Divina commedia personaggi femminili

 

 

 

Divina commedia personaggi femminili

 

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Divina commedia personaggi femminili

 

 

Francesca

Pia

Matelda

Piccarda

STORICITA’

Personaggio reale, storico

Personaggio reale, storico

Personaggio non reale

Personaggio reale, storico

SIMBOLO

Simbolo dell’amore cortese

Simbolo del Dolce Stil Novo

Simbolo del Dolce Stil Novo e…?

Simbolo del Dolce Stil Novo, ma non solo (felicità, femminilità)

LUOGO DELLA COMMEDIA

Canto 5° dell’Inferno
caratterizzato da disordine, inversioni, domande

Occupa solo l’ultima parte del canto 5° del Purgatorio

Occupa una parte del canto 28° del Purgatorio

Canto 3° del Paradiso
caratterizzato da ordine chiarezza, spiegazioni

APOSTROFI FAMOSE

Francesca: O animal grazioso e benigno…

Pia: Deh, quando tu sari tornato al mondo e riposato de la lunga via

Dante: Deh bella donna, ch’ai raggi d’amore ti scaldi, si vo’ credere a’ sembianti che soglion esser testimon del core

Dante: O ben creato spirito ch’ai rai di vita etterna la dolcezza senti che non gustata non s’intende mai

ASPETTO

 

 

Sguardo luminoso e sorridente. Raccoglie fiori e canta

Sorriso, si allontana cantando

NARRAZIONE NON COMPLETA

Da quel giorno più non vi leggemmo avante

Salsi colui che ‘nanellata pria, disposandomi m’avea con la sua gemma

 

Iddio sa qual poi mia vita fusi

FIGURE RETORICHE NOTEVOLI

Similitudini (quali colombe)
Anafora Amor

Chiasmo: Siena mi fe’, disfecemi Maremma

Similitudini (donna che balla, sguardo di Venere)
Chiasmo la madre lei, ed ella primavera

Poliptoto beati, beata,
paranomasia voti voti
similitudini femminili (perla, tela)

NEL DISCORSO

Parla e presenta la storia anche a nome di Paolo

 

 

Parla e presenta l’anima di Costanza

RIFERIMENTI AGLI OPPRESSORI

Si riferisce con cattiveria al marito assassino Caina attende chi vita ci spense

Si riferisce con gentilezza al marito assassino

 

Si riferisce con gentilezza ai familiari violenti uomini,poi,  al mal più che al ben usi)

 

Anghinolfi E.

IL CANTO X
Siamo nel cielo del Sole (spiriti sapienti)

RIASSUNTO

  • i primi versi sono una riflessione sulla vanità dei beni terreni e vi è commiserazione per molti uomini che se ne occupano troppo
  • Tommaso riprende a parlare e comincia a descrivere la vita di uno dei “campioni della fede” mandati sulla Terra da Dio per portare la chiesa sulla retta via: s. Francesco d’Assisi.
  • Corruzione dell’ordine dei domenicani, poiché si sono allontanati troppo dalle regole date dal fondatore, s. Domenico.

VITA DI FRANCESCO

  • descrizione del luogo di nascita: Assisi
  • descrizione del rapporto con il padre. È un rapporto molto conflittuale, infatti il padre non voleva che il figlio rinunciasse a tutte le ricchezze
  • definizione del forte desiderio di condurre la vita nella povertà. In particolare Tommaso per alcune terzine parla in modo simbolico di Francesco e della povertà come di due amanti. La povertà viene descritta come la donna alla quale nessuno apre la porta con piacere. Solo uno, prima di Francesco, la amò profondamente: Gesù
  • i primi seguaci: Egidio, Bernardo, Silvestro
  • fatica per ottenere l’approvazione dell’ordine
  • Francesco durante la crociata. Si reca in Oriente per desiderio di martirio e per predicare e convertire tali popolazioni. Catturato, diviene amico del Sultano, ma trovando persone restie alla conversione, decide di ritornare in Italia.
  • Riceve le stimmate (uniche riconosciute ufficialmente dalla chiesa)
  • Si fa seppellire in povertà, nella nuda terra

Possiamo trovare analogie tra questa narrazione e i dipinti di Giotto nella Basilica di Assisi, in particolare per quanto riguarda:

  • amore per la povertà
  • abbandono delle ricchezze davanti al padre e alla corte ecclesiastica di Assisi
  • diffusione del modo di vivere di Francesco
  • “perfetta laetitia” di Francesco e dei suoi seguaci
  • umiltà
  • fatica per ottenere l’approvazione della Regola
  • sogno di Papa Innocenzo III
  • viaggio in Oriente
  • le stimmate
  • Francesco raccomanda ai seguaci la povertà
  • Sepoltura di Francesco

Mancano, nella narrazione di Dante, ma sono presenti nei dipinti di Giotto, questi episodi:

  • Francesco ammansisce il lupo di Gubbio
  • Arminia con il creato (Francesco predica agli animali)
  • Il primo presepe (Francesco inventa il presepio a Greccio)

PRIVILEGIUM PAUPERITATIS
Dante fa riferimento alle difficoltà incontrate da Francesco nell’ottenere l’approvazione per la fondazione di u ordine povero (ordine in cui unico sostentamento sono le offerte dei fedeli).
Risultava difficile in quanto molti gruppi di questo tipo avevano cominciato a saccheggiare a causa della fame, ma Francesco riuscì a ottenere l’approvazione.
La leggenda narra che papa Innocenzo III abbia deciso di accettare a causa di un sogno da lui fatto in cui Francesco sorreggeva la chiesa.
Il dipinto di Giotto. A questo proposito vi è il dipinto di Giotto che rappresenta il papa che dorme e Francesco che sorregge la chiesa. Esistono 2 interpretazioni di questo dipinto:

  • la leggenda del sogno
  • mentre il papa dorme (cioè non è in grado di fare il suo dovere) è Francesco a condurre la chiesa secondo il volere di Dio. Era infatti diffusa questa idea che a guidare la chiesa non fosse il papa, ma questi ordini riformatori (Francescani e Domenicani)

FRANCESCANI
L’ordine fondato da san Francesco indossa una saio marrone, i sandali e una corda legata in vita (v. 87 “capestro”).

Dal punto di vista filosofico Francesco non aderisce a uno specifico filone di pensiero, in quanto non si occupò di studi filosofici o teologici, ma possiamo notare una tendenza ad appoggiare la teoria platonico-agostiniana in quanto notiamo una svalutazione della corporeità e della materialità (NB epiteto “fratello asino” riferito al corpo).

I francescani sono attualmente suddivisi in:
- osservanti o francescani
- minoriti o conventuali
- cappuccini

CARATTERIZZAZIONE DI S. FRANCESCO
Francesco viene descritto come un personaggio mite, angelico per il suo desiderio di fare il bene.
Viene descritto come l’amante della povertà. La povertà infatti è la donna alla quale nessuno apre la porta con piacere (v. 60), ma Francesco l’amò profondamente.
In passato qualche filosofo e pensatore aveva percepito che povertà coincideva con libertà, ma nessuno l’aveva pienamente accettata. Solo Gesù prima di Francesco l’aveva amata e così lei era salita con lui sulla croce e poi era rimasta vedova per 1100 anni, fino all’arrivo di Francesco che nuovamente la sposò.
Francesco e i suoi seguaci dimostrano una grande gioia e serenità per la vita intrapresa.
Francesco inoltre non si vergognò mai di questa sua decisione, ma la portò avanti con dignità e umiltà.

 

CANTO II

·     E' un canto didascalico.
·     In questo canto Dante pone due domande a Beatrice:
·     Dante è veramente in cielo con il corpo?
·     Che cosa sono le macchie lunari?
·     Prima di salire nel primo cielo, Dante si rivolge al lettore e lo invita a considerare le proprie forze e a riflettere se può seguirlo nell'ardua materia del suo canto.
·     Infatti d'ora in poi la materia che egli tratterà sarà difficile e nuova e solo coloro che hanno fatto studi filosofici e teologici, potranno seguirlo e comprenderlo: udiranno allora inaudite meraviglie.
·     Inizia così la salita verso il primo cielo, quello della Luna.
·     Beatrice guarda in alto, e Dante, in lei, sono sospinti velocemente verso il cielo, in minor tempo di quanto una freccia si stacca dal'arco e giunge al bersaglio.
·     Giunti al cielo, Beatrice invita Dante a ringraziare Dio di questo.
·     Dante si stupisce come egli, corpo, possa essere penetrato in un altro corpo, e paragona il fatto al raggio di luce che penetra nella massa dell'acqua senza disunirla.
·     Dopo aver ringraziato Dio, Dante chiede a Beatrice la spiegazione delle macchie lunari.
·     Beatrice, prima, vuole sapere l'opinione di Dante in proposito.
·     Dante espone la questione come aveva già fatto nel Convivio:
·     “L’ombra non è altro che rarità del suo corpo, alla quale non possono terminare i raggi del sole e ripercuotersi sì come altre parti”. 
Cioè la diversità dello splendore delle diverse parti del disco lunare deriverebbe da maggiore o minore densità di sostanza.
Dove la luna è più densa i raggi del sole sarebbero riflessi con maggiore luminosità, mentre dove è più rara penetrando in profondità non sarebbero riflessi, perciò in quelle parti la Luna apparirebbe meno luminosa, presentando le "macchie".
·     Inoltre già si tramandavano delle leggende, come quella di Caino e Abele, secondo cui le zone scure rappresentavano Caino ricoperto da cespugli spinosi.
·     Dante, però, rifiuta questa spiegazione e la fa confutare da Beatrice che secondo il metodo scolastico pone due argomenti: uno di ragione e uno di esperienza.
·     prima ascolta il parere di Dante
·     riprende le argomantazioni e le confuta( pars destruens) anche con esempi:
·     se la diversità fosse determinata solamente dalla rarità e densità della loro sostanza, tutte le virtù delle stelle ( la grandezza, la maggiore o minore luminosità,il colore di questa luminosità che è la loro qualità), che influiscono sulla Terra si ridurrebbero a una sola (che risiede in esse variamente distribuita).
·     Continua la confutazione, prima con la ragione poi con l'esperienza:
·     Le stelle hanno virtù diverse che derivano da principi formali diversi, i quali spiegano appunto l’infinito intrecciarsi di influenze che esercitano sul mondo terreno e in particolare sugli uomini. Questo è l’argomento di ragione.
·     Per quanto riguarda l’argomento di esperienza:
·     se le macchie lunari fossero originate dalla minore densità ci sarebbero due casi possibili:

  • o questa rarità attraverserebbe tutto il corpo lunare da una parte all’altra,
  • oppure si alternerebbero strati rari e strati densi, come gli strati di magro e di grasso nel corpo di un animale.

Nel primo caso durante le eclissi di sole, la luce solare trapasserebbe gli strati rarefatti attraverso i fori. Questo però non accade.
Nel secondo caso la luce del sole dopo avere attraversato lo strato rarefatto incontrerebbe lo strato denso. Qui i raggi del sole sarebbero arrestati e riflessi come da uno specchio. Tuttavia, come dimostra l’esperienza, non è vero che le parti che riflettono la luce del sole da un luogo più lontano risultano più scure. La luce è infatti ugualmente riflessa in tre specchi posti a disuguale distanza di fronte a un lume acceso. Anche l’immagine che risulta più piccola perché riflette la luce da maggiore distanza non avrà alcuna parvenza di macchia o di ombra.
·     ricomincia il ragionamento da un altro punto di vista
·     dimostra filosoficamente la verità con esempi ( pars costruens):
·     Le macchie lunari sono prodotte dal diverso mescolarsi nel Cielo della Luna delle diverse influenze provenienti dai cieli superiori, ad opera delle intelligenze angeliche.
·     Dentro al “ciel della divina pace”, cioè l’Empireo, si muove il Primo Mobile, che riceve il movimento uniforme dal “Motore Immobile”, uniforme come  è la sua natura in tutte le sue parti. Questo, distribuisce la virtù universale ricevuta a tutto l'universo.
·     Dante ricorre a un paragone: proprio come l’anima umana esplica tutte le sue capacità attraverso i differenti organi del corpo, così l’Intelligenza celeste esplica e moltiplica per mezzo delle stelle la sua bontà che è “unita al corpo celeste e nello stesso tempo indipendente da esso per la sua natura di principio pensante”. Il movimento e l’influenza dei cieli derivano dalle intelligenze angeliche come l’opera del martello deriva dal fabbro. Così il cielo stellato prende la sua virtù dall’intelligenza angelica (che muove il cielo stellato e i cieli sottostanti). La virtù dell’intelligenza motrice determina le diverse virtù moltiplicandosi. Questa virtù indifferenziata forma diverse leghe ed è  proprio da questa virtù mista a leghe che deriva la diversità di luce nel disco lunare come nelle stelle.
·     Non si tratta dunque di maggiore o minore densità, non si tratta di differenza quantitativa, ma di diversità qualitativa. “La virtù è il principio formale che produce, secondo la qualità della sua influenza, l’oscuro e il chiaro”
·     Così le differenze che si riscontrano tra gli uomini nel carattere e nelle inclinazioni positive o negative sono dovute a diverse influenze astrali differenti tra loro non solo per quantità, ma anche e soprattutto per qualità.
·     Con la spiegazione delle macchie lunari, Dante introduce tutte le tematiche del canto III:
·     la volontà di Dio
·     i diversi gradi di santità dei beati
·     la felicità e la contentezza che pervadono tutto il Paradiso.
·     Dante conclude il canto dicendo che la luce delle stelle non è  altro che l'espressione della letizia di Dio, “ per la natura lieta onde deriva, la virtù per lo corpo luce come letizia per pupilla viva”. E' Dio che riempie l'universo della sua letizia: goderlo significa rendergli intimo omaggio.
·     Espressioni celebri del canto II:
·     “O voi che siete in piccioletta barca” ( si riferisce alla filosofia di TommasoD'Aquino)
·     “L'acqua ch'io prendo già mai si corse” (tratta argomentazioni difficili, che nessuno ha mai trattato)
·     “Il pan de li angeli” ( cose divine di cui parla)

 

Canto VI

 

  • Il canto si apre con la storia del simbolo dell’impero romano, l’aquila, che è stata “volta contro il corso del cielo” dall’imperatore Costantino. Essa è stata cioè spostata da Roma a Bisanzio( da occidente a oriente)e questo è un segno negativo.

 

  • La presentazione dell’imperatore Giustiniano, che narra la sua vita e la sua conversione alla credenza della “doppia natura”(divina e umana) di Dio.Il Papa Agapito lo convinse di ciò e per questo da Dio gli venne affidato “l’alto lavoro”, il trarre dalle leggi il troppo e il vano.
  • Inizio della storia del “sacrosanto segno” ad Alba,ed il successivo passaggio a Roma. Viene saltata la spiegazione del periodo in cui l’aquila è passata nelle mani degli imperatori pazzi.sotto il regno di Tiberio avvenne la Redenzione, la massima gloria.

 

  • Vendetta:sotto l’imperatore Tito vi è la distruzione di Gerusalemme(70 dc), considerata una giusta punizione per l’uccisione di Cristo che si prende la responsabilità del peccato originale e così facendo “salva” gli uomini; dall’altra parte però è vista in modo negativo perché è comunque stato ucciso il figlio di Dio.
  • Giustiniano lancia un invettiva contro i Guelfi e i Ghibellini; gli uni si appropriano indegnamente del simbolo di Roma, gli altri lo combattono.

 

  • Condizione degli spiriti nel cielo di Mercurio:qui sono puniti gli Spiriti Attivi, ovvero coloro che nella vita hanno fatto del bene nel sociale, ma con ambizione di gloria e fama personale.essi sono contenti perché vedono che la loro ricompensa è pari a ciò che hanno meritato.
  • La presentazione di Romeo di Villanova: questo personaggio, ministro del conte Raimondo Berengario IV, fece molto per il suo signore. Combinò i matrimoni politici delle figlie e questo gli fece onore; ma le malelingue di corte portarono il conte a cacciarlo ed egli dovette andarsene con animo saldo e dignitoso.

 

 

Domande:

- Perché viene scelto Giustiniano?
Dante si trovava a Ravenna e prende ispirazione dai mosaici di Giustiniano.
Giustiniano è l’ultimo imperatore che è riuscito a riunire l’impero e lo ha governato                
Con le sue leggi.
- Cosa significa che Costantino ha volto l’aquila contro il corso del cielo?
Significa che il simbolo imperiale è stato spostato da ovest a est, al contrario del      
Corso naturale del Sole, e questo sta ad indicare un fatto che va contro la volontà di
Dio.
- Perché è lodato Giulio Cesare?
Perché è stato il primo vero imperatore (ps. Ricordiamo che per Dante la miglior
Forma di governo era la monarchia, il potere nelle mani di una sola persona).
- A cosa si può collegare la presentazione di Romeo di Villanova?
Si ricollega al canto III del Paradiso con Piccarda che presenta lo spirito   dell’imperatrice Costanza D’Altavilla. In quel caso un personaggio minore presentava uno più importante; nel canto VI un imperatore presenta un personaggio minore.
- Perché viene presentato Romeo di Villanova?
Per introdurre un nuovo personaggio e rendere così viva l’attenzione del lettore.

  • Ricordiamo la figura retorica: “luce la luce di..” è una PARANOMASIA, utilizzo della stessa parola con significato diverso( il primo è un verbo, il secondo un sostantivo).

 

 

Carloni S.
 
IL CANTO I DEL PARADISO

DIVISIONE DEL CANTO

  • argomento della Cantica
  • Invocazione ad Apollo
  • “transumanar” e ascensione di Dante
  • primo dubbio di Dante
  • secondo dubbio di Dante
  • ordine dell’universo

BREVE ESPOSIZIONE

  • il canto si apre con un’affermazione che rispecchia l’adesione di Dante alla filosofia aristotelico-tomista (“La gloria di colui che tutto move…”). Dante spiega che la sua poesia sarà la spiegazione di quanto riuscirà a ricordare
  • Per riuscire nel suo intento, poiché è molto difficile esprimere a parole ciò che ha visto, chiede l’aiuto di Apollo, il simbolo della poesia stessa, poiché le Muse non sono più abbastanza. Lo invoca dicendo che se lo aiuterà lo loderà ancora di più. Dice anhce che ora sono pochi quelli che fanno poesia per piacere: molti lo fanno per diventare famosi. Ma forse dopo di lui ci sarà chi loderà Apollo ancora meglio.
  • Procede spiegando, attraverso riferimenti astronomici, che è salito a mezzogiorno. Rimane quasi stupito nel vedere Beatrice fissare il sole “aguglia sì non li s’affisse unquanco”. Spiega il suo “transumanar” facendo l’esempio di Glauco che mangiò l’alga e divenne una divinità marina.
  • Ma la novità della grande luce e della grande armonia suscita in Dante il desiderio di capire dove si trova (crede di essere ancora sulla terra). Beatrice, leggendogli nel pensiero, senza essere interrogata spiega che stanno salendo velocemente verso il cielo.
  • Però in Dante sorge un nuovo dubbio: come mai, essendo un corpo pesante, possa trascendere questi “corpi lievi”. Ne chiede ragione a Beatrice che gli spiega come tutte le cose siano ordinate e dirette al proprio fine, per raggiungere il quale dà loro un impulso tutto speciale: l’istinto.
  • Riguardo all’ordine delle cose, Beatrice spiega che il fine dell’uomo (dal quale però l’essere umano, ingannato da beni fallaci, può deviare volontariamente à in Dante non c’è determinismo) è Dio. Ma Dante è purificato e libero da ogni legame terreno e per questa forza naturalmente tende verso Dio. Ci sarebbe invece da meravigliarsi se in tale condizione fosse rimasto sulla terra, come se la fiamma viva non tendesse in alto verso la propria sfera.

FIGURE RETORICHE IMPORTANTI

¯ PERIFRASI: per indicare che è salito in cielo a mezzogiorno (vv. 37-41)
¯ SIMILITUDINE del ferro che esce incandescente dal fuoco, per spiegare che dopo avere guardato il sole vede tutte le cose sfavillare intorno.
¯ SIMILITUDINE di Glauco per spiegare il suo “transumanar” (v. 67-69)
¯ RIMA EQUIVOCA con la parola “porti” 112à sostantivo e 114 à verbo
¯ ANAFORA vv. 115-117
¯ SIMILITUDINE della forma che spesso non si accorda con l’intenzione dell’artista, per spiegare che l’ordine creato da Dio non dà un determinismo: l’uomo è libero di scegliere se seguire o meno ciò che Dio gli offre (vv. 127-132)

 

TEMATICHE PRINCIPALI

£ concetto del Dio Motore Immobile (con riferimento alla filosofia di Tommaso d’Aquino)
£ temi mitologici:

    • invocazione ad Apollo
    • Glauco

£ riferimenti astronomici (le 3 terzine per spiegare l’ascesa in cielo a mezzogiorno. Si può dare questa interpretazione: i 4 cerchi sarebbero le virtù cardinali (PRUDENZA, GIUSTIZIA, FORTEZZA, TEMPERANZA) e le 3 croci sarebbero le virtù teologali (FEDE SPERANZA CARITA’)
£ tema dell’ineffabilità (Dante dice di essere incapace di spiegare ciò che ha visto e provato in Paradiso “Vidi cose che ridire, né né può che di là su dicende”)

OSSERVAZIONI
Il canto I inizia così “La gloria di colui che tutto move” e l’ultimo canto (33) finisce così “l’amor che move ‘l sole e l’altre stelle”. Questa struttura circolare esprime il concetto di Dio Motore Immobile

L’atteggiamento di Beatrice nei confronti di Dante: come una madre sopra a un figlio delirante. Quando Dante le chiede come sia possibile per lui salire in cielo, Beatrice “appresso d’un pio sospiro, li occhi drizzò ver’me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro…” (vv. 100-102)

 

R. Colombari

Incipit (non di Dante)

Canto terzo, nel quale si tratta di quello medesimo cielo de la Luna e di certi spiriti che appariro in esso; e solve qui una questione: cioè se li spiriti che sono in cielo di sotto vorrebbero esser più sù ch'elli siano.

 

Temi e contenuti

  • Primo incontro con i beati - vv 1-33
  • Piccarda Donati si dà a conoscere - vv. 34-57
  • I gradi della beatitudine celeste - vv. 58-90
  • Il voto inadempiuto e l'imperatrice Costanza - vv. 91-120
  • Piccarda scompare cantando l’ “Ave Maria”-vv 121-130 

Riassunto del canto

Il canto terzo ha una perfetta geometria. Si apre e si chiude con l’immagine di Beatrice: sole d’amore (“Quel sol che pria d’amor mi scaldò il petto”) all’inizio; sole folgorante di verità (“segno di maggior disio”) alla fine. Dopo aver ascoltato la spiegazione sull'esistenza delle macchie lunari da parte di Beatrice, Dante rimane stupito nel vedere delle anime beate. Inizialmente le scambia per figure riflesse commettendo l'errore inverso di Narciso. Emergono dal nulla questi spiriti in profili evanescenti, simili alle immagini di volti riflessi su “vetri trasparenti e tersi” oppure su specchi d’ “acque nitide e tranquille”. Scompaiono poi come immagini che affondano nell’acqua.
Dante si avvicina ad una di queste anime e comincia a parlarle chiedendole chi fosse e in cosa consistesse la sua presenza in paradiso. Questa gli risponde dicendo che si trova nel cielo della Luna dove risiedono coloro che non hanno rispettato i voti per una costrizione. Chi sta parlando è Piccarda Donati, suora del convento di Santa Chiara rapita a forza dai familiari che le hanno impedito di mantenere i voti. Questo è il canto di Piccarda, il cui destino di beatitudine è stato preannunziato a Dante dal fratello Forese nel Purgatorio. Piccarda racconta brevemente nel canto la propria storia terrena. Fui “vergine sorella”, mi feci monaca, da “giovinetta”, per fuggire “dal mondo” e seguire la regola delle clarisse; ma uomini, “al mal più ch’ a bene usi”, mi “rapiron de la dolce chiostra: / Iddio si sa qual poi mia vita fusi”, conclude quasi svagata. Il racconto è essenziale, ma non reticente. Segna con esiti elegiaci una malinconia o una nostalgia, che è più nella storia in sé, in quanto non lo sia nella memoria di chi la racconta: appartiene più al mondo terreno di Dante che l’ascolta, che alle semplici parole di chi narra.
Perché le parole di Piccarda, nella loro nitida semplicità, si snodano piuttosto in un inno. Dante aveva domandato allo spirito di svelargli il suo nome e di parlargli della condizione dei beati nel cielo della Luna. Piccarda, nel rispondere all’una e all’altra domanda, poggia il tono più alto della propria voce nel ricordare la “carità” che la spinge alla risposta: una carità che si conforma a quella di Colui che “vuol simile a sé tutta sua corte”. Dante si chiede ancora se lei e le anime del cielo della Luna provino invidia nei confronti delle altre più vicine a Dio. Piccarda risponde prima con un sorriso, poi con uno sguardo di lietezza tale “ch’ arder parea d’amor nel primo foco”: risponde narrando la pienezza della beatitudine per tutte le anime del Paradiso e dicendo che se desiderassero qualcosa di diverso da quello che Dio aveva assegnato loro, peccherebbero, disobbedendo al volere di Dio. Le anime del paradiso sono quindi tutte felici allo stesso modo, della loro situazione. Il canto si chiude con l'incontro con Costanza d'Altavilla anch'essa suora costretta in vita a non mantenere i voti, per sposare Enrico VI di Svevia figlio di Federico Barbarossa.

 

LE DONNE DELLA COMMEDIA

SCHEMA RIASSUNTIVO

 

Francesca

Pia

Matelda

Piccarda

Beatrice

Maria

Storicità

Personaggio reale

Personaggio reale

Personaggio non reale

Personaggio reale

Personaggio reale

Personaggio reale

Luogo della Commedia

Canto V Inferno, caratterizzato da disordine, inversione di valori, domande

Ultima parte del canto V del Purgatorio

Una parte del canto XXIIX del Purgatorio

Canto III del Paradiso caratterizzato da ordine e chiarezza

Viene presentata nel canto XXX del Purgatorio ma è presente in tutto il Paradiso

Canto XXXIII del Paradiso

Simbolo

Amore cortese

Dolce Stil Novo

Dolce Stil Novo e probabilmente qualcos’altro di cui però è difficile l’interpretazione

Dolce Stil Novo
Femminilità
Felicità

Fede
Grazia
Chiesa

Dolce Stil Novo

Apostrofi famose

Francesca: O animal grazioso e benigno

Pia: Deh, quando tu sarai tornato al mondo e riposato de la lunga via

Dante: Deh bella donna, ch’ai raggi d’amore ti scaldi, si vo’ credere a’ sembianti che soglion esser testimon del core

Dante: O ben creato spirito ch’ai rai di vita etterna la dolcezza senti che non gustata non s’intende mai

 

San Bernardo: Vergine madre, figlia del tuo figlio…

Aspetto

 

 

Sguardo luminoso e sorridente. Raccoglie fiori e canta

Sorriso, si allontana cantando

È descritta solo nella voce e nello sguardo con caratteristiche eteree e angeliche (tipica donna Stilnovista)

È descritta solo nella voce e nello sguardo con caratteristiche eteree e angeliche (tipica donna Stilnovista)

Narrazione non completa

Da quel giorno più non vi leggemmo avante

Salsi colui che ‘nanellata pria, disposandomi m’avea con la sua gemma

 

Iddio sa qual poi mia vita fusi

 

 

Figure retoriche notevoli

Similitudini (quali colombe)
Anafora Amor

Chiasmo: Siena mi fe’, disfecemi Maremma

Similitudini (donna che balla, sguardo di Venere)
Chiasmo la madre lei, ed ella primavera

Poliptoto beati, beata,
paranomasia voti voti
similitudini femminili (perla, tela)

similitudine: aquila sì non li s’affisse unquanco

Antitesi (vergine madre figlia del tuo figlio…)
Anastrofe (se’ di speranza fontana vivace)

Nel  discorso

Parla e presenta la storia anche a nome di Paolo

 

 

Parla e presenta l’anima di Costanza

Risponde ad alcune domande di Dante (es: il significato delle macchielunari)

Non parla ma con uno sguardo ottiene da Dio il permesso perché Dante possa guardarlo

Riferimenti agli oppressori

Si riferisce con cattiveria al marito assassino Caina attende chi vita ci spense

Si riferisce con gentilezza al marito assassino

 

Si riferisce con gentilezza ai familiari violenti uomini,poi,  al mal più che al ben usi)

 

 


INTERPRETAZIONE DI BEATRICE
Nel Novecento alle tradizionali interpretazioni di Beatrice come simbolo di fede e grazia se ne è aggiunta una terza che vede Beatrice come simbolo della Chiesa in quanto tramite tra gli uomini e Dio. Nel Paradiso infatti Beatrice è spesso l’unico mezzo che Dante ha per rivolgersi ai Santi, sarebbe quindi un tramite tra Dante stesso e Dio
Alcuni riscontri nel testo di questa recente interpretazione sono:

  • Canto I versi 64 e seguenti

 Beatrice tutta ne l’etterne rote
 fissa con li occhi stava; e io in lei
le luci fissi, di là su rimote
Dante per riuscire a vedere durante l’ascesa al cielo della Luna deve guardare negli occhi di Beatrice, altrimenti la luce lo accecherebbe

  • Canto XIV versi 13 e seguenti Diteli se la luce…
    Beatrice sa già quello che Dante vuole chiedere a Salomone e parla per lui

CONFRONTO AMOR CORTESE E AMORE STILNOVISTA

Il canto V dell’Inferno è il canto dell’amore cortese mentre il III del Paradiso è il canto dell’amore stilnovista. La famosa ANAFORA del canto di Paolo e Francesca (amor…amor…amor…) ci mostra infatti l’inganno e la passione tipico dell’amore cortese che Francesca, nella seconda terzina, sembra quasi confondere con l’amore stilnovista. L’inganno prodotto dall’amore cortese si può notare facendo un confronto tra il bacio descritto nel libro che Paolo e Francesca stavano leggendo molto romantico, quasi angelico (disiato riso) e quello reale tra i due innamorati più umano (bocca…tremante).
Francesca , tipica donna dell’amore cortese, si dimostra un’ anima dell’Inferno (anima mal nata contrapposta al ben creato spirito di Piccarda) in quanto non prova pietà per i suoi assassini mentre Piccarda e Costanza risultano essere donne gentili e pie.
Piccarda e Costanza sono donne del Dolce Stil Novo per la descrizione del loro sorriso, della voce, dello sguardo (sguardo luminoso innamorato e basso, tipico delle donne gentili del tempo); si tratta di una descrizione quasi eterea, le donne sono evanescenti, simili a Pia e Metelda che sono invece appena più concrete.

 

Franco V.

I CANTI SESTI DELLA COMMEDIA

Vi è un parallelismo fra i canti sesti della Commedia: essi sono interamente dedicati alla politica.

Come mai il numero 6? Seguendo la numerologia medievale possiamo presumibilmente supporre che il numero 6 si riferisca al sesto giorno della creazione, quando Dio creò l’uomo. La politica è l’ambito in cui l’uomo esprime meglio se stesso e collabora con Dio per realizzare il progetto divino nella storia.

Nel CANTO VI DELL’INFERNO siamo nel terzo cerchio, quello dei golosi. Dante incontra Ciacco (diminutivo forse di Giacomo o “golosone”). Egli parla della situazione politica di Firenze, dei partiti (Guelfi, Ghibellini, Bianchi e Neri), dei vizi che infestano la città, dei pochi uomini onesti (“giusti son due e non vi sono intesi”).

Nel CANTO VI DEL PURGATORIO Dante incontra una trovatore italiano, Sordello da Goito. Parlano della situazione politica italiana. Famosa è l’invettiva di Dante all’Italia e la critica a Alberto d’Asburgo.

Nel CANTO VI DEL PARADISO Dante si trova nel cielo di Mercurio: ci sono le anime che si sono impegnate a fondo in politica, anche se con il difetto di essersi impegnati anche per la gloria personale. Il canto è un unico discorso diretto di Giustiniano. Egli dice che per ispirazione divina elaborò il Corpus Iuris Civilis, una raccolta di leggi del Diritto Romano.

Significativo nel canto VII il riferimento a Giustiniano come l’anima “sopra la qual doppio lume s’addua”. Questa frase può essere interpreatta così: la doppia aureola sul capo di Giustiniano (che Dante poteva vedere nel mosaico di Ravenna) può rappresentare la doppia natura dell’imperatore: uomo politico e uomo di chiesa. In questo senso c’è stato chi ha accusato Dante di avere nella sua visione politica tracce di Cesaropapismo. Con certezza possiamo affermare che il pensiero politico di Dante sfociò nella teoria dei due soli (dopo avere affermato in giovinezza la teoria del sole e della luna).

Quali altri canti della Commedia trattano il tema politico?
Fra i tanti ricordiamo il canto dei simoniaci (Inf. XIX) dove Dante condanna il temporalismo della chiesa e deplora la donazione di Costantino; il canto di Marco Lombardo (Purg. XVI) in cui il problema del libero arbitrio e della corruzione dell’umanità si unisce a quello della mancanza di una guida temporale e a quello del potere temporale dei papi. Moltissimi canti sono disseminati di riferimenti a uomini politici, alcuni anche volutamente oscuri (come nel caso del Veltro in Inf. I).

In quali altre opere Dante espresse il suo parere politico? Tale pensiero ha subito mutamenti nel corso della sua vita?
Vedi sul sito.

 

UNIVERSO E COSMOLOGIA DI  DANTE
Divina commedia

Dante, per realizzare il suo progetto di triplice viaggio nei regni dell'oltretomba, ha bisogno di inserire la narrazione in una precisa ed accreditata concezione dell'intero universo 
( cosmologia ).
Egli si rifà alla cosmologia tolemaica. Tolomeo è un astronomo ellenistico vissuto nel II secolo dopo Cristo. La sua teoria è detta geocentrica o aristotelico-tolemaica.  in base ad essa:

- La Terra è immobile al centro  dell'universo.
- Alla base del mondo naturale c'è la presenza di 4 elementi: terra, acqua, aria e fuoco .
- L'uomo abita l'emisfero boreale (delle terre emerse ) che va dal Gange allo stretto di Gibilterra.
- L'altro emisfero ( australe ), detto delle acque , vede sorgere al centro la montagna del Purgatorio ed è completamente disabitato
Tale cosmologia sarà messa in discussione solo da Copernico agli inizi del 1500 e poi da Galilei nel 1600 fino all'affermazione definitiva dell'eliocentrismo. Il sistema solare non è l'unico dei mondi dell'universo. Esistono molti di altri aggregati di corpi celesti e la vita dell'uomo nel cosmo non è  l'unica forma di vita possibile. Tale concezione dell'universo si coniugò con una visione cristiana dell'oltretomba accreditata dalle Sacre Scritture.

 


 
- Lucifero, capo degli angeli ribelli a Dio, fu precipitato nel punto più lontano dal luogo dove ha sede il Bene supremo ( L'Empireo dove risiede Dio creatore dei cieli ). Lucifero cadde dunque sulla terra , sede del- Lucifero, capo degli angeli ribelli a Dio, fu precipitato nel punto più lontano dal luogo dove ha sede il Bene supremo ( L'Empireo dove risiede Dio creatore dei cieli ). Lucifero cadde dunque sulla terra , sede del peccato. La Terra inorridita si ritrasse di fronte a lui e così si formò la voragine infernale, proprio nel cuore dell'emisfero delle terre emerse.

- Nell'emisfero delle acque sorse , in perfetta corrispondenza della voragine infernale, la montagna del Purgatorio, sede della purificazione dal peccato. Sulla sua sommità è situato il Paradiso terrestre.

- Attorno alla Terra immobile c'è l'elemento aria , quindi la sfera di fuoco ed infine i nove cieli ( sfere translucide in cui ruotano con velocità crescente, allontanandosi dalla Terra, i corpi celesti : Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Stelle fisse e primo mobile ). Nella zona più esterna c'è l'Empireo sede dei beati e di Dio.



La voragine infernale

 

 

 

Schema dell'Inferno

 

Dante e Virgilio di fronte alle tre fiere
L'Inferno è il regno delle umane passioni, raffigurate nelle più esasperanti manifestazioni. Ogni peccatore porta con sé il marchio delle passioni alle quali si è abbandonato ed è punito eternamente con una pena che risponde alla legge del contrappasso,  una pena opposta alla disposizione peccaminosa a cui ci si è abbandonati .  
L'Inferno esiste da sempre e resterà operante eternamente , come regno della giustizia divina. Chi è in esso rinchiuso non può nutrire alcuna speranza di salvezza , in quanto gli sarà preclusa per sempre la luce della Grazia di Dio. La punizione è eterna, incontrovertibile ed essa sarà applicata anche al corpo del dannato dopo il giorno del Giudizio universale , quando ogni uomo riavrà la sua persona per godere in eterno la beatitudine di Dio o per scontare i  peccati non redenti. Dante avrà come guida nel mondo del peccato Virgilio, simbolo dell'umana ragione.
L'inferno costituito da nove cerchi che vanno via via restringendosi, alcuni dei quali sono suddivisi in bolge o fosse e in zone.  La porta dell'inferno immette nell'antinferno, il luogo dove sono collocati gli ignavi, non ritenuti degni, per la loro sostanziale vigliaccheria o incapacità di prendere posizione, di stare nell'inferno vero e proprio.  Quest'ultimo è delimitato dal fiume Acheronte, dove il demonio Caronte ha il compito di traghettare le anime dei morti. Successivamente troviamo il primo cerchio che coincide col Limbo, il luogo dove si trovano i bambini non battezzati, e coloro che, essendo vissuti prima di Cristo, non hanno potuto abbracciare la fede cristiana.  Dal secondo cerchio in poi cominciano ad essere puniti i peccatori veri e propri secondo una classificazione generale, elaborata sulla scorta dell'etica di Aristotele, in base al tipo di peccato:
- peccati d'incontinenza (quelli puniti dal secondo al quinto cerchio: lussuria, gola, avarizia e prodigalità, ira e accidia);
-   di violenza (puniti nel settimo cerchio, suddiviso in tre gironi: dei violenti contro il prossimo e le sue cose, dei violenti contro se stessi, dei violenti contro Dio e le sue cose);
-  di fraudolenza (comprende l'ottavo cerchio, ove sono puniti coloro che hanno usato la frode contro chi non si fida, suddiviso in dieci bolge: quelle dei ruffiani e seduttori, adulatori, simoníaci, indovini, barattierí, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia, falsari; il nono cerchio, ove sono puniti i traditori di coloro che hanno usato la frode contro chi si fida, ed è suddiviso in quattro zone: Caina [traditori dei parenti], Antenora [della patria], Tolomea [degli ospiti], Giudecca [dei benefattori]).
Resta a parte il sesto cerchio, ove sono collocati gli eretici.  Sono presenti anche altri due fiumi, lo Stige, che forma una palude tra il quinto e sesto cerchio, sotto le mura della città di Dite, e il Flegetonte, nel primo girone del settimo cerchio, ove sono immersi gli omicidi. Da ricordare anche la palude ghiacciata di Cocito che occupa il nono cerchio.  Lucifero, in forma di immenso mostro con tre teste, dalle ali di pipistrello, è collocato al fondo dell'inferno, che coincide col centro della terra.  Muove costantemente le ali per mantenere ghiacciata la palude e strazia nelle tre bocche Bruto, Cassio (traditori e uccisori di Cesare) e Giuda (traditore di Cristo).

La montagna del purgatorio ed in cima il paradiso terrestre

 

Schema del purgatorio
Il secondo regno è collocato al centro dell'emisfero delle acque, agli antipodi di Gerusalemme, in forma di isola, sulla quale si eleva la montagna del Purgatorio ai cui piedi si trova una spiaggia. Il monte della purificazione, emergendo dalle acque e salendo altissimo verso il cielo, porta con sé il principio della transitorietà. Collocato tra la pena eterna  (inferno ) e la felicità della contemplazione divina ( paradiso ), l'anima che si purifica conserva del mondo il ricordo del peccato, ma possiede anche l'aspirazione intensa alla vista di Dio ed alla sua grazia.
Solo la sofferenza che si consuma sulle balze della montagna la renderà degna di salire al cospetto di Dio ad assaporare l'eterna beatitudine. Quindi troviamo l'ansiosa attesa della pena purificatrice nell'antipurgatorio e su per le balze dell'espiazione la gioia che accompagna le anime che sanno di dover giungere fino a Dio. Allegoricamente la cantica rimanda alla riconquista della libertà morale < perduta con il peccato >, attraverso il dolore dell'espiazione.
Le anime dei morti in grazia di Dio, prima di giungere sul monte, vengono radunate ad Ostia alla foce del Tevere da un angelo nocchiero, che le conduce alla spiaggetta dell’antipuragtorio dopo averle imbarcate su di un'imbarcazione veloce e leggerissima sulle acque.  Il regno della purificazione può essere suddiviso in tre parti: antipurgatorio, purgatorio vero e proprio, paradiso terrestre.  L'atmosfera terrestre avvolge la parte inferiore fino alla porta del purgatorio; da qui, fino alla sommità, le perturbazioni atmosferiche sono assenti.  
L'antipurgatorio è costituito dalla spiaggia dell'isola (dove stanno temporaneamente gli scomunicati che rientrarono in seno alla Chiesa solo al termine della loro vita e dove ha la sua dimora anche Catone, guardiano di tutto il monte); da un primo balzo o ripiano (dove stanno i morti di morte naturale che si pentirono in fin di vita); da un secondo balzo (dove sono i morti di morte violenta che si pentirono solo in fin di vita).  In quest'ultimo ripiano c'è anche la Valletta dei Principi, che rivolsero il pensiero a Dio in prossimità della morte in quanto distratti dalle cure terrene.
Il purgatorio è composto da sette balze o cornici o ripiani concentrici e non a spirale.  Nella prima sono ospitati i superbi, nella seconda gli invidiosi, nella terza gli iracondi, nella quarta gli accidiosi, nella quinta gli avari e i prodighi, nella sesta i golosi, nella settima i lussuriosi.  Si segue cioè lo schema dei peccati capitali ma rovesciato rispetto all'inferno, per quanto riguarda i peccati puniti nelle ultime cinque balze.
Il paradiso terrestre, la sede naturale destinata al genere umano, è costituito da una «divina foresta e spessa e viva» dove l'anima si purifica definitivamente immergendosi in due fiumi, il Lete e l’Eunoè, prima di salire in paradiso. Dante sarà qui affiancato dalla sua nuova guida, Beatrice, dal momento che Virgilio non potrà più accompagnare il poeta nel regno della grazia divina, in quanto egli è pagano. Beatrice avrà cura della salute spirituale del poeta e poi - nel paradiso - dovrà istruirlo in quei problemi teologici che trascendono le capacità intellettive della ragione.
La divisione dei peccati è in questo regno ricondotta ad un principio di bene, l'amore che può essere o naturale, cioè innato, o d'animo, val e a dire soggetto alla ragione.  Il primo è sempre senza errore.  Il secondo può errare o per «malo obbietto», quando tende al male, o per «bono obbietto», quando tende al sommo bene con «poco di vigore» o con «troppo di vigore».  Esso non può essere fonte di peccato se tende a Dio con la giusta misura; se si volge al male dà luogo ai peccati di superbia, invidia, ira; se a Dio con poco vigore all'accidia; se ai beni terreni con troppo vigore, ai peccati di avarizia

 

I nove cieli e l’empireo

 

Schema del paradiso

 

Dante e Beatrice in Paradiso, canto I

Il paradiso vero e proprio è costituito da nove cieli concentrici. compresi a loro volta dall'Empireo o cielo di pura luce, sede permanente di Dio e dei beati che sono collocati in una candida rosa. Cioè in un immenso anfiteatro da cui contemplano Dio e in ciò consiste la loro beatitudine. Gli eletti si presentano a Dante nei rispettivi cieli di appartenenza solo eccezionalmente e in relazione alla virtù esercitata sulla terra, virtù che è corrispondente all'influsso di quel cielo sulle azioni degli uomini. Ad esempio il pianeta Marte predispone alla combattività, quindi nel cielo omonimo (il quinto) si incontreranno gli spiriti militanti per la fede. Questo criterio di assegnazione richiama un po' il contrappasso degli altri due regni. I cieli sono mossi dalla volontà divina attraverso le gerarchie angeliche, ciascuna delle quali presiede ad un cielo medesimo.  La velocità del movimento di rotazione è direttamente proporzionale alla vicinanza al Creatore. Da quanto detto deriva il seguente schema:


1° Cielo della Luna

Spiriti inadempienti ai voti         

Angeli

2°Cielo di Mercurio

Spiriti amanti           

 Principati

3°Cielo di Venere   

Spiriti sapienti         

Podestà

4°Cielo del Sole     

Spiriti militanti per la fede 

Virtù

5°Cielo di Marte      

Spiriti giusti  

 Dominazioni

6'Cielo di Giove      

Spiriti contemplanti

Troni

7°Cielo di Saturno 

Spiriti operanti il bene per la gloria terrena           

Arcangeli

8°Cielo delle Stelle Fisse 

Spiriti trionfanti       

Cherubini

9°Primo Mobile       

Gerarchie angeliche         

Serafini

10°Empireo  

La candida rosa con 

Dio, gli angeli, i beati

La terza cantica è l'esaltazione della divina potenza del creato che si esprime con una luce ed un suono purissimi e pervasivi, capaci di richiamare la perfetta armonia di tutto l'universo.. I beati  tranne poche eccezioni, non compaiono con le loro sembianze corporee ma sotto forma di pura luce, mentre il paesaggio del paradiso appare privo di ogni riferimento ad elementi terrestri.
Per riassumere quanto abbiamo detto sul paradiso di Dante bisogna aggiungere che:

  • La sede vera e propria dei beati è l'Empireo, un cielo non fisico ma spirituale in quanto è al di là dei cieli naturali (materiali).
  • Le anime scendono ad incontrare Dante nei vari cieli per rendere manifesto alla sua percezione umana l'ordinamento morale del Paradiso.
  • Ogni anima si presenta nel cielo in base alla sua virtù praticata sulla terra.
  • I cieli sono nove sfere concentriche, sono composti di materia cristallina incorruttibile e ruotano intorno alla terra. In ognuno di essi, tranne l'ultimo, c'è un pianeta o una stella.
  • Nei primi tre cieli compaiono anime di minore perfezione. Le anime però sono soddisfatte e non desiderano altra posizione; la gratitudine non può avere gradazioni.
  • Nel cielo delle stelle fisse Dante subisce un esame teologale da parte degli apostoli.
  • L'Empireo è pura luce intellettuale ed è la vera sede dei beati. Questi appaiono disposti sui gradini di un anfiteatro paragonati ad una candida rosa.
  • I beati appariranno a Dante con la forma che avranno nel giorno del giudizio. Il centro della candida rosa è dato dal raggio di luce divina che si riflette sulla superficie esterna del primo mobile. Tra la rosa dei beati e Dio fanno la spola gli angeli che distribuiscono la Grazia da gradino a gradino.
  • Qui Beatrice ritorna al suo seggio e le subentra il mistico S. Bernardo, il quale rivolge una preghiera alla Vergine che intervenga presso Dio.
  • La sostituzione significa che lo slancio mistico deve prendere il posto della teologia per poter "vedere" Dio.
  • Dante si fonde con la divinità e coglie i grandi misteri: la Trinità e la doppia natura di Cristo.
M. Pattini

 

Fonte: http://www.inpicciolettabarca.it/dante/dantepercorsi.htm

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