Evoluzione umana evoluzione dell' uomo
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Evoluzione umana evoluzione dell' uomo
L’EVOLUZIONE DELL’UOMO
La radiazione adattativa è quel processo attraverso il quale si diversificano, a partire da un antenato comune, vari gruppi di organismi in quanto gli individui vanno ad occupare nicchie ecologiche rimaste vuote e, successivamente, barriere di vario tipo possono impedire gli accoppiamenti favorendo, così, la formazione di nuove specie.
L’evoluzione dei Primati (che si è andata sviluppando nel corso degli ultimi 65 milioni di anni) è uno degli esempi più comuni di questo processo.
I primi mammiferi comparvero 200 milioni di anni fa e in tutta l’era mesozoica (250 – 65 m.a. fa), trovandosi a competere con i dinosauri che dominavano la terra, rimasero confinati nell’habitat notturno. Sul territorio dell'attuale Nord America ritroviamo le più antiche testimonianze dell'esistenza dei Primati. Nelle foreste di 65 milioni di anni fa viveva infatti il Purgatorius, simile per forma e dimensioni a un toporagno. I suoi resti sono stati ritrovati, nel 1965 in una località delle Montagne Rocciose, denominata appunto “collina del Purgatorio” per le pesanti condizioni di lavoro.
In questo periodo si diversificarono una ventina di famiglie di mammiferi che cercavano strategie per convivere con i grandi rettili. Ne esistevano 4 tipi: multitubercolati (piccoli animali simili a roditori, con incisivi adatti a rosicare e molari con numerose cuspidi), monotremi (depongono le uova, ma allattano i piccoli), marsupiali (l’uovo si schiude nel corpo materno, ma il piccolo che nasce è ancora troppo fragile e viene mantenuto nel marsupio) e placentati ( il feto si sviluppa nell’utero della madre dalla quale riceve nutrimento).
65 milioni di anni fa i multitubercolati, che forse erano erbivori, erano i più numerosi, ma si sono estinti circa 35 m.a. fa.
Solo nel Paleocene ( 65 milioni di a.f) , con la scomparsa dei grandi Rettili, i mammiferi placentati si diffusero rapidamente e si differenziarono in diversi ordini. Alla fine del periodo successivo, l'Eocene, tutti gli ordini di Mammiferi si erano differenziati; in circa 30 milioni di anni dai minuscoli e timidi Insettivori si irradiarono le più svariate forme che oggi vanno dal piccolissimo toporagno alla gigantesca balenottera azzurra e all'uomo.
Anche alcuni monotremi e marsupiali sono giunti sino ad oggi, ma i placentati hanno avuto un maggior successo evolutivo grazie ai vantaggi dovuti al fatto che partorisco figli più sviluppati e quindi più forti e con maggior probabilità di sopravvivenza.
La scomparsa dei grandi rettili (Paleocene: 65-53 m.a.fa) lasciò molti ambienti liberi e i piccoli mammiferi ebbero l’occasione di lasciare la loro vita clandestina all’ombra dei dinosauri e avventurarsi in ogni direzione.
Purgatorius
- la mano con il pollice opponibile per rendere la presa più salda intorno ai rami;
- la visione tridimensionale per avere una migliore valutazione della distanza e potersi spostare da un ramo all’altro;
- il saltare da un ramo all’altro necessità di un alto grado di coordinazione tra movimento e vista e quindi era necessario un cervello più sviluppato.
Più di 60 milioni di anni fa si separarono due gruppi principali: le proscimmie e gli antropoidei. Tra le proscimmie moderne troviamo i lemuri e i tarsi. Gli antropoidei sono costituti dalle scimmie, dalle scimmie antropomorfe e dagli esseri umani .
Dai 34 ai 24 milioni di a.f.la Gondwana si frantumò e conseguentemente si separarono due gruppi di scimmie: le platirrine (del nuovo mondo: continente sud-americano) e le catarrine ( del vecchio mondo: Africa).
Dalle scimmie catarrine discendono le scimmie antropomorfe e l’uomo.
Dal 1960 in poi, nel corso di diverse spedizioni in Egitto, nella depressione di El-Fayum, guidate da Elwyn Simons, uno dei più autorevoli studiosi della evoluzione dei Primati, furono rinvenuti più di 200 reperti, datati tra i 30 e i 35 milioni di anni fa, attribuiti a forme primitive di scimmie catarrine. Ne sono stati rinvenuti 6 generi raggruppati in 3 famiglie: PARAPITECI, CERCOPITECI e PROPLIOPITECI, a quest’ultima appartiene "Aegyptopithecus", un primate scimmiesco per la dentatura, per la forma dell'arco mandibolare e per le dimensioni craniche (di circa 30 milioni di anni).
E' questa la prima forma arboricola diurna che costituisce la base evolutiva dei primati superiori, scimmie antropomorfe e uomo.
Nel 1948, nell'isola Rusinga sul lago Vittoria, Louis Leakey e sua moglie Mary rinvennero il cranio quasi completo e alcune ossa di arti che non potevano essere attribuite a generi fino ad allora conosciuti: venne denominato "Proconsul" (datato 25 milioni di anni fa) e considerato l’ antenato comune dei Pongidi e degli Ominidi.
La separazione tra Ominidi e Scimmie è consistita innanzitutto nella diversificazione dell’apparato locomotore: le scimmie antropomorfe mantengono la struttura adatta a muoversi appese agli alberi mentre gli ominidi cominciano a prendere la stazione eretta. L’adattamento della struttura non è avvenuta tutta in una volta, ma è stata selezionata dai mutamenti ambientali. Infatti, all’inizio del miocene (24 m.a. fa) in Africa, a causa del movimento delle zolle, si andava formando la fossa tettonica della Rift Valley. Il sollevamento dei suoi margini sconvolse il regime delle precipitazioni trasformando il clima e l’ambiente: l’ovest, più piovoso, rimase coperto di boschi e foreste mentre l’Est, a causa dell’inaridimento climatico vide la foresta ridursi e lasciare il posto alla savana: ciò determinò la separazione evolutiva del ceppo delle Antropomorfe africane da quello degli Ominidi.
Il nuovo ambiente (savana) selezionò le forme che si muovevano più agilmente a terra, trovando cibo e sfuggendo ai predatori; il piede divenne meno prensile e più adatto a camminare, la stazione eretta migliorò, e aumentò il volume del cranio. Queste nuove creature adatte al mutato ambiente sono gli Australopiteci.
In Etiopia, nei pressi di Hadar, nel 1974 Donald Johanson trovò uno scheletro quasi completo che fu attribuito ad un essere umano di sesso femminile, alto 1,20 m., pesante intorno ai 30 kg. , con una capacità cranica di circa 400 ml. e datato 3,5 milioni di anni fa: fu individuata come una nuova specie denominata "Australopithecus afarensis". E’ la famosa Lucy.
Un'altra scoperta avvenne a Laetoli nel 1978 e la dobbiamo ancora una volta a Mary Leakey. Questa volta non si tratta di resti fossili, ma di impronte di piedi. Su un terreno ricoperto dalle ceneri di una eruzione vulcanica di 3,6 milioni di anni fa tre ominidi lasciarono le loro orme, che si sono perfettamente conservate sino ad oggi. L'età di 3,6 milioni di anni è più che attendibile, poiché le ceneri vulcaniche possono essere datate con ottima precisione, e le orme, ben visibili per una lunghezza di 25 m. , indicano chiaramente una posizione eretta ed una camminata bipede. Queste orme vennero attribuite a esemplari della stessa specie scoperta ad Hadar pochi anni prima.
Sappiamo quindi che la posizione eretta si era già affermata 3,5 milioni di anni fa. Rinvenimenti molto recenti hanno ulteriormente retrodatato questa caratteristica a oltre 4 milioni di anni fa.
Gli Australopiteci possono essere considerati i nostri antenati, ma anche i nostri cugini perché oltre a dare origine ad Homo hanno continuato a dare discendenza tradizionale e per circa un milione di anni sono coesistiti.
A. afarensis non era ancora abituato all’ambiente aperto, ma questo ambiente selezionò i discendenti che meglio si muovevano nella savana, utilizzando bastoni e pietre come sostegno e per difendersi. Visse tra 3 e un milione di anni fa e convisse con altre forme di Australopiteci e di Homo. Infatti circa 2,3 milioni di a.f. il clima si inaridì e finirono i teneri germogli; i semi, i tuberi i bulbi selezionarono quegli individui con mandibole più forti per la nuova diede: si affermò Australopitecus robustus, che si è evoluto, forse, dallo stesso afarensis.
Quindi in Africa vissero due diverse specie di Australopiteci, una gracile ed una robusta, appartenenti alla famiglia degli Ominidi.
La filogenesi percorse il suo cammino dal comune progenitore e attraverso "Australopithecus", o altri ipotetici e ancora sconosciuti esemplari di Ominidi, pervenne sicuramente al genere "Homo".
Prima che gli Australopiteci si estinguessero fece la sua comparsa Homo, infatti nel Kenya settentrionale, nella località di Koobi Fora sulle rive del lago Turkana, Richard Leakey rinvenne un cranio completo con una capacità encefalica di 700 ml. attribuito alla specie "Homo habilis"..
Insieme ai reperti di Homo, nello stesso livello di scavo e quindi coevi, vennero trovati ciottoli lavorati con uno spigolo tagliente (choppers). “Homo“ per indicare i suoi aspetti fisici più somiglianti all’uomo e “abilis” perché fabbricava utensili.
Australopiteci e Homo convissero, ma non erano in competizione perché il primo aveva una dieta specializzata, mentre Homo era onnivoro e avvantaggiato dalla sua abilità.
Homo abilis è datato intorno a 1,8 milioni di anni.
Quindi 2 milioni di anni fa circa i primi rappresentanti del genere Homo vivessero accanto ad Australopiteci della specie robusta.
La caratteristica più importante di H.abilis è il suo cervello che mostra lo sviluppo delle aree relative al linguaggio articolato e alla sua comprensione.
Egli cacciava piccole prede, ma si nutriva anche di carogne lasciate dai grandi predatori.
La femminina accudiva i piccoli e si dedicava alla raccolta. A Olduvai, in uno strato risalente a 1,8 milioni di anni fa è stato trovato un cerchio di pietre interpretato come la base di una capanna: all’interno sono state trovate ossa di animali. Fu proprio la sua intelligenza a permettergli di sopravvivere in un ambiente ostile e pieno di competitori.
Le incertezze della vita nella savana stimolarono una continua attenzione, un notevole spirito di osservazione ed una capacità di deduzione. Memorizzare i possibili pericoli ed i mezzi per difendersi, acquisire le necessarie abilità per fronteggiare situazioni nuove, sviluppare capacità di previsione e di programmazione, erano altre caratteristiche fondamentali, non solo per sopravvivere, ma anche per migliorare la propria qualità di vita.
Tutte queste qualità necessitavano di aumentare la massa cerebrale e in particolare la corteccia. Mentre altri generi sviluppavano altre qualità, quali la velocità, l'agilità o la forza fisica, il genere umano ha invece privilegiato le capacità cerebrali.
Individui con tali capacità di apprendimento passarono dal semplice impiego di strumenti alla loro fabbricazione che presupponeva una capacità di immaginazione e di astrazione mai conosciuta prima. Per la prima volta nella storia della vita compare l’ elemento culturale accanto a quello.
Compare "Homo erectus", nostro immediato progenitore (1,5 milioni di anni fa).
Il passaggio da H. abilis a H.erectus fu graduale: habilis, erectus e poi sapiens non sono vere sottospecie ma momenti di una graduale evoluzione basata anche sullo sviluppo culturale.
La più grande conquista di H.erectus è stato il fuoco. "Homo erectus" è stato un punto culminante nel processo di ominazione. Con lui ebbe inizio quella evoluzione culturale che da quel momento in poi è stata sempre peculiare all'uomo, prevaricando quella biologica pur integrandosi con essa. L'aspetto più conosciuto di questa evoluzione culturale è la sua industria litica, poiché è quella che ha lasciato la più ampia documentazione.
Da 1,5 milioni di a.f. Homo erectus si sposta su tutto il vecchio continente: in circa 1 milione di anni di storia culturale e biologica si è evoluto su milioni di chilometri quadrati e in condizioni climatiche differenti dando origine a forme sempre più moderne: homo sapiens.
Questo passaggio è lento e graduale e non lineare: fra 100.000 e 30.000 a.f. compare un essere particolare:
nel 1856 nella valle del fiume Neander, presso Düsseldorf, un gruppo di operai portò alla luce alcune ossa fossili umane.
la maggior parte degli scienziati non trovò di meglio che attribuirle ad un "idiota rachitico" o ad un cosacco morto durante le campagne napoleoniche. Bisognava attendere altri ritrovamenti perché l' "uomo di Neandertal" trovasse la sua giusta collocazione nell'albero della filogenesi umana.
L' "uomo di Neandertal" lasciò moltissime tracce di sé, a differenza dei suoi predecessori. Parecchi scheletri completi hanno permesso una sua ricostruzione molto dettagliata. Questa fu dovuta, non tanto alla sua maggior vicinanza temporale, ma ad un importante aspetto culturale che fa la sua comparsa proprio con lui e sul quale torneremo tra poco: l'usanza di seppellire i propri morti. Ciò che più colpisce nella struttura dei neandertaliani è la grandezza del cranio, la fronte bassa e sfuggente e le arcate sopraorbitali sporgenti; il corpo, tozzo e massiccio, doveva essere dotato di una forza eccezionale.
Spesso l' "uomo di Neandertal" è stato rappresentato come un essere goffo e brutale, ma questa immagine non corrisponde alla sua ricostruzione scientifica. In realtà era un uomo nel senso più comune del termine, fisiologicamente e psicologicamente molto simile a noi, anche se molto più forte e robusto, dotato di una vivace intelligenza e di una profonda sensibilità. L' "uomo di Neandertal" fu costretto a vivere in un ambiente ostile, caratterizzato da un clima molto rigido, al quale si adattò perfettamente. L' "uomo di Neandertal" fu l'artefice di una nuova cultura, la cultura "musteriana". L'industria litica si fa molto più ricca; fanno la loro comparsa strumenti più specializzati, in funzione del loro impiego. Accanto ai tradizionali utensili per la caccia, ulteriormente migliorati, per la prima volta si fabbricano degli strumenti detti raschiatoi, di varie forme e dimensioni e utilizzati per lavorazioni diverse.
Esseri intelligenti, perfettamente adattati al loro ambiente, hanno dominato quel vasto territorio per più di 50.000 anni, poi, 35.000 anni fa, in brevissimo tempo scomparvero. Questa loro scomparsa così rapida rimane tuttora un enigma.
A partire da quel periodo tutti i ritrovamenti ci descrivono degli esseri più alti, 170-175 cm. contro una media di 160 cm. dei neandertaliani, ma meno robusti; i loro crani sono più arrotondati, privi delle sporgenze sopraorbitali e con la fronte più alta. Anche la loro cultura appare molto più raffinata. Chiamati "uomini di Cro-Magnon", dal nome della località francese dove furono trovate per la prima volta le loro tracce, essi non erano altro che esseri appartenenti alla specie "Homo sapiens sapiens", cioè noi.
Siamo ormai giunti all'ultimo atto del lungo processo di ominazione. Da allora non ci sono più state ramificazioni evolutive: la specie umana è rimasta fino ad oggi la stessa, occupando ogni angolo del globo.
Fonte: http://www.itisavezzano.it/public/archivio/evoluzione_uomo.doc
Sito web : http://www.itisavezzano.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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