formazione, grazie a queste presenze possiamo risalire al grado di metamorfismo e all’ambiente dove è avvenuto il processo, per ricostruire i movimenti delle rocce in profondità.
Le rocce metamorfiche presentano una struttura formata da letti paralleli di minerali detta STRUTTURA SCISTOSA. Se la temperatura aumenta ulteriormente si perde questa struttura per un aspetto granulare.
Per quanto riguarda le argille per metamorfismo danno origine nel grado basso alle FILLADE, nel medio grado al MICASCISTO e al grado alto allo GNEISS.
Un grado ulteriore è l’ultrametamorfismo che porta a temperature più elevate al processo di anatessi.
La diorite origina lo GNEISS DIORITICO, il calcare il MARMO SACCAROIDE e l’arenaria quarzosa la QUARZITE.
Esiste anche un metamorfismo di contatto che avviene in prossimità della formazione delle rocce magmatiche, perché il calore provocato dal magma attiva il processo di metamorfismo delle rocce circostanti. E’ detto dinamico il metamorfismo che avviene per un aumento di calore dovuto all’attrito provocato dalle rocce che scivolano una sull’altra.
LA COSTITUZIONE DELLA TERRA
Noi conosciamo la costituzione della Terra attraverso esperienze dirette fino a 10-12 Km e attraverso esperienze indirette grazie alla sismologia e allo studio della densità media della Terra.
Le onde sismiche ci permettono un’indagine sulle caratteristiche meccaniche dei diversi materiali che compongono la Terra.
La parte più esterna è la crosta che è allo stato solido composta da rocce.
Dalla parte più esterna a profondità maggiore c’è un brusco cambiamento nelle onde sismiche che diventano più veloci, che indica il passaggio dalla crosta al mantello.
Tra la crosta e il mantello c’è una superficie di discontinuità detta di Mohovicic o di Moho che non è una struttura reale, ma è una superficie dove vengono a contatto diversi materiali con diverse caratteristiche meccaniche.
A 2900 Km il mantello è separata dal nucleo attraverso la superficie di discontinuità detta di Gutemberg.
Il mantello è compreso quindi tra due superfici di discontinuità. I materiali di cui è composto sono più rigidi rispetto quelli della crosta. Per rigido si intende la resistenza alle deformazioni.
Più si scende in profondità più aumenta la pressione, la temperatura, la densità e cambia la composizione chimica. La temperatura aumenta nel mantello diversamente che nella crosta dove esiste un gradiente geotermico per cui la temperatura aumenta di 3° ogni 100 metri.
Nel mantello non è sempre costante questo gradiente perché se si è vicini ad un bacino magmatico la temperatura aumenta notevolmente.
La temperatura nella parte superiore del mantello è dell’ordine di qualche centinaio di gradi, mentre nel nucleo arriva fino a 3000°.
Anche la pressione aumenta con la profondità e passa da pochi Kbar sotto la superficie di Moho a 1400 Kbar in corrispondenza del nucleo.
La densità varia dalla Moho dove è circa 3,3 g/cm3 fino ai 5,6 g/cm3vicino al nucleo.
Anche per quanto riguarda la densità, non è sempre costante in tutto il mantello ma ci sono delle zone di discontinuità.
Tra la profondità di 70 Km e di 270 Km si ha una parte di mantello meno rigida rispetto le altre forse collegata ad una parziale fusione, che prende il nome di ASTENOSFERA (zona di debolezza).
La parte del mantello sopra l’astenosfera insieme alla crosta forma la LITOSFERA, che è presente sia sotto la crosta oceanica sia sotto la crosta continentale, anche se si trova più in profondità.
A profondità maggiori ci sono altre discontinuità, sia a 400 km che a 700 km dove non c’è una superficie ma dei cambiamenti di fase, cioè gli stessi elementi chimici cambiano struttura e formano composti diversi stabili alle nuove condizioni di pressione e temperatura.
A 400 km i silicati più abbondanti (olivina e pirosseni) si organizzano per dare silicati più compatto che sono gli SPINELLI; a 700 km si trovano gli ossidi.
Da 700 km a 2900 km si ha il mantello inferiore che è omogeneo, ma dove la temperatura e la pressione sono in continuo aumento.
La composizione chimica del mantello si può avere tramite dati raccolti in laboratorio dove si studia il comportamento delle onde sismiche in materiali simili a quelli del mantello.
Nei magmi primari si trovano frammenti solidi di minerali ultrabasici chiamati in generale XENOLITI e che ci fanno capire che il mantello è formato prevalentemente da materiale basico tendente a ultrabasico.
Per quanto riguarda il nucleo le nostre conoscenze si basano su ipotesi. La sua temperatura varia dai 3000° ai 4000° circa, la pressione arriva fino a 3600 Kbar e la densità nella parte interna è ipotizzata essere di circa 13 g/cm3. Sempre grazie allo studio delle onde sismiche il nucleo è stato diviso in due parti: una più esterna che si comporta da fluido e una più interna che si comporta da solido divise dalla discontinuità di Lehmann.
Per quanto riguarda la composizione chimica si è ipotizzata di metallo, più probabile una lega di ferro e nichel con una percentuale di silicio di zolfo.
Questa miscela ci dà la densità richiesta e ci spiega la presenza di un campo magnetico terrestre o geomagnetico, soprattutto per la presenza di ioni in movimento nella parte fluida del nucleo.
La Terra è un corpo relativamente caldo che irraggia continuamente calore sotto forma di flusso termico. Questo risulta essere irrilevante se si valuta la quantità di calore irraggiata nell’unità di tempo, ma diventa notevole se il tempo calcolato risulta più lungo.
Il problema è stabilire l’origine di questo calore. Una prima ipotesi ritiene che questo è il residuo del calore primitivo della Terra. La Terra si è formata per aggregazione di piccole masse che hanno convertito la loro energia cinetica in calore che si è accumulato nel corpo più grosso. La Terra ai primordi era tanto calda da essere fusa, poi si è lentamente raffreddata e i materiali più leggeri sono saliti in superficie dando origine alla crosta mentre i più pesanti hanno formato il nucleo, mantenendo all’interno del calore. Ma questo calore non basta a compensare quello disperso dalla Terra, che si è scoperto derivare anche dal decadimento radioattivo.
Esistono materiali radioattivi, radioisotopi che hanno un rapporto di neutroni e protoni molto maggiore a 1 e perciò hanno nucleo instabile.
Per raggiungere la stabilità si trasformano in un altro elemento emettendo radioattività.
Le rocce acide della crosta continentale contengono più radioisotopi di quelli della crosta oceanica, ma il flusso di calore è lo stesso; questo dipende dai cicli convettivi presenti nel mantello che portano calore alla crosta oceanica.
Il CAMPO GEOMAGNETICO si genera nella parte fluida del nucleo. Con il passare del tempo questo campo ha subito dei cambiamenti dovuti a inversione di polarità.
Il PALEOMAGNETISMO consente lo studio del magnetismo residuo presente in alcune rocce. Le rocce che più contengono queste informazioni sono le rocce magmatiche e quelle sedimentarie. Le rocce magmatiche contengono a volte dei mirali di ferro come la MAGNETITE un minerale che ha una certa suscettività magnetica , cioè si orienta come se fosse una calamita. Quando il magma solidifica, questi cristalli vengono imprigionati e si comportano come se fossero magneti e quindi ognuno genera un proprio campo magnetico che si sovrappone a quello terrestre.
Lo stesso avviene nelle rocce sedimentarie. Allo stadio di rocce incoerenti alcuni frammenti di magnetite libera di muoversi si orienta come una calamita e viene imprigionata quando la roccia si cementa.
Prelevando campioni di roccia in diverse parti si è calcolata una possibile età del campo magnetico che risale a circa 3,5 miliardi di anni. Inoltre prelevando campioni in continenti differenti si è notato che le magnetiti indicano posizioni diverse dei poli magnetici anche in rocce della stessa età.
Questo può essere spiegato o ammettendo che i poli magnetici si muovono con il passare del tempo, ma questo è impossibile, oppure ammettendo che si muovano i continenti.
Il campo geomagnetico ha subito dei cambiamenti di polarità, prendendo in esame gli ultimi 5 milioni di anni si è costruita una successione di ere in cui il campo magnetico ha cambiato polarità.
Si è costruita quindi una SCALA STRATIGRAFICA PALEOMAGNETICA attraverso lo studio di campioni di rocce raccolte in diversi punti e di diverse età.
Queste rocce sono successivamente datate o con un metodo relativo (in relazione ad altre rocce) o con un metodo assoluto (attraverso l’utilizzo di C14 o altri radioisotopi che hanno il periodo di dimezzamento più lungo).
Dopo averle datate sono state sistemate in ordine di età a formare una scala e si è scoperto che gli ultimi 5 milioni di anni sono divisibili in 4 epoche per quanto riguarda l’inversione magnetica.
Il paleomagnetismo verrà utilizzato anche per spiegare l’espansione dei fondali oceanici.
La crosta oceanica e quella continentale si differenziano per molte caratteristiche tra le quali la composizione , ma anche per il livello medio: la crosta oceanica inizia ad una profondità di 3,8 Km, mentre nelle terre emerse ci sono zone poco estese superiori a 800 m. come sono poco estese le zone depresse della crosta oceanica (fosse oceaniche).
Inoltre le due croste hanno diversità di età: la crosta continentale è formato da rocce di tutte le età e con più di quattro miliardi di anni, mentre la crosta oceanica è formata da rocce che hanno al massimo 190 milioni di anni, perché le più antiche sono tornate nel mantello.
Le zone centrali del continente sono formate da CRATONI costituiti da rocce magmatiche e metamorfiche molto vecchie. I cratoni si dividono in SCUDI caratterizzati dall’assenza di copertura sedimentaria dovuti alla mancanza di immersione della zona nell’oceano e TAVOLATI che hanno una copertura sedimentaria.
Le zone di formazione recente sono quelli di OROGENESI o CATENE MONTUOSE.
La crosta appoggia sul mantello ed è con questo in equilibrio isostatico, lo stesso equilibrio che c’è fra tra il mare e un iceberg e tra mere e una barca.
Esiste un movimento della crosta in senso verticale, cioè se una porzione di litosfera si appesantisce allora sprofonda nel mantello, se invece diventa più leggera allora si solleva rispetto al mantello.
La litostasia è stata studiata nel 1800, mentre agli inizi del 1900 nascono le prime teorie mobiliste presuppongono uno spostamento anche in senso orizzontale delle masse continentali.
Le conoscenze sull’interno della terra erano molto scarse e ci si basava su un modello ideato dallo studioso australiano Sues che prevedeva una zona chiamata NIFE (nichel e ferro ) che era il nucleo, una zona SIMA (silicio e magnesio) che rappresentava il mantello e una zona detta SIAL (silicio e alluminio) che è la crosta.
Secondo questo modello la crosta era frammentata e rappresentata solo dai continenti che erano a diretto contatto con il mantello.
La teoria mobilista che avrà più fortuna e che si basa su questo modello è la teoria sulla DERIVA DEI CONTINENTI di Wegener del 1915.
Esiste una SCALA STATISFERICA GENERALE che è stata costituita studiando e datando diversi campioni di rocce e che suddivide i 4,6 miliardi di anni della Terra in ERE e le stesse in PERIODI.
L’era più lunga e la meno conosciuta è la PRECAMBRIANA o ARCHOEZOICA che dura circa 4 miliardi di anni; da 570 milioni di anni a 245 milioni di anni abbiamo l’era PALEOZOICA che è più conosciuta ed è quindi divisa in periodi: Cambriano, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano, Carbonifero e Permiano. Da 245 a 65 milioni di anni abbiamo l’era MESOZOICA divisa in Triassico, Giurassico e Cretaceo; Da 65 a 1.8 c’è l’era CENOZOICA divisa in : Paleocene, Eocene, Oligocene, Miocene e Pliocene. L’ultima è l’era Neozoica che comprende il Pleistocene e l’Olocene.
Secondo la teoria di Wegener nell’era mesozoica i continenti erano uniti a formare un unico continente, la PANGEA e esisteva un unico oceano, la PANTALASSA.
Poi la pangea si divide in due blocchi uno a nord e uno a sud e si crea un oceano in mezzo, TETIDE, antenato del Mar Mediterraneo.
I due supercontinenti poi si separeranno dando origine agli attuali continenti : a nord l’Eurasia e l’America del Nord e a sud il Sud America, l’Africa, l’Oceania, l’India e l’Antartide.
Secondo la teoria della deriva dei continenti lo smembramento dei grandi continenti è dovuto alla rotazione della Terra. Tale rotazione avviene da ovest verso est, per cui i continenti sono andati alla deriva verso ovest scivolando come zattere sul mantello.
Per invece la forza centrifuga si è avuta la deriva verso l’equatore.
Questa è la parte più debole della teoria, mentre molto importante è la ricerca e gli studi portati avanti da Wegener e che sono la prova di parte della teoria.
Esiste veramente una complementarità di forme a livello della piattaforma continentale dei vari continenti che fa supporre una possibile unità primitiva. Inoltre se si uniscono i continenti si trovano dati che riguardano l’identità geologica, per esempio stesso tipo di rocce, catene montuose che continuano e presenza della stessa qualità di fossili.
A sostegno della teoria ci sono poi argomenti paleoclimatici, legati alla presenza di TILLITI (morene) in zone equatoriali, che indicano la presenza del continente a latitudini più basse dove sonno presenti i ghiacciai.
Con la sua teoria Wegener cerca di spiegare anche il fenomeno dell’orogenesi: le catene montuose sono parallele o ai meridiani o ai paralleli. Il corrugamento della crosta a ovest dovuta alla rotazione avrebbe portato la formazione delle catene parallele ai meridiani, mentre il corrugamento a nord dovuto alla forza centrifuga avrebbe portato all’orogenesi parallela ai paralleli.
Nel 1929 viene pubblicata l’ultima edizione dell’opera di Wegener nella quale anche lui è critico verso la sua teoria: crede in base agli ultimi studi, che la forza che provoca la deriva dei continenti e l’orogenesi dipende dai moti convettivi presenti nel sima dovuta alla differenza di temperatura.
Negli anni ’60 avvengono importanti scoperte grazie alla costruzioni di navi con laboratori che fanno crociere oceanografiche con lo scopo di studiare i fondali marini, fare misurazioni, prelevare campioni e analizzarli. Si scopre prima di tutto che i fondali non sono piatti, ma movimentati ed inoltre sono attivi, nel senso che ci sono fenomeni sismici e vulcanici.
Si ritrovano due strutture tipiche dei fondali oceanici che sono le DORSALI OCEANICHE e le FOSSE ABISSALI.
Le dorsali sono strutture sopraelevate rispetto il fondale oceanico, che formano un sistema continuo che attraversa quasi tutti gli oceani. Le dorsali sono larghe circa un migliaio di Km e elevate di circa 2-3 Km rispetto al fondale.
In alcuni punti la dorsale può emergere in superficie come nel caso dell’Islanda.
Le dorsali si presentano frammentate, ci sono faglie che tagliano la struttura e si possono muovere in modo orizzontale. Nella parte più alta si presenta una fossa tettonica, cioè un sistema di faglie.
Le faglie sono spaccature che interessano formazioni rocciose, la litosfera o strati sedimentari.
Se le rocce sedimentarie sono sottoposte a forze distensive, in un primo momento la roccia risponde in modo elastico più o meno in base al tipo di roccia, alla forza...Quando finisce di deformarsi avviene una spaccatura secondo un piano inclinato detto PIANO DI FAGLIA. Le due parti che si creano sono le LABBRA della faglia: la parte superiore prende il nome di TETTO mentre quella inferiore di LETTO.
L’entità verticale dello spostamento di una parte rispetto all’altra è chiamata RIGETTO di faglia.
Se le forze sono estensive la faglia è DIRETTA e il tetto scorre in una parte inferiore rispetto al letto. Se invece la forza è comprimente le rocce rispondono in modo plastico fino a che non avviene la spaccatura che forma una faglia detta INVERSA e il letto scorre sotto il tetto.
Una fossa tettonica è formata da due sistemi di faglie dirette sospesi tra PILASTRI, zone più sollevate che fiancheggiano la fossa.
Il flusso termico a livello delle dorsali è elevato, l’emissione di magma basico è continuo. Arrivato in superficie raffredda immediatamente dando origine alla PILLOW lava che viene stirata e rotta.
Avvengono inoltre terremoti con un ipocentro piuttosto superficiale.
Le dorsali si formano sopra due rami ascendenti dei moti convettivi che avvengono nel mantello. Il materiale del mantello sale verso la superficie, qui incontra una pressione minore che favorisce al fusione. Si forma così un magma primario che dà origine alle lave a cuscino che vengono subito rotte mantenendo attiva la faglia.
Il materiale che non arriva alla superficie ritorna nel mantello formando due rulli che spostano la litosfera da entrambe le parti stirando la lava.
A livello della dorsale viene quindi costruita la nuova litosfera oceanica.
Ci sono zone in cui la litosfera torna nel mantello, a livello delle fosse oceaniche dove avviene la subduzione della litosfera.
Le fosse sono zone depresse fino a 10 Km dovute all’abbassamento del fondale tra due sistemi paralleli di faglie disposte a gradinata.
Il flusso termico è basso e l’attività vulcanica avviene parallelamente alla faglia ed è di tipo andesitico, cioè con un vulcanismo neutro.
Una parte della litosfera scorre sotto un’altra e torna nel mantello; qui va incontro ad un processo di metamorfismo e di anatessi. Si forma un magma neutro-acido che risale alimentando un ARCO VULCANICO (se esce in superficie) o ARCO MAGMATICO (se rimane nella crosta) non in corrispondenza della faglia, ma nelle vicinanze.
L’attività sismica avviene con un ipocentro che diventa più profondo man mano ci si allontana dalla faglia. La profondità massima raggiunta è 7820 Km. Unendo gli ipocentri alle varie profondità ci si accorge che sono disposti lungo un piano inclinato, chiamato SUPERFICIE DI BENIOFF, lungo la quale avviene la subduzione.
Il caso del Giappone è particolare: è un arcipelago che si trova piuttosto vicino al continente ed è formato dalle cime di vulcani che formano un arco vulcanico in corrispondenza di una fossa. E’ il caso di un continente di giovane formazione dovuta alla formazione di nuova litosfera continentale.
Negli anni ’60 si definisce la teoria dell’espansione dei fondali oceanici grazie a Hess: in corrispondenza delle dorsali c’è una continua formazione della litosfera che grazie ai moti convettivi del mantello si sposta lateralmente fino a che ridiscende nelle piane abissali formando la litosfera oceanica. Qui si formano le fosse dove la litosfera entra nel mantello dando origine ad un magma neutro che va a dare vita all’arco magmatico.
Le prove di questa teoria vengono dal paleomagnetismo, cioè dalle indicazioni sul magnetismo terrestre fornite da quelle rocce che hanno una suscettibilità magnetica.
Sono stati condotti degli studi e delle misurazioni sui fondali oceanici e si è scoperto che parallelamente alle dorsali corrono delle fasce di basalti che presentano anomalie magnetiche. I valori del magnetismo sono inferiori o superiori ai valori previsti: saranno superiori quando il magnetismo terrestre si somma a quello delle rocce e inferiore quando il magnetismo dei magneti viene sottratto da quello della Terra.
Le fasce di litosfera che presentano anomalie sono disposte in alternanza due positive e due negative e così via.
Grazie alla scala paleomagnetica si possono datare le rocce più vicine alle dorsali e con datazioni assolute anche quelle più lontane.
Più ci si allontana dalle dorsali più le rocce sono di vecchia formazione fino a 190 milioni di anni, ma non oltre perché in prossimità delle fosse la litosfera torna nel mantello.
Questa è la prova della teoria dell’espansionismo dei fondali oceanici.
Sempre negli anni ’60 si è giunti anche alla formulazione della teoria della tettonica delle placche, che prende in esame il comportamento della litosfera.
La litosfera è intersecata da fasce attive come le dorsali, le fosse e le faglie che formano un’immensa rete dividendo la litosfera in una ventina di maglie, sei delle quali molto vaste.
Queste maglie sono le placche, che possono essere formate o da sola litosfera oceanica o da litosfera continentale o da entrambe.
Le placche sono determinate da margini che possono essere: costruttivi, le dorsali, lungo le quali si costruisce la litosfera; distruttivi, le fosse, dove avviene la subduzione; conservativi, le faglie trasformi, dove i lembi della litosfera scorrono uno accanto all’altro ma senza variazioni di volume della litosfera.
Ogni placca è in contatto reciproco tanto che il movimento di una placca condiziona quello di tutte le altre.
OROGENESI
L’orogenesi è un processo che porta alla costruzione della crosta continentale grazie al materiale che risale dal mantello.
Quando, per il movimento delle placche, un continente arriva a ridosso di una fossa oceanica, dato che la litosfera oceanica è più densa di quella continentale, non avverrà subduzione della litosfera continentale, bensì di quella oceanica.
Esistono tre modi in cui può avvenire l’orogenesi. Il primo avviene tra due zolle di litosfera oceanica che si trovano a livello di una fossa. Qui una zolla sottoscorre all’altra. Intanto parallelamente alla fossa si sviluppa un arco magmatico che alterna fasi di esplosione e fasi di effusione. Questi vulcani possono anche emergere dando origine ad un continente come il caso del Giappone. In futuro i vulcani emersi vengono erosi da fattori esogeni e i frammenti vengono accumulati sulla crosta oceanica. Grazie ai movimenti della zolla i sedimenti vengono poi sollevati e piagati fino a quando non emergono e non si appoggiano al continente dando vita ad una continente più ampio. Si forma una catena montuosa formata da rocce sedimentarie ripiegate di origine continentale.
Il secondo caso si ha quando a livello di una fossa si trovano una zolla continentale e una oceanica. E’ il caso delle Americhe. Nel Sud avviene che il continente viene smantellato e i sedimenti si accumulano nella zona geosinclinale che per il peso si abbassa. Gli stessi sedimenti poi vengono piegati ed emergendo danno vita ad una catena montuosa che si unisce al continente, che è formata da rocce sedimentarie fortemente ripiegate.
L’America del Nord è invece il caso di ACCRESCIMENTO CROSTALE . La placca oceanica che scorre sotto quella continentale trascina ogni tipo di materiale tra cui vecchi vulcani che a livello delle fosse vengono spinti verso il continente che si sta sollevando.
Nel terzo caso la placca in subduzione comprende anch’essa un continente; quando questo arriva a livello della fossa avviene una collisione continentale. Tra i due continenti si depositano dei sedimenti che vengono ripiegati man mano i due continenti si avvicinano. Quando arrivano alla fossa i continenti non sottoscorrono ma uno si incunea sotto l’altro fino a che si saldano dando origine ad un unico continente. Lungo la linea di saldatura si forma una catena montuosa che ha un basamento di rocce metamorfosate ricoperte di quei sedimenti che si erano depositati nel mare. Questi formano le cosiddette FALDE DI RICOPRIMENTO e hanno una forma di pieghe coricate che ricoprono il basamento cristallino.
E’ quello che è avvenuto in India per la formazione della catena Himalayana, dove si ritrovano anche frammenti di rocce basaltiche del fondale oceanico, che prendono il nome di OFIOLITI.
Le catene montuose presenti sul globo si possono far risalire a tre orogenesi:
- quella caledoniana che prende il nome dalla Scozia, che ha inizio nell’era paleozoica, prima dell’ultima deriva dei continenti. Si formano catene montuose che poi vengono smembrate e demolite sia da forze endogene che le fanno sollevare sia da quelle esogene che le abbassano. Ora sono basse e arrotondate (parte degli Appalachi in Nord America).
- quella ercinica, che prende il nome dalla Silva Ercina, regione tra il Reno e il Danubio, che avviene alla fine dell’era paleozoica. Si creano con questa orogenesi le catene dell’Europa centrale, l’Atlante in Marocco, gli Urali e gli Altai in Asia, le montagne in Australia e parte degli Appalachi. In Italia ci sono tracce in Sardegna nel Massiccio sardo-corso, in Calabria nei graniti della Sila e dell’Aspromonte e nelle Alpi piemontesi.
- quella alpina, che si ha nell’era cenozoica ed è ancora in corso e porta alla formazione del sistema alpino-himalayano che è di recente formazione.
Ma cosa provoca tutti questi movimenti della litosfera? Molti elementi fanno pensare ai moti convettivi presenti nel mantello, provocati da squilibri termici, che sono causati dal calore liberato dai processi radioattivi.
Grazie alla tomografia sismica, cioè ad una scienza che studia in modo sofisticato le onde sismiche e permette una visione tridimensionale dell’interno della Terra in termini di regioni calde e fredde.
Il mantello fino a 200Km di profondità è freddo sotto i continenti e caldo sotto le dorsali. A profondità maggiore, fino a 600Km, la struttura termica del mantello è collegata ai movimenti dei continenti: si osservano due regioni calde che intorno hanno regioni fredde disposte ad anello.
Per rispondere alla domanda che chiede fino a che profondità avvengono questi movimenti, è necessario studiare i fenomeni che si verificano al passaggio dal mantello al nucleo.
Dal nucleo interno che è solido arriva un’enorme quantità di calore che fonde il nucleo esterno, il quale presenta dei moti convettivi. Questi moti trasferiscono il calore alla base del mantello che presenta anche lui dei moti convettivi.
Dalle zone più calde della base del mantello si innalzano pennacchi che si manifestano nei punti caldi, caratterizzati da un elevato flusso termico e da intenso vulcanismo.
Alcuni pensano che questi pennacchi portino il calore direttamente dal nucleo alla superficie, attraverso il mantello. I moti della placche sarebbero legati quindi ai moti convettivi del mantello, ma con notevoli interferenze dei pennacchi.
Altri invece propongono un modello di movimenti a due livelli: alcuni movimenti avvengono nella parte superiore del mantello, altri nella parte inferiore e nel nucleo esterno.
I moti delle placche sarebbero collegati ai movimenti del mantello superiore, mentre la zona sottostante servirebbe da rifornitore di calore.
Fonte: http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/SCIENZE.DOC
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