Realismo e naturalismo
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Realismo e naturalismo
REALISMO E NATURALISMO
Esistono due linee di tendenza: la poesia che si sviluppa dopo Baudelaire nelle forme del simbolismo, e la narrativa che si ispira al realismo producendo per di più romanzi.
Le due linee sembrano opposte perché il romanzo è legato al realismo e quindi ha interesse nelle questioni sociali, mentre la poesia tende al simbolismo e quindi diventa ermetica e adatta a pochi.
Nel 1849 cessano i moti rivoluzionari, ma anche dopo l’Unità d’Italia non mancano i problemi sociali e politici. Con il 1870 si assiste ad uno sviluppo economico e nascono le teorie che puntano sul progresso dell’uomo.
Il positivismo dei narratori punta proprio ad utilizzare i metodi della scienza anche per la letteratura.
Si tende quindi a scoprire quei meccanismi che regolano i sentimenti e le reazioni degli uomini.
I narratori come Zola si inseriscono anche in una battaglia sociale. La sua opera “Germinale” tratta proprio delle rivendicazioni dei minatori che lavorano in miniera di carbone per avere una vita migliore e maggiori sicurezze sul lavoro.
Zola inoltre fa quel lavoro di analisi dei personaggi per esempio nel romanzo “Teresa Raquin”, che parla della vita di questa donna che arriva fino al suicidi. L’analisi verte proprio sui sentimenti della donna visti come se fossero elementi scientifici. L’autore ricerca la presenza di determinismo nei sentimenti umani.
A metà dell’800 il Romanticismo è ancora presente ma degenera in forme sdolcinate e viene detto Romanticismo minore. Contro questa corrente si scaglia la Scapigliatura milanese e Carducci.
La scapigliatura è un movimento che assume caratteri trasgressivi, gli artisti vivono ai margini della società, ma è un fenomeno limitato nel tempo e nello spazio.
Le loro opere sono interessanti come fenomeno, perché prendono una posizione di protesta contro un certo tipo di letteratura, ma la produzione è scadente.
Prosegue inoltre la produzione di romanzi storici con autori come Grossi, D’Azeglio e Tommaseo.
In Francia dal 1849 si distinguono due grandi autori: Flaubert per la narrative e Baudelaire per la poesia. Sono fondamentali perché anticipano il realismo.
La prima fase economica positiva permetta la nascita di tendenze filosofiche che danno fiducia alla scienza. Tra la fine dell’800 e il 1910 si sviluppa la II^ rivoluzione industriale,che dà un impulso all’industria e alla tecnica.
In Italia questo tipo di progresso arriva in ritardo e si ferma al Nord; il Sud è ancora dominato da una economia agricola. Questa è una delle principali differenze tra Nord e Sud che fa parte della cosiddetta questione meridionale.
L’Italia risulta quindi spaccata in due parti: una che si sviluppa economicamente vicina agli stati stranieri, una più arretrata.
Dalle due linee romantiche del realismo di Manzoni e della linea lirica di Coleridge si sviluppano rispettivamente il naturalismo e il simbolismo.
Nel naturalismo viene meno la partecipazione nei confronti dei destini e è maggiore l’interesse per la scienza. L’autore non è partecipe delle vicende dei protagonisti, il narratore scompare e sospende il suo giudizio. Vengono descritti i meccanismi sociali.
Nel simbolismo questo processo di estraneità si evidenzia con una specializzazione linguistica che fa delle poesie un linguaggio difficile che deve essere decifrato dagli specialisti e quindi dai poeti “che volano più in alto degli altri”.
Lontano dal Romanticismo che assumeva un aspetto didattico, il simbolismo prevede il culto dell’arte per l’arte, di un’arte fine a se stessa, senza un messaggio umano e sociale.
Le due linee francesi si trovano a breve distanza l’una dall’altra e si sviluppano tra il 1865 e il 1890. In Italia il periodo è più breve: 1878-90 e il punto culminante è la pubblicazione nel 1881 dei Malavoglia di Verga.
Il simbolismo ha il suo manifesto nel 1876 quando Mallarmè pubblica “Il pomeriggio di un fauno”.
La poetica del simbolismo si basa dunque su simboli che rimandano a qualche altro concetto, ma che solo il poeta, grazie ad un’intuizione, può decifrare. I simboli sono intuiti ma non compresi.
L’intuizione apre a un modo di sentire moderno, e sarà vicina al simbolismo anche la poesia di Pascoli.
In seguito il naturalismo viene meno perché si perde la fiducia nelle capacità razionali dell’uomo.
Verso la fine dell’800 la linea simbolista confluisce nel decadentismo, che a differenza del simbolismo che è una poetica, è una tendenza della società.
Il manifesto del decadentismo è del 1884 con il romanzo “A rebours” di Huysmans. Questo romanzo sarà spunto per D’Annunzio e O. Wilde.
Il Piacere sarà pubblicato nel 1889 in concomitanza al “Mastro don Gesualdo” di Verga.
Nel 1891 viene pubblicato il lavoro di Pascoli “Mirycae” che assume l’aspetto di documento del decadentismo italiano.
Il decadentismo implica un’idea negativa di decadenza di un momento conclusivo di una civiltà. Si privilegia l’ellenismo e il barocco proprio perché segnano un momento di decadenza.
All’inizio il termine viene usato per indicare la decadenza della borghesia liberale e positivista e quella del romanticismo. La condanna del decadentismo verte contro l’irrazionalismo e le tendenze alla corruzione morale.
Oggi non ha più implicazione negativa ma assume un aspetto importante per la mancanza di positività e del nesso deterministico causa – effetto.
Alcune correnti estendono il decadentismo anche ai primi decenni del ‘900 come Pirandello, per la sua sfiducia totale nell’uomo.
La tendenza al realismo percorre tutto il secolo a partire dalla fine del romanticismo, ma è presente in tutti i tempi perché mette in luce l’aspetto comico e il linguaggio basso: è una rappresentazione concreta del mondo.
Il realismo nasce in Francia con la rivista “Realisme”.
Nel 1865 i fratelli De Goncourt pubblicano il romanzo “ Germinie Lacerteux” ispirato al realismo.
In Italia si riprendono le tendenze francesi attraverso la scapigliatura e gli scritti del giovane Verga, che scrive romanzi che prendono in considerazione la società borghese.
Nel 1858 il positivista TAINE prospetta una nuova poetica di impianto scientifico e il carattere sistematico e ciclico del romanzo.
Gli individui sono determinati da tre cause: la razza o eredità, l’ambiente e il momento storico.
Anche Zola prende in considerazione questi fenomeni anche se nella sua produzione posteriore li critica giudicandoli troppo ristretti.
Zola fa sue le teorie di Bernard sulla medicina sperimentale e elabora romanzi cicliciche fanno parte del ciclo dei Rougen-Macquart, che indica come le leggi dell’ereditarietà condizionino tutti i componenti della famiglia. Zola dedica un romanzo ad ogni componente.
Nel 1877 si riunisce un gruppo id naturalisti che nel 1880 pubblicano sei racconti.
Nel 1977 Zola pubblica il “Romanzo sperimentale” nel quale esprime i punti fondamentali del naturalismo:
- rifiuto del romanticismo perché trasfigura la realtà
- metodo della estraneità del romanziere
- rifiuto dei canoni tradizionali del bello assoluto.
La narrazione si basa su un’impostazione scientifica, sull’osservazione e la sperimentazione.
Cambiano le tecniche narrative: discorso indiretto libero, regressioni…
Il primato è dato al genere romanzesco.
La prefazione a “Germinie Lacerteux” pag.1145.
In Italia il naturalismo si fa sentire negli ambienti della scapigliatura che assimila e accetta alcuni principi.
Nel 1878 viene pubblicata la novella di Verga “Rosso Malpelo” e nel 1879 “Giacinta” di Capuana.
Anche la critica vede di buon occhio le prime opere veriste.
Il verismo assume alcuni caratteri del naturalismo.
Alcuni critici come De Sanctis consideravano Zola positivamente, come possibile influsso nella letteratura italiana. Il naturalismo francese può infatti liberare la letteratura italiana dalle sdolcinatezze dell’ultimo romanticismo.
Capuana vede nella letteratura francese la possibilità di influenza sulla letteratura italiana sul metodo di scrittura. Si omologa infatti il linguaggio alla classe sociale di cui si sta parlando.
Verga per esempio modella la sintassi e lo scritto sul parlato e sul dialetto.
Mastro don Gesualdo tratta di personaggi di un livello sociale più alto e di conseguenza anche il linguaggio si adatta alla nuova situazione.
C’è un’omologia tra livelli sociali e livelli formali.
Il verismo italiano è diverso dal naturalismo, infatti riduce la dottrina del naturalismo ad un metodo di scrittura, viene abbandonata la teoria della scienza.
E’ minore nel verismo l’impegno sociale, tutti i narratori italiani appartengono ad una classe sociale alta e non vivono in prima persona le rivendicazioni sociali.
I veristi in modo indiretto considerano la questione meridionale, ma mai esplicitamente.
In Verga si ritrova anche un pessimismo che non gli fa accettare il processo scientifico, Queste idee fataliste dell’impossibilità del cambiamento del progresso sono viste in un’ottica meccanicistica.
Verga e Capuana elaborano le loro teorie a Milano e a contatto con la scapigliatura.
Un’altra esponente del verismo è M.Serao che analizza la realtà napoletana.
Un’eco del verismo si ritrova anche nell’opera “L’esclusa” di D’Annunzio che analizza la società siciliana.
Il verismo vive un periodo breve tra il 1878 e il 1889, quando viene pubblicato “Il piacere” di D’annunzio e nel 1891 “Myricae” di Pascoli.
GIOVANNI VERGA
Verga nasce in Sicilia nel 1840 e muore nel 1920 sempre in Sicilia dove torna quando la corrente del verismo si spegne.
Verga rovescia il modello del romanzo manzoniano, cambia il punto di vista narrativo che ora coincide con il punto di vista dei personaggi a seconda della classe sociale.
Tra il 1869-72 è a Firenze e tra il 1872-93 a Milano dove si compie la sua maturazione più importante.
A Catania ancora giovanissimo scrive un romanzo “Amore e patria” dove è ancora forte il culto della restaurazione. Negli anni ’60 invece scrive il romanzo storico “I carbonari della montagna” che tratta del popolo calabrese contro gli invasori francesi.
La fase in cui Verga acquista successo presso il pubblico è quella di Firenze quando scrive romanzi di gusto romantico come “Storia di una capinera”.
Nel 1874 c’è una svolta che avvicina verga al verismo. Scrive infatti il bozzetto siciliano “Nedda” che tratta della storia di una raccoglitrice di olive in un ambiente rusticano; si sente da parte dell’autore una denuncia alle condizioni di vita dure della donna.
Non si può parlare di opera verista perché la descrizione della situazione viene dall’alto e il narratore è ancora presente.
Nel 1877 giunge a Milano Capuana che contribuisce alla formazione di un gruppo di critici che vogliono creare un romanzo moderno secondo i canoni del naturalismo.
Nel 1878 avviene la pubblicazione della novella “Rosso Malpelo” e la bozza di un romanzo “Padron ‘Ntoni”.
La raccolta di novelle “Vita nei campi” esce nel 1880 e il romanzo “I Malavoglia” nel 1881.
In queste opere si nota già il pessimismo di Verga che prende le distanze dal positivismo, ma che vede ancora nel mondo rurale la possibilità di riscatto. Questo mondo ha ancora dei valori positivi come la famiglia, la terra… (teoria dell’ostrica)
Nella seconda fase di Verga il pessimismo diventa più cupo, perché egli vede anche nella società bassa la prevalenza dell’ottica economica, è il caso del romanzo “Mastro don Gesualdo” e della raccolta “Novelle rusticane.
Verga aveva il progetto del ciclo dei vinti che prevedeva cinque romanzi che analizzassero ognuno una particolare classe sociale. Verga ne scrive solo due poi abbandona il progetto forse proprio perché non riesce a risolvere questo pessimismo.
Verga scrive diverse dichiarazioni di poetica come per esempio in Amore e patria, uno dei romanzi giovanili che risentono ancora dello stile della scapigliatura, ma che sono importanti per comprendere la sua produzione posteriore.
Un altro romanzo importante è Eva e nella sua prefazione c’è un’accusa diretta del mito del benessere e della borghesia. Verga prende le distanze dalla nuova società responsabile della corruzione e idealizza il mondo umile.
L’autore coinvolge il lettore nel giudizio sul romanzo e quindi sulla società, perché il romanzo è come una fotografia della società.
Nel gesto di sdegno verso il romanzo però la colpa non deve essere data all’arte, perché l’arte greca era manifestazione della civiltà.
La borghesia del ‘700 aveva animato la rivoluzione francese, quella dell’800 è portavoce dei valori conservatori.
Nella prefazione all’Amante di Gramigna c’è l’accenno al compito della nuova letteratura che deve usare la scienza per un’indagine delle passioni umane attraverso un metodo scientifico.
ROSSO MALPELO
Questa novella scritta nel 1878 segna la svolta al verismo di Verga, una scelta meditata perché l’autore si rende conto che scrivendo in un certo modo non ottiene successo presso il grande pubblico.
Nel 1880 pubblica la raccolta Vita nei campi che contiene 8 novelle tra le quali anche “L’amante di Gramigna” che contiene la spiegazione della sua svolta al verismo.
In queste novelle Verga mette in primo piano le passioni. Verga ha fiducia nella classe sociale popolare perché la vede come portatrice dei buoni valori. Questo si perde con la raccolta Novelle rusticane, dove prevale l’ottica economica.
Rosso Malpelo è un minatore delle cave di zolfo. Il contenuto della novella verte quindi sul dramma del lavoro minorile sul quale Verga si documenta attraverso l’inchiesta di Franchetti e Sonnino.
Non c’è però da parte di Verga una denuncia sociale esplicita.
In coerenza alla corrente letteraria Verga attua l’ottica della regressione che consiste nell’eclissi del narratore tanto che la novella sembra farsi da sé. Non esiste l’ottica dell’autore, perché il narratore si identifica con l’ottica della gente.
Il narratore inoltre non è depositario della verità. Nella seconda parte della novella, il punto di vista del narratore coincide con quello di Malpelo.
Malpelo è consapevole della negatività della vita e si adatta per sopravvivere, capisce che per vivere bisogna essere forti.
La lingua cerca di adattarsi al parlato della gente e si adatta anche sintatticamente al dialetto.
Verga utilizza anche la teoria dello straniamento, cioè fa apparire strane ciò che è normale.
I rapporti di Malpelo con la madre e la sorella sono conflittuali, viene trattato con sospetto e violenza. La sua reazione è ovviamente violenta.
Si ritrovano molte similitudini e aggettivi che riguardano il mondo animale, paragoni zoomorfi.
Il linguaggio di Verga a volte diventa tecnico, elemento che verrà ripreso anche da Pascoli.
Utilizza anche il discorso diretto libero, ricostruisce un discorso fatto dai personaggi con le loro parole.
Malpelo sente l’ingiustizia della vita, ma non può ribellarsi perché chi si scosta dalla propria terra e dal proprio lavoro finisce male.
Viene poi evocato il momento della morte del padre nella cava dove è visto come un fatto di ordinaria amministrazione.
La tragedia della morte colpisce chi rimane in vita, in quanto si è persa una fonte di reddito e sostentamento. Malpelo accoglie questa morte con rabbia e dolore e verga ci presenta questo come un’anomalia, per il principio dello straniamento.
Secondo malpelo la morte è la fine delle sofferenze, egli è consapevole di non poter cambiare la propria posizione e di non potersi ribellare. Per questo è violento con l’asino.
Malpelo prende a proteggere un ragazzo debole, Ranocchio, verso il quale dimostra un affetto particolare che si esplica con la violenza.
Questo atteggiamento ha il fine di far capire al ragazzo che per sopravvivere bisogna esser forti.
Verga non descrive i personaggi, ma individua alcuni elementi che lo richiamano alla memoria.
L’autore vuole sottolineare l’attaccamento di quella gente alla roba, un’ottica economica esasperata che diventa oggetto poi del romanzo Mastro don Gesualdo.
Quando Ranocchio muore Malpelo si sente in colpa e dinanzi alle cure della madre prova un’invidia inconscia e paragona la sua condizione ritenendola migliore.
La morte finale di Malpelo è vista come un ricongiungimento con il padre.
La critica psicoanalitica va a interpretare i rapporti di Malpelo con gli altri componenti della famiglia e in modo particolare con la madre e la sorella.
Il rancore contro la madre genera malvagità e senso di colpa. Il tentativo di salvare il padre e di scavare nella sabbia è una ricerca di comprensione, un gesto di riparazione come se si sentisse in colpa. La madre ha nome Santa, nome ricorrente ma scelto apposta da verga perché in realtà la donna era cattiva.
Malpelo odia la madre, ma sente anche dei forti sensi di colpa e crede di riparare portando la paga che però è sempre misera.
Malpelo prova gelosia verso la sorella che lo picchia e lui sente come rivale dell’amore della madre.
L’unico rapporto limpido è quello con il padre.
Il vero desiderio di Malpelo è di diventare diverso, di svolgere un’altra attività.
L’amore funge da riparatore, ma è dimostrato in modo strano. Prima verso gli arnesi del padre e i vestiti, poi verso gli animali come il cane e l’asino e infine verso Ranocchio.
Verso di sé ha un atteggiamento di odio-amore che si traduce nei rapporti con gli altri.
Una sorta di masochismo morale porta Malpelo a punirsi perché il rapporto con sé è sofferente e quello con gli atri è lo stesso.
Quando Ranocchio muore non ha più ragioni di vita; l’odio verso di sé si traduce in autodistruzione.
FANTASTICHERIA
E’ ancora aperta la discussione sulla datazione di questa novella che si presume del 1879, ma dove non è ancora presente la svolta al verismo, infatti è assente la regressione del narratore.
L’autore infatti descrive la sua situazione, il suo mondo e dove si trovano descrizioni del mondo rurale in termini bassi ma idealizzato come portatore dei buoni valori.
La novella narra di un viaggio del narratore con una nobildonna che vedendo dal treno il paese di Aci Trezza vuole fermarsi ma rimane solo due giorni. Vengono presentati i personaggi dei Malavoglia.
E’ presente una polemica che si trasforma in denuncia della disparità sociale tra la donna e la realtà.
C’è un riferimento all’immagine del formicaio nella Ginestra di Leopardi.
La lotta per la sopravvivenza è la stessa sia tra le persone che tra le formiche. Anche se la vita è sofferenza c’è la volontà di sopravvivere e di popolare ancora quei luoghi. Ma per capire questo concetto è necessario regredire.
Viene spiegato anche l’ideale dell’ostrica: tutti rimangono dove sono nati e fanno il lavoro che hanno sempre fatto: ogni miglioria è vista in modo negativo.
I MALAVOGLIA
Il romanzo viene pubblicato dall’editore Treves nel febbraio del 1881. Il progetto in realtà è più antico e risale al ’75 con il bozzetto marinaresco “Padron ‘Ntoni”
Nel ’78 Verga elabora un progetto di un ciclo chiamato prima La marea e poi il ciclo dei vinti che doveva comprendere 5 romanzi che studiassero le passioni umane partendo dalla classe bassa della società per poi elevarsi.
Nel titolo si vede già l’ottica culturale e linguistica dei personaggi. Viene utilizzato il cognome in modo antifrastico.
Tra il ’78 e l’81 Verga prende posizione sulla sua conversione al verismo come volontà di superare il romanzo manzoniano; questo manifesto si ritrova nella prefazione alla novella “L’amante di Gramigna”, nella novella “Fantasticheria” , nella prefazione ai Malavoglia e in alcune lettere mandate a Capuana e all’editore.
Verga sente la necessità di creare una forma inerente all’oggetto. Il modo di descrivere la situazione si adatta alle diverse classi sociali, infatti il linguaggio e la sintassi è diverso nei due romanzi.
L’autore diventa voce narrante oppure diverse voci (coralità). Cadono artifici del romanzo manzoniano come il narratore onnisciente, presentazione dei personaggi.
Ora le descrizioni vengono dall’interno e i personaggi si riconoscono da quello che dicono.
Verga ricerca nuove soluzioni linguistiche, come proverbi, metafore zoomorfe, similitudini dal mondo popolare….
Il romanzo è diviso in 15 capitoli dove vengono narrate vicende tra il 1863 e il ’77.
Nei primi 4 capitoli il tempo del racconto viene dilatato e si raccontano le vicende della Provvidenza.
Nei capitoli tra 5 e 10 vengono presentati due personaggi Padron ‘Ntoni e Campana di legno l’usuraio, che rappresenta le leggi dell’utile, della modernità e dell’immediatezza.
Il vecchio ‘Ntoni parla per proverbi ed è il simbolo della tradizione , della staticità.
Il romanzo nasce dalla questione del debito. Padron ‘Ntoni intraprende un lavoro che non è il suo e si mette nell’affare dei lupini.
Quella di Verga è una critica verso un certo tipo di società, che nasce dal pessimismo. Crede che non possa esserci progresso e che tutto ciò che neghi l’immobilismo è negativo.
Negli ultimi cinque capitoli il protagonista è il giovane ‘Ntoni che è il simbolo dei rischi della modernità.
I temi sociali presentati sono l’usura, il contrabbando e l’amministrazione pubblica.
Nel capitolo 7 verga tratta della rivoluzione delle donne contro la tassa sulla pece e sul sale.
Prefazione
Verga nella prefazione ai Malavoglia riassume le posizioni teoriche assunte dall’autore, soprattutto nei suoi rapporti con il naturalismo francese.
Il motivo per il quale non scrive gli altri tre romanzi previsti nel ciclo dei vinti non è noto, ma si presuppone che le preferenze del pubblico andassero in direzioni differenti.
Secondo Verga i vinti si ritrovano in tutte le classi sociali e sono soprattutto gli intrusi che vogliono appartenere ad una determinata classe.
Verga crede nell’importanza dell’educazione all’interno delle diverse classi sociali; ed è per questo che utilizza un linguaggio omologo.
Il romanzo è una descrizione come se fosse una fotografia e quindi pretende una esattezza formale.
La definizione di progresso separa l’idea di Verga da quella dei naturalisti. Il progresso qui è visto in prospettive lontane e può essere grandioso, ma nel momento preciso è frutto di sofferenza.
La legittimità del progresso coincide con la sua necessità.
E’ evidente il riflesso del darwinismo sociale.
Il pessimismo porta Verga a pensare che il reale non è modificabile perciò ogni intervento è vano.
La funzione della letteratura è lo studio della realtà.
I^ capitolo
Il tempo storico è quello che coincide con l’ambientazione storica del romanzo. In questo capitolo intercorrono due anni. Il tempo mitico è invece scandito dal ritmo delle stagioni, dalle feste religiose, dai proverbi, è il tempo di Aci Trezza.
In questo capitolo c’è la presentazione dei personaggi che verga nomina senza né descrivere né dire chi sono. Bastianazzo non è descritto, ma ci sono riferimenti precisi che provengono dai concittadini.
La politica non interessa Padron ‘Ntoni fino a quando non viene coinvolto personalmente per la partenza per la leva del nipote.
C’è un accenno polemico al sistema della leva militare che è un danno per le famiglie.
La questione dei lupini si inserisce in una situazione in cui ‘Ntoni è partito per la leva militare, Mena deve contrarre un matrimonio…
Sembra che l’autore faccia propria la prospettiva di padron ‘Ntoni verso le donne che non hanno la possibilità di dare un’opinione.
II capitolo
Dopo la partenza della Provvidenza nascono nuove chiacchiere in paese.
I personaggi si dividono in tre gruppi: quello degli uomini sui gradini della Chiesa, quello dei notabili e quello delle donne.
Il mare viene descritto come un uomo.
E’ accennato l’idillio tra Alfio e Mena che è fatto di parole non dette; Mena infatti deve sposarsi per volontà del nonno con un altro uomo. Le nozze sono finalizzate a un’ottica economica e Mena accetta la volontà del nonno.
Mena conosce il motivo della tristezza di Alfio ma i due non si dichiarano.
Viene presentato un nuovo personaggio positivo che sposerà Alessi, Nunziata, che invita Alfio a dichiarare il suo amore.
III capitolo
Verga descrive il momento della notte dopo la partenza della Provvidenza usando un punto di vista basso per regredire nell’ottica delle persone che descrive.
Quando si viene a sapere della disgrazia dei Malavoglia nei commenti del paese si sovrappongono visioni di carattere economico ai sentimenti.
IV capitolo
Verga descrive la visita di consolo. Era usanza fare visita alla famiglia in lutto per esprimere le proprie condoglianze. Durante la visita i personaggi esprimono commenti su vicende di carattere economico: viene nominata la tassa sul sale e il telegrafo visto come causa della scarsezza della pioggia. La rappresentazione del dolore dei Malavoglia contrasta con la grettezza dei concittadini.
Lo stile utilizzato è quello del discorso libero (Erlebte Rede).
Tutto viene ricondotto alle semplici dinamiche di carattere economico, la morte del marito è una disgrazia perché è la fonte di sostentamento della famiglia.
Si parla anche della tassa di successione introdotta dal nuovo stato che viene identificato con la persona di Vittorio Emanuele.
Gli interessi si spostano sulla casa del nespolo, vengono valutati i vari beni dei Malavoglia.
La ragione morale spinge padron ‘Ntoni ad accettare la ragione economica, ma lo fa con ragioni di carattere etico. Il dolore per la morte di Bastianazzo è legato al debito dei lupini.
Capitolo XI
In questo capitolo comincia a diventare evidente la scontentezza di ‘Ntoni, che lavora con poca voglia causando dolore sia alla madre che al nonno, il quale gli ricorda che chi lascia la casa è come se morisse. E’ presente l’idea del fatalismo, come impossibilità di cambiare il proprio destino.
Ci sono degli intercalari del chiodo fisso di ‘Ntoni tra gli indovinelli dei ragazzi.
Anche Mena interviene direttamente esprimendo i valori etici della famiglia Malavoglia.
Il nonno nota la tristezza della Longa e decide di parlare con il nipote.
‘Ntoni enuncia anche concetti positivi, come la modernità e l’idea di migliorare la sua condizione, ma vengono banalizzati dallo scopo per cui egli vuole diventare ricco.
L’interesse di Verga è quello di parlare degli emarginati, di quelli che “si staccano dallo scoglio”.
Quella di padron ‘Ntoni è l’idea immobilistica come valore supremo rafforzato nel discorso diretto con metafore naturali.
Viene descritta anche la epidemia di colera che colpisce il paese nel 1867 e che porta via la Longa.
Capitolo XV
Questo capitolo comprende parecchi anni dal 1872 al 1877 e si tirano le somme delle varie situazioni: le nozze di Alessi, la rinuncia di Mena al matrimonio con compare Alfio e il ritorno di ‘Ntoni. Il proverbio rimane una caratteristica del nonno anche se ora sono detti a sproposito secondo le persone del paese, ma in realtà sono azzeccati per la famiglia Malavoglia.
Si profila un carattere economico e la legge del benessere.
Si nota ancora le tecnica dello straniamento nel fatto che i compaesani ridano di padron ‘Ntoni e la tecnica della descrizione della Nunziata che è fatta dal basso.
Mena rinuncia al matrimonio con compare Alfio perché dice di essere vecchia, ma in realtà il vero motivo è il disonore che Lia ha portato nella famiglia.
Viene utilizzata anche la tecnica del sommario, cioè vengono accennati alcuni avvenimenti che solo in seguito vengono ampliati.
Alessi e la Nunziata si sposano e riscattano la casa del nespolo. In realtà il tempo della storia viene in certi casi ristretto e in altri dilatato.
C’è anche il ritorno di ‘Ntoni che vuole però ripartire anche se il fratello lo invita a rimanere.
Capisce la necessità di ripartire e grazie alle sue esperienze sa che quel mondo è perduto per sempre, ha coscienza di aver rotto qualcosa nella famiglia.
La conoscenza di ‘Ntoni porta ad un distacco così come nella mitologia la conoscenza deriva da una discesa per esempio agli inferi che dà l’idea di distacco.
Ci sono varie interpretazioni del finale dei Malavoglia. Il filone storicistico di Russo vede nella conclusione la celebrazione della sacralità della famiglia e il senso di continuità.
Il Luperini considera invece la fine negativa, come dispersione della famiglia dove la nota dominante è la nostalgia e il rimpianto.
Il distacco di ‘Ntoni dal mondo antico è lo stesso di Verga dal mondo romantico che viene visto con un’ottica diversa nel Mastro don Gesualdo dove il sentimento viene annullato dall’ottica economica.
Il successo dei romanzi del ciclo dei vinti viene successivamente a quello dei romanzi Eros, Tigre reale, Storia di una capinera, che durante i primi decenni del ‘900 hanno un successo particolare.
I malavoglia si configurano come un romanzo sperimentale e prevedono un’attenzione maggiore da parte del lettore. Anche Mastro don Gesualdo non ha inizialmente molto successo perché è brutale nella sua sostanza come le Novelle Rusticane.
Pirandello scrive nel 1920 un discorso nel quale definisce Verga uno scrittore di cose, il capostipite della letteratura del ‘900.
Un altro pregio che gli viene riconosciuto è la capacità di aver narrato senza mediazioni ideologiche. La stessa componente mitico-lirica e realista si trova nella tragedia di D’Annunzio del 1903 “La figlia di Iorio”. Anche De Roberto è influenzato da Verga nel suo romanzo “I viceré”.
Dopo la critica romantica si sviluppa quella idealistica di Benedetto Croce che influenza i filoni di critica seguenti. Croce distingue la poesia dalla non poesia isolando gli aspetti poetici e considerando retorica il resto. Croce predilige i Malavoglia perché in alcuni passi hanno una componente poetica.
Sempre Croce nel 1923 stacca Verga dal verismo e lo definisce scrittore primitivo abbandonando i motivi teorici che Verga stesso propone.
Il romanzo di verga nasce quindi dalla nostalgia dell’infanzia e della terra natia come una sorta di mistificazione della Sicilia.
La critica del Russo presente in un saggio su verga del 1919 considera l’adesione di Verga al verismo come spinta liberatrice per la sua anima lirica.
L’interesse per Verga nel secondo dopoguerra è quello della critica marxista che vede in verga un socialista. In realtà era un reazionario e questo è evidente nella novella “Libertà”; inoltre crede che la società non abbia possibilità di miglioramento.
Questa è la critica di Sapegno e Petronio che presenta una forzatura ideologica.
Dopo la critica neorealista di Vittorini, tra il 1965 e il 1975 si sviluppa la critica neo marxista di Luperini, Asor Rosa e Masiello che mettono in luce l’aspetto anti idillico del Mastro don Gesualdo e quello capitalista dei Malavoglia. La critica marxista parte da presupposti politici e sviluppa una divisione della società in struttura e sovrastruttura, cioè un certo tipo di società sviluppa un’arte che ha determinati caratteri.
Esiste una critica psicoanalitica di De Benedetti, mentre le critiche attuali badano alle strutture formali, ad un’analisi linguistica e filologica.
NOVELLE RUSTICANE
Il tema delle Novelle Rusticane sono situazioni e non personaggi particolari. Si fa molta attenzione ai rapporti di carattere economico anche se l’interesse si sposta a volte su vicende politiche.
Libertà
Questa novella prende spunto dai fatti di Bronte dove scoppia una rivolta contadina perché dopo l’impresa di Mille i contadini reclamavano la loro parte di terra.
La rivolta si accanisce contro i potenti e i ricchi e finisce in una strage. All’arrivo di Nino Bixio si fa giustizia sommaria e poi la situazione ritorna come in precedenza.
Per verga la rivoluzione non può dare frutti perché la vita è scandita dalla lotta individuale del singolo contro gli altri. Non c’è né socialità né solidarietà di classe.
Sciascia parla di mistificazione che consiste nell’aver taciuto l’esistenza e la morte di un avvocato, Lombardo, che si era aggregato ai rivoltosi.
La violenza con cui Verga descrive le scene indica come nel popolo secondo lui sia insita una violenza inaspettata.
La novella è divisa in tre parti: la prima è caratterizzata da una forte carica espressiva nel descrivere la lotta; la seconda è più oggettiva e nella terza sono presenti gli avvenimenti successivi. I sentimenti di Verga si alternano tra pietà e ironia.
Fonte:
http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/ITALIANO.DOC
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