Ugo Foscolo appunti
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Ugo Foscolo appunti
NOSTALGIA
LA STRADA DEI “SEPOLCRI” ¨
IL CARME CIVILE ¨
ARTICOLAZIONE DEL CARME « DEI SEPOLCRI Le grandi parti in cui si articola il carme:
1 - PARTE (vv. 1- 90)
2- PARTE (vv. 91- 150)
3- PARTE (vv.151- 212) divisibile in 2 sezioni
4- PARTE (vv.213- 295) Si svolge in due distinti momenti.
LO SCHEMA ¨
PARAFRASI DEI SEPOLCRI ¨
SOMMARIO - (LETTERA. MONSIEUR GUILLON) ¨
TESTI¨
A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI¨
ALLA SERA ¨
A ZACINTO ¨
NOSTALGIA
La parola è stata coniata da un alsaziano di Mulhouse, un certo Johannes Hofer. Come argomento della sua tesi di laurea, sostenuta a Basilea, il futuro medico aveva scelto la malattia che coglieva spesso gli svizzeri durante il servizio militare in eserciti stranieri. Nelle tesi egli ritenne che il nome popolare di Heimweh (dolore per la lontananza dalla patria) fosse troppo poco solenne. Così lo tradusse in greco. Tra le varie possibilità che gli si offrirono scelse quella di “nostalgia” (da nostos “ritorno” e algos “dolore”, quale titolo del suo lavoro. Nostalgia nacque dunque come termine medico e come tale fu usato per due secoli. È verso la fine dell’ottocento che il termine esce dall’ambito medico- scientifico e approda a quello letterario- artistico ¨
LA STRADA DEI “SEPOLCRI” ¨
Significativo che dopo le odi e sonetti Foscolo si sia impegnato nel verso sciolto.
Il fatto è che la raggiunta maturità artistica- poetica del Foscolo gli permetteva di fare a meno del verso chiuso per fermare e disciplinare la sua ispirazione. Oltre a ciò v'è da dire che l'esperienza umana ed intellettuale del poeta veniva esperimentando i limiti di espressività della forma puramente lirica. "Convinzioni filosofiche e politiche meditazioni morali, idee artistiche dovranno ormai essere tutte rappresentate in un nuovo organismo, non rigidamente istituzionalizzato, né disordinatamente effusivo, bensì unitario per legge interna dominato da una superiore legge di equilibrio."
Così tutti i motivi delle Odi e dei Sonetti sono destinati ad essere trattati in forma poeticamente sistematica. "Ne riuscirà un capo d'opera eccezionale, ideato e realizzato in breve tempo, ma la cui preistoria ideologica e artistica risale almeno dieci anni avanti."
Nella maturazione intellettuale del poeta permane il dissidio tra meccanicismo e bisogno di senso proprio dell' esistenza umana. Ma il poeta è ormai sentimentalmente e spiritualmente volto verso la vita e non verso la morte come soluzione d'ogni interno dissidio. Il destino dell'uomo non gli è ancora del tutto chiaro nel suo dramma tuttavia egli non ne subisce nè lo sgomento nè l’annichilimento. Ciò che agisce in Foscolo in modo preminente è ora una ragione adulta e illuminata.
I Sepolcri non sono assimilabili alla poesia sepolcrale pre-romantica. Il Foscolo non cerca conforto in ciò che si può sperare o credere esserci nell'oltretomba. Il conforto è tratto dall'elogio di una calda vita intensamente vissuta e ben spesa nella realizzazione di nobili propositi e obiettivi.
Soltanto estrinsecamente il carne può essere collegato agli editti mortuari della legislazione austriaca e di quella napoleonica. Essi potranno costituire il motivo occasionale dell'opera non la sua più intima motivazione.
Elemento predominante del carme:
- Contrasto tra la vita bella e seducente e l'ineluttabilità di una morte che tutto inghiotte ed annulla. Questo contrasto non dà luogo alla rassegnazione ma è sciolto nell'esaltazione del sepolcro come testimonianza del nobile operare e nella celebrazione della poesia per la sua facoltà suprema di eternare gli uomini e le loro imprese.
- Il concepimento: avviene a Venezia dove di ritorno dopo 10 anni il Foscolo si intrattiene con Pindemonte e Isabella Teotochi. Ritornato a Milano lo scrive e pensa subito di pubblicarlo. In un primo momento è significativo che il Foscolo pensi alla sua opera come una lettera che immagina di indirizzare all'amico Pindemonte. In seguito allargatosi il campo delle considerazioni ed elevatosi il tono poetico, il prodotto poetico assume la fisionomia del Carme.
- Il primo annuncio che i sepolcri erano terminati, Foscolo lo dà in una lettera a Isabella Teotochi il 6 Settembre 1806. L'edizione dei sepolcri avverrà ai primi di Aprile del 1807. ¨
IL CARME CIVILE ¨
SCHELETRO: In quanto tale esso non suggerisce nessuna idea veramente nuova, ma suggerisce le concatenazioni interne attraverso le quali le diverse idee sono coerentemente desunte le une dalle altre: sottile e inavvertito rapporto dialettico che ne costituisce la TESSITURA. Questa tessitura si realizza mediante le TRANSIZONI costituite come dice lo stesso Foscolo "da modificazioni di lingua e da particelle che acquistano senso e vita diverse secondo di accidenti, il tempo e il luogo dove sono collocate" Ne consegue che nei Sepolcri è costantemente presente e felicemente attuata la tecnica associativa la quale costituisce la prima virtù dell'opera, virtù che permette al poeta di superare i limiti del frammentarismo e di realizzare una compagine unitaria e armonicamente fusa.
È una questione di sapienza poetica, mediante la quale Foscolo ha voluto risolvere il problema di ardua e complessa architettura espressiva che l’elaborazione del tema gli poneva davanti. Il lavoro non è dunque composto o originato da semplice soluzioni particolari e da illuminazioni episodiche.
ARTICOLAZIONE DEL CARME « DEI SEPOLCRI
Le grandi parti in cui si articola il carme:
1 - PARTE (vv. 1- 90)
E’ QUELLA IN CUI FOSCOLO SOSTIENE CHE LE TOMBE NON SERVONO AI MORTI MA AI VIVI IN QUANTO SUSCITANO IN COSTORO AFFETTI VIRTUOSI.
QUESTA PARTE E’ A SUA VOLTA DISTINGUIBILE IN TRE SEZIONI:
1.1- (vv. 1- 22) interamente fondata sopra una duplice interrogazione che pone in contrasto la bellezza della vita e l'irrevocabile oblio della morte; in questa sezione la transizione dominante è quella del verso 16: "Vero è ben, Pindemonte"
1.2- la seconda sezione (vv. 23- 50) rappresenta un capovolgimento rispetto alla prima. Il punto di svolta è dato dalla transizione dell'inizio "ma perché pria del tempo". Il “ma” bilancia il negativo della prima sezione e il positivo della seconda. Non vi è un mutamento del pensiero, di analisi della realtà oggettiva. Ciò che il Foscolo vuole affermare è che nonostante il destino "fisico" dell'uomo non ha senso che l'uomo affretti con le sue stesse mani il processo di decomposizione fisica. Si tratta di un passaggio dalla verità dell'intelletto alla verità del sentimento.
Un'altra transizione è quella del verso 41 “Sol chi non lascia..." che evidenzia il distacco tra la sacralità del sepolcro e l’esclusione della "corrispondenza" di coloro che non lasciano traccia dietro sé.(vv. 41- 50)
1.3- (vv. 51- 90) La transizione è "Pur nova legge...". È un passaggio adeguatamente preparato che non coglie di sorpresa il lettore. Gli editti sono respinti dal Foscolo in quanto nella loro concezione rigidamente egualitaria non permettono di distinguere le tombe dei giusti da quelle dei malvagi. È un'altro contrasto quello della vagheggiata degna sepoltura del Parini e l’immagine lugubre della contaminazione del suo corpo da parte di qualche delinquente che si incarica di articolare il pensiero della terza sezione.
2- PARTE (vv. 91- 150)
La seconda parte si articola in cinque sezioni collegate da quattro transizioni. La prima é collocata al verso 104.
2.1- (vv.91- 104) Si esalta l'istituzione delle tombe e se ne mostra il valore sacro- testimoniale.
2.2- (vv.104- 114) Riferimento polemico alle usanze cattoliche che hanno reso lugubri i luoghi ove riposano i morti.
2.3- (vv.114- 129) Marcata opposizione rispetto al frammento precedente.E' la libera descrizione dei riti in cui si celebra la "corrispondenza di amorosi sensi".
2.4- (vv.130- 136) Introdotta da "Pietosa insania" rafforza il tema precedente, annotando come un tale rapporto sussista anche tra i popoli civili: “le britanne vergini”.
2.5- (vv.137- 150) introdotta dalla congiunzione "ma ove dorme..." c'è l'affermata inutilità delle tombe presso i popoli schiavi e corrotti. (Tema che fa da corrispondenza alla sezione 2° della prima parte). Da notare che in questa seconda parte dopo la prima transizione le altre quattro si dispongono ad incrocio: negative la prima e la quarta, positive la la seconda e la terza sezione.
3- PARTE (vv.151- 212) divisibile in 2 sezioni
3.1 - (vv.151- 197)Commosse rievocazioni di grandi italiani sepolti in Santa croce.
3.2- (Vv.197- 212) “Ah! Sì da quella...” Segna il passaggio dalla celebrazione italica a quella greca nella quale sono esaltate le virtù eroiche degli ateniesi che si sacrificarono per l'amor di patria.
La transizione è in mezzo al verso 197. E'una transizione per estensione
analogica. Dal caso specifico (l'atmosfera di Santa croce) si passa all'universalizzazione dei grandi sentimenti umani. Questa è una parte nella quale emergono insistentemente le iterazioni.
4- PARTE (vv.213- 295) Si svolge in due distinti momenti.
4.1- (vv.213- 225) Vi è confermato l'arcana potenza dei sepolcri anche là
dove il tempo abbia distrutto ogni sensibile simulacro.
4.2- (vv.226- 295) Introduce il tema della poesia eternatrice di ogni alto valore morale contro l'avida usura del tempo, anzi a suo dispetto. Come nella terza parte era istituito il parallelismo Santa Croce/Maratona (individuale- universale) nella quarta è istituito il parallelo Foscolo (individuale)- Omero (universale).Caratteristiche generali: tecnica associativa sempre presente tesa a realizzare una compagine unitaria e armonicamente fusa. Iterazioni incalzanti. ¨
LO SCHEMA ¨
+- - - - - 1ª SEZIONE (vv 1 - 22)
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1ª VV. 1 - 90 - - - - - - 2ª SEZIONE (vv 23 - 50)
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+- - - - - 3ª SEZIONE (vv 51 - 90)
+- - - - - 1ª SEZIONE (vv 91 - 104)
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+- - - - - 2ª SEZIONE (vv 104 - 114)
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2ª VV. 91 - 150 - - - - 3ª SEZIONE (vv 114 - 129)
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+- - - - - 4ª SEZIONE (vv 130 - 136)
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+- - - - - 5ª SEZIONE (vv 137 - 150)
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+- - - - - 1ª SEZIONE (vv 151 - 197)
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3ª VV. 151 - 197
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+- - - - - 2ª SEZIONE (vv 197 - 212)
+- - - - - 1ª SEZIONE (vv 213 - 225)
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4ª VV. 212 - 295
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+- - - - - 2ª SEZIONE (vv 226 - 295) ¨
PARAFRASI DEI SEPOLCRI ¨
Siano santi i diritti Dei - - - - "
parte I vv.(1- 90)
(1- 22)
Il sonno della morte è forse men ben duro all'ombra dei cipressi e dentro l'urne confortante di pianto? Ove (quando) il Sole non fecondi per me alla terra (sulla terra) questa bella famiglia di erbe e di animali e quando le ore future, vaghe di lusinghe, non danzerranno innanzi a me, nè (quando), dolce amico, udrò più da te il verso e la mesta armonia che lo governa, nè (quando) lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto (conforto ideale) a (della) mia raminga vita, quale ristoro fia (sarà) a’(per) i dì perduti un sasso (lapide) che distingua dalle infinite ossa che (la) morte semina in (per) terra e in (per) mare le mie (ossa)? E' ben (purtroppo) vero, o Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri; e l'oblio avvolge tutte le cose nella sua notte; e una operosa forza le affatica di moto in moto e il tempo traveste l'uomo e le sue tombe e le estreme sembianze e le reliquie della terra e del cielo.
(23- 50)
Ma perchè pria del tempo il mortale invidierà a se l'illusione (quella speranza) che spento (già morto) lo tratterà al limitare di Dite? Egli forse non vive anche sotterra, quando (se) l'armonia del giorno gli sarà muta se può destarla nella mente dei suoi cari con soavi cure? Questa corrispondenza di amorosi sensi è (cosa) celeste, è una dote celeste negli (degli) uomini e spesso per (grazie) lei si vive con l'amico estinto e l'estinto (vive) con noi, se (a patto che) la terra pia (pietosa) che lo (estinto) raccolse infante e lo nutriva, porgendo (a quello) ultimo asilo (l'estrema dimora) nel suo materno grembo, renda (avrà reso) sacre [avrà protetto] le reliquie dalla insultar (dalla violenza delle intemperie distruttive) dei nembi e dal profano piede del vulgo (dalla irrispettosa non curanza della gente) e (se) un sasso serbi (conserverà) il nome, e (un’)arbore amica (e una pianta pietosa) odorata (odorosa) di (per i suoi) fiori consoli (conforterà) di molli ombre (con la sua ombra morbida e delicata come una carezza) le ceneri (sue). Solo chi non lascia eredità d' affetti ha poca gioia dell'urna e se (e anche se) pur mira dopo le esequie (rivolge il suo pensiero a quel che sarà di lui dopo la morte) egli vede (può prefigurare) errar il suo spirito fra il compianto dei templi acherontei o [vede il suo spirto] ricovrarsi (trovare
protezione) sotto le ali grandi del perdono di Iddio; ma lascia la sua polve (il suo corpo) abbandonata alle ortiche di (una) gleba deserta (incolta), (la dove) ove nè donna innamorata preghi (potrà pregare per lui) nè il solingo passeggier oda (potrà avvertire) il sospiro che la Natura manda a noi dal tumulo.
(50- 90)
Pur (tuttavia) nuova legge impone (che) le tombe (siano poste) lontane (in un luogo lontano) fuor de pietosi guardi e contende (non concede il diritto) ai morti il nome (di conservare il nome). E, o Talia, senza tombe giace il suo sacerdote che cantando a te (componendo le sue opere ispirandosi a te) educò (coltivò) con lungo (fedele) affetto (premura) un lavoro e ti appendea (ornò la tua immagine) corone e tu (lo ispiravi) ornavi con il tuo riso (la tua ispirazione) i suoi canti (le sue composizioni) che pungean il lombardo Sardanapalo, per il quale è dolce solo (solamente) il muggito dei buoi che lo fanno beato di ozi e di vivande (procurandogli=producendogli le ricchezze provenienti) dal Ticino e dagli antri abduani. O bella Musa, ove tu sei? Non sento spirare l'ambrosia (il profumo) che è (segno) indizio (della tua divina presenza) del tuo nume fra queste piante (all'ombra dei quali) ove io siedo e (mentre io) sospiro (penso con nostalgia al) il mio materno tetto. E tu (Musa) venivi e sorridevi a lui sotto (l'ombra) quel tiglio che ora con frondi dimesse (mostrando il suo compianto avendo reclinati dolorosamente i suoi rami) va fremendo perchè l'urna del vecchio (al quale una volta) cui era cortese (offriva) di calma (serenità) e d'ombre (ristoro). A lui la città, lasciva, allettatrice di cantori evirati (di poeti smidollati, servili) non (innalzò entro le sue mura) pose ombre tra le sue mura (nell'albero alla cui ombra porre la sua tomba), non (riservò per lui) (una lapide e un'incisione) pietra, non parola e forse il ladro che lasciò i suoi debiti sul patibolo gli insangua l'ossa col capo mozzo.
Senti la derelitta cagna e famelica ramigando su le fosse raspar tra le macerie (tombe in rovina abbandonate) e (vedi) l'upupa uscir dal teschio ove (dentro il quale) fuggia la luna (aveva cercato riparo dalla luce della luna) e (la vedi) svolazzar per la funerea campagna su per le croci e vedi (quella) l'immonda accusar (rivolgere accuse a) con il suo verso singultante i raggi di che (delle quali) le stelle son pie (per i raggi pietosi con i quali le stelle illuminano le sepolture dimenticate, sono pietose) alle sepolture obliate.
Invano o Dea preghi (invochi) rugiade (che le rugiade cadano) sul tuo Poeta (pietose e confortanti e consolatrici) dalla squallida notte (oscurità nella quale è avvolta le sue tombe). Ahi, non sorge fiore sugli estinti ove (il fiore) non sia onorato da lodi umane e da un pianto amoroso.
parte II vv.(91- 150)
(91- 103: 1° sezione)
Dal di che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose (dal giorno in cui l'umanità dandosi norme di convivenza morale e civili si rese pietosa, affinò sentimenti di pietà per il suo stesso futuro spirituale) i vivi toglieano (gli umani procurano di proteggere dalla) all'etere maligno (azione corruttrice degli agenti atmosferici) ed alle fiere gli avanzi miseri (i poveri resti corporali) che la Natura con voci eterne (attraverso mutevoli e alterne vicende) destina ad altri sensi. Le tombe erano testimonianza ai festi (glorie passate) ed erano are ar i figli (luoghi sacri di preghiera) e i responsi dei domestici Lari uscian di qui (dalle tombe si riteneva mandassero ai vivi i loro consigli gli dei Lari) e il giuramento sulla polve degli avi fu ritenuto, religione (pratiche religiose queste) che con diversi riti (furono tramandate da) le virtù patrie e la pietà congiunta (l'affetto dei parenti) tradussero per lungo ordine di anni (attraverso numerosi secoli).
(104- 114: 2ª sezione)
Non sempre i sassi sepolcrali fean (da) pavimento ai templi; nè il lezzo dei cadaveri avvolto agli incensi contaminò i supplicanti; ne le città fur meste di effigiati scheletri: le madri balzan esterefatte ne sonni e tendono le braccia nude sull'amato capo del loro lattante caro onde il gemer lungo di persona morta chiedente dal santuario la venal agli eredi nol (non lo) desti.
(115- 129: 3ª sezione)
Ma i cipressi e i cedri impregnando di puri effluvi i zeffiri protendean sull' urne perenne verde per memoria perenne e preziosi vasi accoglievan le lacrime votive. Gli amici rapivan una favilla al Sole a illuminar la sotterranea notte perchè gli occhi dell'uomo, morendo, cercano il sole e tutti i petti mandano l'ultimo sospiro alla fuggente luce. Le fontane versando le acque lustrali (purificatrici) sulla zolla funebre educavano (facevano crescere) amaranti (pianta dai fiori piccoli di color vinato) e chi sedea a libar latte e a raccontare sue pene ai cari estinti sentia intorno una fragranza qual d'aura dei beati Elisi.
(130- 136: 4ª sezione)
Pietosa insania che fa gli orti dei suburbani avelli cari alle britanne vergini, (là) dove l'amore delle madri perdute la (spinge) conduce, dove (elle) pregarono i Geni clementi (perchè fossero clementi) del ritorno (e concedessero il ritorno) al prode che fè tronca (che troncò) la trionfata (la nave conquistata) e vi scavò la (sua) bara.
(137- 150: 5ª sezione)
Ma ove il furor d'incline gesta dorme e l'opulenza e il tremor sian ministre al vivere civile, cippi e monumenti marmorei sorgono (quale) inutil pompa o (quali) inaugurate (non desiderate) immagini dell'Orco. Il dotto, il ricco e il patrizio vulgo, decoro e mente al bello italo regno, già da vivo ha sepoltura nelle adulate regge e (ha) ad unica laude stemmi (e blasoni). Morte a noi apparecchi (un) riposato albergo ove una volta cessi la fortuna e l'amistà raccolga eredità non i tesori, ma sensi caldi (fieri e nobili sentimenti) e l'esempio di un carme liberale.
parte III vv.(151- 212)
(151- 197: 1ª sezione)
O Pindemonte le urne dei forti accendono il forte animo ad egrege cose e fanno al pellegrin bella e santa la terra che le ricetta. Io quando vidi il monumento ove posa il corpo di quel grande che temprando ai regnatori lo scettro ne sfronda gli allori e svela alle genti di quale lacrime e di quale sangue grondi e (quando vidi) l'arca di colui che alzò nuovo Olimpo agli dei in Roma e (l'arca) di chi vide rotarsi più mondi sotto l'etereo padiglione e (vide) il sole immoto irradiarli onde (per) primo sgombrò le vie del firmamento all'Anglo che vi stese tanta ala; gridai te beata per le felici aure pregne di vita e pei lavacri che Apennino dai suoi gioghi versa a te. La luna lieta dell'aer tuo veste i tuoi colli festanti per vendemmia di luce limpidissima e le convalli popolate di case e d'uliveti mandano mille incensidi di fiori al cielo e tu prima, Firenze, udivi il carme che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco e tu desti i cari parenti e l'idioma a quel dolce labbro di Calliope che (il quale) adornando Amore nudo in Grecia e nudo in Roma di un velo candidissimo (lo) rendea in grembo a Venere Celeste: ma più beata (per) chè serbi accolte in un tempio le itale glorie uniche forse da che le Alpi mal vietate e l'onnipotenza alterna delle sorti umane ti invadeano armi, sostanze ed are e patria e tutto, tranne la memoria. Che ove speme di gloria rifulga agli animosi intelletti ed all'Italia trarrem quindi (di qui) gli auspici. E Vittorio venne spesso a questi marmi ad ispirarsi. Irato ai patrii Numi muto errava ove (dove) Arno è più deserto mirando desioso i campi e il cielo; e poi che nullo aspetto vivente gli molcea la cura, l'austero posava qui e aveva sul volto il pallor della morte e la speranza. Eterno abita con questi grandi e le ossa fremono amor di patria .
(197- 212: 2ª sezione)
Ah sì! Un Nume parla da quella religiosa pace e nutria la virtù e l'ira contro i Persi in Maratona ove Atene sacrò tombe ai suoi prodi. Il navigante che veleggiò quel mar sotto l'Eubea vedeva balenar scintille d'elmi e di brandi cozzanti per l'ampia oscurità, (vedeva) le pire fumar igneo vapor, vedea larve guerriere corrusche d'armi ferree cercar la pugna e un suon di tube, un tumulto di falangi, un incalzar di cavalli accorenti, scalpitanti sugli elmi ai moribondi e pianto ed inni e il canto delli Parche si spandea all'orror dei silenzi notturni lungo i campi.
parte IV vv.(213- 295)
(212- 225: 1ª sezione)
Felice te Ippolito che correvi il regno ampio sei venti ai tuoi verdi anni. E se il piloto ti drizzò l'antenna oltre le isole Egee certo udisti suonar d'antichi fatti i liti dell'Ellesponto e (udisti) la marea mugghiar portando l'armi d'Achille alle prode retèe sovra le ossa di Ajace: morte è giusta dispensiera di gloria ai generosi nè senno astuto nè favor di regi serbava le ardue spoglie all'Itaco che (poichè) l'onda incinta dacli inferni Dei le ritolse alla poppa raminga.
(226- 295: 2ª sezione)
E le muse animatrici del pensiero mortale chiamino me ad evocare gli eroi me che i tempi e il desio d'amor fan ir fuggitivo per diversa gente. (Esse muse) siedono custodi dei sepolcri e quando il tempo che con le sue fredde ali vi spazza fin le rovine, le Pimplèe fanno lieti i deserti di lor canto e l'armonia vince il silenzio di mille anni. Ed oggi nella Troade inseminata un luogo eterno splende ai peregrini eterno per la Ninfa a cui Giove fu sposo e diede a Giove (come) figlio Dàrdano onde (da cui) fur Troia e Assàrraco e i cinquanta talami e il regno della gente giulia. Però che quando Elettra udì la Parca che chiamava lei dalle auree vitali del giorno mandò a' cori dell'Eliso il voto supremo a Giove: E se - diceva - le mie chiome, il viso e le dolci vigilie ti fur care e la volontà dei fatti non mi assente miglior premio, almeno guarda dal cielo la morta amica onde resti la fama d'Elettra tua. Così moriva orando. E l'Olimpone gemea; e l'immortal capo accennando pioveva ambrosia dai crini su la Ninfa e fe' sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio e dorme il giusto cenere d'Ilo, ivi le Iliache donne sciogliean le chiome deprecando (maledicendo) dai loro morti ahi indarno l'imminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar il dì mortale di Troia, venne e cantò amoroso carme all'ombra e guidava i nepoti e apprendeva l'amoroso lamento ai giovinetti. E sospirando dicea: Oh se mai il cielo permetta a voi ritorno d'Argo ove pascerete i cavalli al Tidìde e al figlio di Laerte invan cercherete la patria vostra. Le mura, opera di Febo, fumeranno sotto le loro rovine. Ma i Penati di Troia avranno stanza in queste tombe; che servar altero nome nelle miserie è dono dei Numi. E voi palme e cipressi che le nuore di Priamo piantano e che crescerete ahi presto innaffiati di lagrime vedovili, proteggete i miei padri. Un dì vedrete un cieco errar mendico sotto le vostre antichissime ombre e (lo vedrete) penetrare brancolando negli avelli e abbracciar l'urne e interrogarle. Gli antri secreti gemeranno e tutta la tomba narrerà Ilio due volte raso e due volte splendidamente risorto su le vie mute per far più bello l'ultimo trofeo ai fatati Pelìdi. Il sacro vate, placando col canto quelle alme afflitte, eternerà i prenci argivi per quante terre il gran padre Oceano abbraccia. E tu Ettore avrai onore di pianti ove il sangue versato per la patria fia santo e lagrimato e finché il Sole risplenderà su le umane sciagure.
SOMMARIO - (LETTERA. MONSIEUR GUILLON) ¨
parte I vv.(1- 90)
1.1 sez( 1- 22)
Le tombe e i riti funebri non servono a consolar chi muore.
Transizione dominante VERSO 16 "Vero è ..."
1.2 sez(23- 50)
Capovolgimento tematico.
Transizione "MA", ma non mutamento logico.
Altra transizione importante VERSO 41 "Sol chi non lascia ..."
1.3 sez(51- 90)
Transizione VERSO 51 "Pur nova legge ..."
Passaggio adeguatamente preparati.
Non coglie di sorpresa il lettore.
Gli editti vengono respinti perchè la loro logica egualitaria non rende merito agli uomini giusti.
parte II vv.(91- 150)
2.1 sez(91- 104)
Esaltazione delle tombe.
Ne viene mostrato il valore sacro- testimoniale
2.2 sez(105- 114)
Transizione VERSO 114 "Ma".
Riferimento polemico alle usanze cattoliche che hanno reso lugubre i
luoghi di riposo dei morti.
2.3 sez(115- 129)
Opposizione al quadro precedente.
Lirica.
Descrizione: viene celebrata la "Corrispondenza agli animosi sensi".
2.4 sez. (130- 136)
Rappresentazione del tema col riferimento alle usanze dei popoli civili
(Inghilterra).
2.5 sez. (137- 150)
"Ma" c'è l'affermata inutilità delle tombe presso i popoli schiavi
e corrotti.
4 transizioni: la 1ª e la 4ª negative
la 2ª e la 5ª positive
parte III vv.(151- 212)
3.1 sez. (151- 197)
Commossa rievocazione di grandi italiani sepolti in Santa Croce.
3.2 sez. (198- 212)
C'è il passaggio dalla celebrazione delle glorie italiche a quelle greche. Virtù eroiche (storiche) degli Ateniesi. Transizione VERSO 197: transizione per estensione analogica dal caso Specifico (Santa Croce) alla universalizzazione dei grandi sentimenti.
parte IV vv. (213- 295)
4.1 sez. (212- 225)
Riconferma l'arcana potenza dei sepolcri anche là dove il tempo ha distrutto ogni sensibile simulacro.
4.2 sez. (226- 295)
Tema della poesia eternatrice di ogni alto valore morale anche contro l'avida usura del tempo, anzi a suo dispetto.
TESTI ¨
A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO
1 I balsami beati
2 Per te le Grazie apprestino,
3 Per te i lini odorati
4 Che a Citerea porgeano
5 Quando profano spino
6 Le punse il piè divino,
7 Quel dì che insana empiea
8 Il sacro Ida di gemiti,
9 E col crine tergea
10 E bagnava di lagrime
11 Il sanguinoso petto
12 Al ciprio giovinetto.
13 Or te piangon gli amori,
14 Te fra le dive Liguri
15 Regina e diva! e fiori
16 Votivi all'ara portano
17 D'onde il grand'arco suona
18 Del figlio di Latona.
19 E te chiama la danza
20 Ove l'aure portavano
21 Insolita fragranza,
22 Allor che a' nodi indocile
23 La chioma al roseo braccio
24 Ti fu gentile impaccio.
25 Tal nel lavacro immersa,
26 Che fiori, dall'inachio
27 Clivo cadendo, versa,
28 Palla i dall'elmo liberi
29 Crin su la man che gronda
30 Contien fuori dell'onda.
31 Armoniosi accenti
32 Dal tuo labbro volavano,
33 E dagli occhi ridenti
34 Traluceano di Venere
35 I disdegni e le paci,
36 La speme, il pianto, e i baci.
37 Deh! perchè hai le gentili
38 Forme e l'ingegno docile
39 Vòlto a studj virili?
40 Perchè non dell'Aonie
41 Seguivi, incauta, l'arte,
42 Ma ludi aspri di Marte?
43 Invan presaghi i venti
44 Il polveroso agghiacciano
45 Petto e le reni ardenti
46 Dell'inquieto alipede,
47 Ed irritante il morso
48 Accresce impeto al corso.
49 Ardon gli sguardi, fuma
50 La bocca, agita l'ardua
51 Testa, vola la spuma,
52 Ed i manti volubili
53 Lorda e l'incerto freno,
54 Ed il candido seno;
55 E il sudor piove, e i crini
56 Sul collo irti svolazzano,
57 Suonan gli antri marini
58 Allo incalzato scalpito
59 Della zampa che caccia
60 Polve e sassi in sua traccia.
61 Già dal lito si slancia
62 Sordo ai clamori e al fremito,
63 Già già fino alla pancia
64 Nuota... e ingorde si gonfiano
65 Non più memori l'acque
66 Che una Dea da lor nacque.
67 Se non che il re dell'onde
68 Dolente ancor d'Ippolito
69 Surse per le profonde
70 Vie dal Tirreno talamo,
71 E respinse il furente
72 Col cenno onnipotente.
73 Quei dal flutto arretrosse
74 Ricalcitrando e, orribile!
75 Sovra l'anche rizzosse;
76 Scuote l'arcion, te misera
77 Su la petrosa riva
78 Strascinando mal viva.
79 Pera chi osò primiero
80 Discortese commettere
81 A infedele corsiero
82 L'agil fianco femineo,
83 E aprì con rio consiglio
84 Nuovo a beltà periglio!
85 Chè or non vedrei le rose
86 Del tuo volto sì languide,
87 Non le luci amorose
88 Spiar ne' guardi medici
89 Speranza lusinghiera
90 Della beltà primiera.
91 Di Cintia il cocchio aurato
92 Le cerve un dì traeano,
93 Ma al ferino ululato
94 Per terrore insanirono,
95 E dalla rupe etnea
96 Precipitar la Dea.
97 Gioian d'invido riso
98 Le abitatrici olimpie,
99 Perchè l'eterno viso
100 Silenzioso, e pallido
101 Cinto apparia d'un velo
102 Ai conviti del cielo:
103 Ma ben piansero il giorno
104 Che dalle danze efesie
105 Lieta facea ritorno
106 Fra le devote vergini,
107 E al ciel salia più bella
108 Di Febo la sorella.
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI¨
- Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
- Di gente in gente, me vedrai seduto
- su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
- Il fior de' tuoi gentili anni caduto.
- La Madre or sol suo dì tardo traendo
- parla di me col tuo cenere muto,
- Ma io deluse a voi le palme tendo
- E sol da lunge i miei tetti saluto.
- Sento gli avversi numi, e le secrete
- Cure che al viver tuo furon tempesta,
- E prego anch'io nel tuo porto quiete.
- Questo di tanta speme oggi mi resta!
- Straniere genti, almen le ossa rendete
- Allora al petto della madre mesta.
ALLA SERA ¨
- Forse perchè della fatal quiete
- Tu sei l'imago a me sì cara vieni
- Sera! E quando ti corteggian liete
- Le nubi estive e i zeffiri sereni,
- E quando dal nevoso aere inquiete
- Tenebre e lunghe all'universo meni
- Sempre scendi invocata, e le secrete
- Vie del mio cor soavemente tieni.
- Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
- Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
- Questo reo tempo, e van con lui le torme
- Delle cure onde meco egli si strugge;
- E mentre io guardo la tua pace, dorme
- Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
A ZACINTO ¨
1 Nè più mai toccherò le sacre sponde
2 Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
3 Zacinto mia, che te specchi nell'onde
4 Del greco mar da cui vergine nacque
5 Venere, e fea quelle isole feconde
6 Col suo primo sorriso, onde non tacque
7 Le tue limpide nubi e le tue fronde
8 L'inclito verso di colui che l'acque
9 Cantò fatali, ed il diverso esiglio
10 Per cui bello di fama e di sventura
11 Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
12 Tu non altro che il canto avrai del figlio,
13 O materna mia terra; a noi prescrisse
14 Il fato illacrimata sepoltura.
Fonte: http://materialefossati.altervista.org/download/AppuntiFoscoloIFtoReader.doc
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