Letteratura slovena

 

 

 

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Letteratura slovena

 

 LA LETTERATURA SLOVENA
      Trieste è stata un centro importante di elaborazione culturale slovena, nei secoli passati, soprattutto nell'800, quando la politica dell'impero asburgico e la fioritura economica della città favorirono l'inurbamento di molti sloveni.
      Nel 1910 Trieste superava, in numero di abitanti sloveni, la stessa Lubiana, tanto che Ivan Tavcar la soprannominò "polmone della Slovenia": in questo contesto si sviluppò una letteratura slovena autoctona , ricca di scrittori e di poeti come Fran Levstik, Dragotin Kette, Ivan Cankar.
      Dalla seconda metà dell'800 ( l'età della "primavera dei popoli"), però, lo sviluppo dei nazionalismi portò ad incrinare l'equilibrio e la simbiosi tra le due culture. L'opera di oppressione e di violenta snazionalizzazione del fascismo, poi, rese più profonda la spaccatura e la mancanza di comunicazione tra gli italiani e gli sloveni di Trieste.
      Oggi, in un mutato clima politico e culturale, si possono leggere ed apprezzare anche in italiano le poesie di Srečko Kosovel, di Miroslav Kosuta, di Igo Gruden , o i romanzi di Alojs Rebula, tutti originari del carso triestino.

 

 

IGO GRUDEN     

 

     Igo Gruden è uno tra i maggiori esponenti della poesia slovena.
Nacque ad Aurisina ( Nabrežina ) nel 1893, periodo in cui il paese conobbe una notevole impennata economica grazie all'industria delle cave di pietra, favorita dalla ferrovia che collegava Trieste con Vienna.   
     Di famiglia agiata, visse la sua infanzia in un ambiente completamente sloveno. Frequentò studiando giurisprudenza presso le università di Vienna e Praga, tappe obbligatorie per tutti i giovani benestanti sloveni, e collaborò con varie riviste di Zagabria. I suoi primi versi risalgono ai 14 anni e rivelano la preferenza per le forme classiche quali il sonetto e l'endecasillabo.
      L'esperienza della prima guerra mondiale, combattuta aspramente nella regione, segnò profondamente il poeta, che visse e testimoniò nelle sue opere il dramma dei compatrioti costretti a rifugiarsi all'interno dei territori dell'Impero Austro Ungarico, cui apparteneva allora Trieste.
      Soggetti delle sue liriche sono il paesaggio carsico, la vita quotidiana e le condizioni sociali della popolazione slovena del territorio . A questi temi, dopo la fine della guerra e il passaggio del territorio all'Italia, negli anni del regime fascista che operò un'intensa attività di snazionalizzazione degli sloveni, si aggiungono il senso di nostalgia per il tempo passato ed il suo sentimento nazionale ferito.
      Emerge da queste poesie una particolare attenzione e un senso di solidarietà per gli oppressi, per la povera gente: le figure più frequenti sono i contadini ed i pescatori dei villaggi sloveni della costa triestina, ritratti con realismo e simpatia ma anche con dolorosa partecipazione alla loro dura condizione (Barcola, Nelle cave di Aurisina). Importante fonte di ispirazione fu pure sua moglie Pepca, dedicataria di epistole epico-storiche note col nome di Canti della cameriera Pepca.
      Alla vigilia della seconda guerra mondiale pubblicò due nuove raccolte di poesie ispirate all'atmosfera tenebrosa di quegli anni ed esplicando ancora una volta il suo grande impegno umanistico, sociale e patriottico: La dodicesima ora
(Dvanajsta ura , 1939) e Il cuore del poeta ( Pesnikovo srce , ultimato nel 1941).
      Convinto pacifista, nemico di violenze, di false demagogie, difensore del retaggio culturale sloveno, fu considerato un poeta antiitaliano e controllato da vicino dalle forze di polizia; durante la guerra venne internato in diversi campi di concentramento , tra cui il terribile lager dell'isola di Arbe.
      Di questa reclusione parlò nel diario poetico In esilio, in poesie caratterizzate da assenza totale di odio o di ribellione; egli vi esprime piuttosto un senso di solidarietà umana per tutti, compagni di sofferenza oppure nemici , carcerieri (Cella numero cinque, Soldato straniero…).
      Nella sua opera, quindi, Gruden testimonia il dramma dell'uomo sloveno ed europeo del XX secolo, proponendo una soluzione di superamento della sofferenza nel coraggio e nell'amore per gli altri uomini. Morì a Lubiana nel 1948. 


 

 

BARCOLA         

Come uccelli in fuga dalla bora
cercando riparo - così le bianche case sul costone,
sui pastini, dove il vento marino profuma,
sono calate tra le viti e gli ulivi.

Davanti a quelle case le Barcolane hanno steso
le bianche camicie: un po' più in alto nel sole
sopra la pergola sui davanzali rosseggia ancora il garofano -
per chi una mano l'ha coltivato?

L'uomo si consuma tutto il giorno negli altoforni di Servola.
Nel porto triestino il ragazzo scarica sacchi,
la ragazza vende i fiori a Ponterosso:

da Barcola, dove la mia lingua non si spegne,
dove le zolle non generano traditori,
il nostro sangue e la nostra terra penetrano a Trieste.
Trad. G.Depangher

BARKOVLJE

Kot bi pred burjo se v zavetje skrile
na begu ptice - v bregu bele hiše
na paštne, kjer od morja veter diše
med trte so in oljke se spustile.
 
Pred njimi Barkovljanke razgrnile
so bele srajce... v soncu malo više
nad latniki po oknih nagelj rdi še -
za koga roke so ga tja vsadile?
 
Moz v plavzih škedenjskih ves dan se trudi,
v trzaški luki zaklje fant prenaša,
deklé na Rdecem mostu roze nudi:

iz Bárkovelj, kjer moj jezik ne ugaša,
ker izdajic dojile niso grudi,
zajeda v Trst se kri in zemlja naša.


 Analisi  di BARCOLA - BARKOVLJE

 

      La poesia presenta la struttura classica del sonetto - due quartine e due terzine di endecasillabi - , con uno schema di rime incrociate (ABBA, ABBA, CDC, DCD) nel testo originale, che non viene del tutto mantenuto nella traduzione italiana.
      Le prime tre strofe appaiono quasi tre quadri; l'ultima costituisce piuttosto una riflessione.
      La prima quartina si apre con una similitudine: le bianche case sul costone sono paragonate ad uccelli in fuga dalla Bora, nascoste nei pastini tra viti e ulivi. E' un' immagine dinamica e vivace, positiva ( il vento marino profuma ): le case sembrano animate, danno un senso di vitalità.   La ripresa del colore bianco (delle case e rispettivamente delle camicie) costituisce un collegamento tra la prima e la seconda quartina.
      Nella seconda strofa Gruden focalizza l'attenzione sulle case di Barcola e l' obbiettivo si sposta dalle case alle donne ( le Barcolane ) .
Prevale sempre un senso di luminosità ( le bianche camicie,... in alto nel sole).   
Il poeta fissa il suo sguardo sui balconi delle case dove rosseggia… il garofano: con l'uso sottolineato del colore dei garofani il poeta forse evoca la sua visione politica di questo piccolo mondo.
La strofa si conclude con una domanda: per chi è stato piantato e curato il fiore rosso?
      Questo interrogativo, che sottintende un affetto, un legame, ci porta alla strofa seguente: nella prima terzina, infatti, non vengono più proposti paesaggi ma tre figure: un uomo (forse il marito di una barcolana) che lavora ( si consuma ) nel calore della ferriera ( gli altoforni di Servola), un ragazzo (forse il figlio), che fa il portuale (scarica sacchi), e una ragazza (forse la sorella) che vende fiori al mercato cittadino.
Si può forse individuare un climax discendente nella rappresentazione della durezza del mondo del lavoro. Certo con questa strofa il poeta vuole ricordare l'apporto lavorativo dato alla città di Trieste dalla minoranza slovena.
      Questo si chiarisce esplicitamente nell'ultima terzina, dove il poeta sottolinea le sue radici: da Barcola, dove la popolazione slovena è radicata, dove i suoi consanguinei lavorano nei campi, nasce il contributo sloveno all'economia triestina. Sembra quasi una contrapposizione tra le campagne barcolane, vive, colorate, gioiose, e l'immagine della città, caratterizzata dalla fatica e dal lavoro. L'urbanizzazione, insomma, appare un rischio: di perdita dell'identità nazionale, di perdita di un felice rapporto con la natura.

      E' il tema finale, duro e cupo (zolle, sangue, terra), rinforzato da connotazioni negative, anche se negate (non…si spegne, non…traditori), che domina questa poesia, pur così ricca di immagini, di colore e di movimento, e così classica nelle sue forme.


 

NELLE CAVE DI AURISINA   

Ascolta - canti calabri e friulani
dalla pietra echeggian, suonan vibrando.
l'orecchio ho teso - oh, vorrei gridare
da Aurisina fin giungere a Sistiana.

Magri e bruciati più delle cicale
i corpi che vacillano nel sole:
mani che arretrano e s'alzano ovunque,
rassegnati sguardi, guance rugose.

Il berretto bianco di carta in capo,
ma sotto son tristi e cupi i pensieri,
semisvestito, dalla cava cerca

di dare all'affamata prole il pane;
solo il sabato, dentro all'osteria
i crucci oscuri annegano nel vino.
                                                                                     Trad. G.Depangher

V NABREŽINSKIH KAMNOLOMIH      

Čuj - pesem Kalabréža in Furlana
zveni iz kamna, poje trepetaje...
prisluhnil sem - o, kriknil bi najraje
od Nabre'ine daleč do Sesljana.
 
Bolj od Škržakov suha in ožgana
telesa so, kar v soncu se jih maje:
sto rok se krči, dviga na vse kraje,
oči so mrke, lica razorana.
 
Na glavi belo kapo iz papirja,
pod njo pa misli žalostne in mračne,
razpet in golorok ves teden terja
 
iz kamna kruha za otroke lačne;
v soboto le, ko stopi do oštirja,
mu v vinu utonejo skrbi oblačne.

 

 

 

Analisi  di NELLE CAVE DI AURISINA - V NABREŽINSKIH KAMNOLOMIH  

      Ancora un sonetto dal tema sociale, ambientato nel cuore produttivo del territorio, le cave di Aurisina, dove sloveni, calabri e friulani lavorano fianco a fianco, subendo la medesima sorte di sfruttati.
      Lo sguardo del poeta si sofferma sulla durezza del lavoro dei cavatori, magri e bruciati ... i corpi che vacillano. Le connotazioni negative riguardano sia il loro fisico che i loro pensieri: gli sguardi sono rassegnati, le guance rugose, i pensieri tristi e cupi; i crucci oscuri non trovano altra consolazione, nei momenti di riposo, che nell'alcool.
      Il poeta, rappresentando questa scena, compie un atto di denuncia di uno sfruttamento in cui gli sloveni del territorio sono accomunati agli immigrati italiani.

 

 

 

 

Vai al capitolo sulle Cave di Aurisina nell’ipertesto sul Carso

Vai  al capitolo dell’ipertesto sulla popolazione slovena del carso e sulla sua storia

 

Fonte: http://www.liceopetrarcats.it/sperimentazione/Comenius_TS_Multiculturale/documents/GRUDEN_Poesie.doc

Autori del testo:

Il presente testo è tratto dall’ipertesto “Il Carso tra natura e cultura”, prodotto dagli studenti della classe 1G dell’a.s. 2001/2002 del Liceo Petrarca (vai)
Nella sezione dedicata a Igo Gruden viene proposto ed analizzato un altro sonetto, L’alba sul mare / Jutro na morju (vai)
La trascrizione e rielaborazione è di Lucia Dossi,  della classe 1G  2008/2009.

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