Dopoguerra in italia e avvento del fascismo
Dopoguerra in italia e avvento del fascismo
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Dopoguerra in italia e avvento del fascismo
UD 3 Guerra e rivoluzione
- La prima guerra mondiale
- La rivoluzione russa
- L’eredità della grande guerra
- Le trasformazioni sociali ed economiche
- Il biennio rosso (1919 e 1920) in Europa
- Stabilizzazione: Francia e Gran Bretagna
- Rivoluzione e controrivoluzione in Europa centrale (Germania, Austria, Ungheria)
- La Repubblica di Weimar in Germania
- Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo
Il dopoguerra in Italia: il biennio rosso (fine ’18 – gennaio ‘21) e l’avvento del fascismo (1922)
Il biennio 1918-21, in Italia, fu caratterizzato da frequentissime agitazioni politico-sindacali. Venne chiamato "biennio rosso", dal colore delle bandiere portate dai manifestanti ed esposte nelle fabbriche occupate.
Le agitazioni si diffusero anche nelle campagne della pianura padana, innescando duri scontri fra proprietari e braccianti, con violenze da una parte e dall’altra, soprattutto in Emilia e Romagna.
Il dopoguerra in Italia: il biennio rosso (fine ’18 – gennaio ‘21) e l’avvento del fascismo (1922) (1/3)
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L’emergere della forze politiche di massa
- Il dopoguerra vede la crisi della vecchia classe politica liberale e l’emergere di nuove forze politiche di massa.
- Quadro delle forze politiche:
- i cattolici
Confluiscono nel Ppi (Partito popolare italiano) che rappresenta la novità più significativa del dopoguerra perché interrompe il tradizionale astensionismo dei cattolici
- i socialisti
Sono divisi in tre correnti:
- Socialisti riformisti: prevalenti in parlamento ma su di essi prevale il gruppo massimalista
- Socialisti massimalisti – principale esponente: Giacinto Menotti Serrati. Ritenendo la rivoluzione qualcosa di inevitabile, i massimalisti italiani non si danno molto da fare per prepararla e si limitano ad attenderla (vengono detti perciò “attendisti”, termine che si può contrapporre a quello di “attivisti”).
- Estrema sinistra socialista – principali esponenti: Bordìga e Gramsci. Questa corrente si forma proprio in polemica con il massimalismo appena descritto e si batte per un più coerente impegno rivoluzionario. Vuole la rivoluzione “alla russa” e rifiuta ogni collaborazione con le forze democratico-borghesi, che spaventate dalla minaccia della rivoluzione proletaria confluiscono in numerosi gruppi nazionalisti.
- i nazionalisti
Numerosi gruppi nazionalisti si formano con lo scopo di difendere i “valori della vittoria” alimentando la campagna contro la “vittoria mutilata”. In genere hanno vita breve. Tra essi spicca il “Movimento dei fasci e delle corporazioni” fondato a Milano nel 1919 da Mussolini, in una sala di Piazza San Sepolcro.
I “Fasci” si schierano a sinistra chiedendo audaci riforme sociali, ma nel contempo ostentano un acceso nazionalismo e una feroce avversione nei confronti dei socialisti. Il fascismo degli esordi non raccoglie molti proseliti ma si fa subito notare per la sua aggressività e la tendenza all’azione diretta (assalto e incendio alla sede dell’”Avanti!”, Milano, 15 aprile 1919).
Tra il 1920-21, si svilupperà il fascismo agrario (il movimento sarà impegnato in azioni repressive nelle campagne contro le “leghe rosse” dei lavoratori) e nel 1921, il “Movimento” si trasformerà in un partito vero e proprio, il “Partito nazionale fascista”
Il dopoguerra in Italia: il biennio rosso (fine ’18 – gennaio ‘21) e l’avvento del fascismo (1922) (2/3)
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Le tensioni politiche del dopoguerra (ben rappresentate dal convulso succedersi di cinque governi) e l’occupazione delle fabbriche
Gli sviluppi delle tensioni politiche del dopoguerra possono essere seguiti narrando le vicende che convulsamente si succedono in questo periodo, fino all’avvento di Mussolini. I governi si avvicendarono numerosi nell’arco di pochi anni e sono quelli riassunti nella tabella seguente.
I governi del dopoguerra, fino all’avvento del fascismo
- Orlando, si dimette dopo l’insuccesso alla conferenza di Versalilles
- Nitti, assiste alla presa di Fiume e alla serie di scioperi e agitazioni che si verificano nello stesso periodo; elezioni con il sistema proporzionale
- Giolitti, a partire dal ’20: successi in politica estera (Trattato di Rapallo) ma insuccessi in politica interna (scioperi nelle fabbriche à paura del comunismo à affermazione del fascismo, anche grazie alla politica giolittiana dei blocchi-nazionali)
- Bonomi, cerca di far uscire il paese dalla crisi dopo le elezioni che avevano visto il fallimento del tentativo giolittiano: fallisce il suo tentativo di pacificazione tra fascisti e socialisti
- Facta, assiste alla marcia su Roma (1922) e all’agonia dello Stato liberale
- Mussolini, dal 31 ottobre 1922, dopo la marcia su Roma
Vediamo nel dettaglio ciò che succede:
- Il Governo Orlando e la vittoria mutilata
- L’abbandono della conferenza di Versailles e il diffondersi del mito della vittoria mutilata fu il segno delle tensioni sociali del dopoguerra destinate ad aggravarsi.
- Governo Nitti: Fiume e le elezioni con il sistema proporzionale
- L’insuccesso diplomatico a Versailles, portò alle dimissioni di Orlando che venne sostituito da Nitti. E’ in questo contesto che nacque l’impresa fiumana di D’Annunzio, che prese Fiume per più di un anno (tra il 1919-20). L’impresa anticipò il fascismo.
- Fu in coincidenza con l’impresa fiumana che l’Italia attraversò una fase di convulse (ma frammentate) agitazioni sociali e di mutamenti negli equilibri politici.
- scioperi contro il caro-viveri; si parla di una vera e propria “scioperomania”
- agitazioni agrarie nel Nord e nel Centro, da parte di “leghe rosse” e “leghe bianche”; obiettivi: socializzazione della terra / aspirazione alla piccola proprietà contadina e difesa della mezzadria.
- occupazione di terre incolte e latifondi nel Centro-Sud, nel ’19 e nel ’20.
- Le elezioni del 1919, col sistema proporzionale, mostrano con chiarezza le trasformazioni avvenute rispetto al periodo prebellico: cioè la vittoria dei partiti di massa (batosta per i gruppi liberal-democratici; primi i socialisti, seguiti dai popolari) e la frammentazione delle forze politiche. Unica alleanza possibile tra liberali e popolari, visto che i socialisti rifiutavano ogni accordo coi gruppi “borghesi”.
- Indebolito dall’esito delle elezioni, il ministero Nitti sopravvisse fino al ’20, quando a costituire il nuovo governo fu chiamato nuovamente Giolitti.
- Governo Giolitti: il fallimento dell’occupazione delle fabbriche e gli inizi del fascismo
- Giolitti ebbe successi in politica estera (trattato di Rapallo, che chiudeva la questione fiumana, nel ‘20), ma insuccessi in politica interna, perché ormai i tempi erano cambiati e le forze politiche socialiste erano diventate più combattive, la situazione si prestava meno alla capacità di mediare di Giolitti.
- L’episodio più chiaro di questa combattività dei socialisti fu l’occupazione delle fabbriche nel 1921, che fece temere lo scoppio della rivoluzione, “come in Russia”. Giolitti si attenne a una linea di rigorosa neutralità e non intervenne per reprimere l’occupazione. Si limitò ad aspettare che la situazione si risolvesse da sé, contando sulla incapacità degli operai di fare la rivoluzione, cioè di porsi problemi, come la gestione del potere e il collegamento con altre forze politiche (ad es. con le agitazioni nelle campagne padane), problemi che andassero al di là delle rivendicazioni strettamente economiche relative al proprio settore .
- La diagnosi di Giolitti si rivelò corretta: l’occupazione cessò e lo sciopero si concluse con un accordo che, pur riconoscendo le richieste economiche degli operai metalmeccanici, finì per scontentare tutti:
- i dirigenti riformisti vennero accusati dai loro compagni di partito di aver svenduto la rivoluzione; i riformisti furono alle prese anche con un altro problema: dal II Congresso del Comintern venne l’intimazione ad espellere i riformisti dal Psi, intimazione non condivisa da molti esponenti del partito perché lesiva dell’autonomia del partito e perché i riformisti erano una componente importante di esso. Infatti al Congresso del Partito, che si tenne a Livorno, i riformisti non furono espulsi, ma si staccò l’estrema sinistra; si ebbe perciò la scissione di Livorno e la nascita del Pci nel 1921.
- gli industriali erano seccati per aver dovuto subire le pressioni del governo;
- i ceti medi furono molto impauriti da quello che era avvenuto ed ebbero ancora più paura della rivoluzione, nonostante il pericolo fosse passato (tanto che, come vedremo, l’ondata antisocialista si accentuò dopo il biennio rosso, con il fascismo agrario ).
- La scissione di Livorno segnò la fine del biennio rosso in Italia, in concomitanza con il riflusso delle lotte operaie in tutta Europa a causa della recessione economica che indeboliva il potere contrattuale degli operai. Questo riflusso però non smorzò l’ondata antisocialista che si ebbe in Italia all’indomani del biennio rosso e che si concretizzò nel fascismo agrario, che agiva contro le leghe socialiste presenti nelle campagne padane (squadrismo). Cominciava così ad affermarsi un movimento che avrebbe dominato la politica del ventennio successivo (che si può riassumere in quattro fasi: vd. schema, Le fasi del periodo fascista). Sulle cause dell’affermazione del fascismo, vd. tabella.
- Giolitti non vedeva nei fascisti un pericolo ("sono dei fuochi d'artificio che fanno molto rumore, ma si spengono rapidamente", diceva di loro), anzi cercò di servirsene contro i socialisti e di costituzionalizzare il fascismo attraverso la politica dei blocchi nazionali che si attuò nelle elezioni del maggio 1921 (i blocchi sono liste di coalizione contro i partiti di massa, formate da conservatori, liberali, democratici, e in cui vengono immessi anche deputati fascisti).
Le elezioni tuttavia non ebbero i risultati sperati e non variarono la situazione precedente (successo dei partiti di massa) ed ebbero il solo risultato di legittimare la presenza fascista in Parlamento (35 deputati). Mussolini decise così di giocare il ruolo di arbitro della politica nazionale.
Il dopoguerra in Italia: il biennio rosso (fine ’18 – gennaio ‘21) e l’avvento del fascismo (1922) (3/3)
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La marcia su Roma e l’avvento del fascismo
- Governo Bonomi: il tentativo di pacificazione tra socialisti e fascisti
- L’esito delle elezioni segnò la fine dell’esperimento giolittiano. Giolitti si dimise e prese il suo posto l’ex socialista Bonomi, che cercò di far uscire il paese dalla guerra civile tra socialisti e fascisti facendo firmare loro un patto di pacificazione, che però non ebbe successo.
- Il Governo Facta e la marcia su Roma (28 ottobre 1922)
- Al governo Bonomi seguì quello di Facta. Se Bonomi non era riuscito a pacificare il paese, con il nuovo governo Facta lo Stato liberale visse la fase culminante della sua agonia perché il fascismo aveva accresciuto le proprie forze e i socialisti non furono in grado di opporre ad esso una tattica efficace.
- Il governo Mussolini: la fase transitoria del fascismo, dalla “legalità” alla dittatura aperta (dalla marcia su Roma al delitto Matteotti)
- Sbaragliato il movimento operaio, a Mussolini non restava che conquistare lo Stato e insediarsi al potere: solo così egli avrebbe potuto evitare una reazione di rigetto da parte di quelle forze moderate che lo avevano appoggiato in funzione antisocialista (vd. blocchi nazionali) e che avrebbero potuto ormai ritenere esaurito il suo ruolo. Maturò in questo contesto la marcia su Roma (28 ottobre 1922), una spedizione che aveva l’obiettivo di conquistare il potere centrale.
- Il re rifiutò di proclamare lo stato d’assedio (cioè di affidare il potere ai militari), così come gli chiedeva di fare il primo ministro dimissionario Facta, probabilmente perché temeva che l’esercito non lo avrebbe appoggiato, e affidò a Mussolini il compito di formare il nuovo governo. La legalità sembrava perciò essere stata rispettata almeno nelle forme e pochi capirono che il cambio di governo sarebbe presto diventato un cambio di regime.
- In effetti gli alleati liberali e cattolici di Mussolini (i cosiddetti fiancheggiatori) furono piuttosto miopi nel vedere quello che stava accadendo e a dissolvere la loro miopia non servì una serie di episodi che avrebbero dovuto metterli in allarme. Come il discorso ricattatorio di Mussolini alla Camera (“Potevo fare di quest’aula un bivacco di manipoli…”) o i due provvedimenti presi dal fascismo che contraddicevano i princìpi dello stato liberale e sancivano l’affermazione del partito:
1) istituzione del Gran consiglio del fascismo (organismo di raccordo tra partito e governo)
2) trasformazione delle squadre fasciste in Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN)
- Mussolini ottenne anche l’appoggio degli industriali: promise loro e attuò una politica liberistica che attenuò il dirigismo economico instauratosi durante la guerra (la politica liberistica si legò al ministro De Stefani e venne attuata dal ’22 al ’25).
- Mussolini ottenne anche l’appoggio della Chiesa: Pio XI vide in lui chi aveva allontanato il pericolo socialista e restaurato il principio d’autorità. Come conseguenza, la chiesa assecondò Mussolini, che impose le dimissioni ai deputati popolari, a lui ostili, e fece pressioni affinché don Sturzo (1923) lasciasse la segreteria del Ppi.
- Nel ‘23 venne poi varata la riforma della scuola (Riforma Gentile), fondata sul primato dell’istruzione classica, che andava per molti aspetti incontro alle esigenze dei cattolici.
- Sempre nel ’23 fu introdotta la riforma elettorale (legge Acerbo: 2/3 dei seggi alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa) per fare in modo che il partito fascista potesse rafforzare la propria maggioranza parlamentare.
La vittoria fascista alle elezioni che si tennero l’anno dopo assunse proporzioni clamorose (65% dei voti) anche grazie il ricorso alle violenze ed alle intimidazioni, tanto da rendere inutile il ricorso al meccanismo maggioritario.
- A denunciare la violenza del fascismo e il clima di intimidazioni in cui si erano svolte le elezioni fu il deputato del Psu, Matteotti, in un discorso pronunciato alla Camera. Matteotti venne assassinato da sicari fascisti.
I parlamentari antifascisti attuarono per protesta la cosiddetta “secessione dell’Aventino” (decisero di astenersi dai lavori parlamentari e di riunirsi separatamente rispetto agli altri deputati finché non fosse stata ripristinata la legalità democratica), ma la cosa non ebbe grandi effetti: Mussolini, con il discorso alla Camera del 3 gennaio 1925, si assunse la responsabilità dell’accaduto e il caso Matteotti, anziché provocare la caduta del fascismo, ne sancì la definitiva affermazione come regime autoritario a viso aperto.
Con il discorso del 3 gennaio 1925 gli storici fanno iniziare convenzionalmente la fase dittatoriale del fascismo.
- Il periodo della dittatura a viso aperto
- La dittatura a viso aperto impose di prendere una posizione: gli intellettuali si divisero (i due Manifesti); alcuni intellettuali presero la via dell’esilio in Francia (Amendola e Gobetti).
- Fascistizzazione della stampa
- Patto di palazzo Vidoni (vengono riconosciuti solo i sindacati fascisti)
- Promulgazione di leggi autoritarie (le cosiddette leggi fascistissime, 1926) il cui artefice fu il ministro della Giustizia Alfredo Rocco:
- rafforzamento poteri capo governo (rispetto ai ministri e al Parlamento= aspetto tipico delle dittature);
- proibizione sciopero;
- scioglimento dei partiti;
- soppressione della stampa d’opposizione;
- vengono dichiarati decaduti i deputati aventiniani;
- introduzione della pena di morte per i reati contro la “sicurezza dello Stato”;
- istituzione del Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato.
- Legge elettorale del 1928: listone unico e regime a partito unico, in cui è abolita la separazione dei poteri; differenza con i vecchi regimi assolutistici: non solo reprimere, ma controllare e avere il consenso delle masse.
(Avere ben chiare le cause dell’avvento del fascismo: vd. tabella riassuntiva.)
Schema riassuntivo: Le quattro fasi del periodo fascista
I fase: origini (1919-22)
- Origini del fascismo: da movimento, nel ’19, a partito, nel ’21, alla presa del potere con la marcia su Roma, nel 1922
Mussolini prende il potere appoggiato dai conservatori in funzione antisocialista
- 1919, nasce il “Movimento dei fasci e delle corporazioni”, il cui manifesto viene redatto in una sala di Piazza San Sepolcro a Milano
- 1920-21, si sviluppa il fascismo agrario
- 1921, il “Movimento” si trasforma in un partito vero e proprio, il “Partito nazionale fascista”
- 1921, alle elezioni i fascisti si presentano nei “blocchi nazionali”, voluti da Giolitti per ostacolare i partiti di massa. L’esperimento non ha il successo sperato da Giolitti; unico risultato: viene legittimata la presenza dei fascisti in Parlamento.
- Perché il fascismo ebbe successo? (vd. schema sulle Cause del successo del fascismo)
- 1922 (28 ottobre), marcia su Roma, la presa del potere
II fase: periodo transitorio (1922-25)
- 1922-25 periodo transitorio del fascismo: dalla marcia su Roma al delitto Matteotti
Mussolini consolida il potere acquisito per evitare che le forze moderate che lo avevano appoggiato in funzione antisocialista potessero rigettarlo
- 1923 le squadre d’azione vengono legalizzate trasformandole in MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale); come ha detto qualcuno, mediante iniziative di questo genere il fascismo “mette il doppiopetto”, ovvero cerca di assumere una veste legale e rispettabile
- 1923, successo elettorale del “listone” fascista alle elezioni (dopo la riforma maggioritaria, legge Acerbo, legge maggioritaria che dà i 2/3 dei seggi alla lista che ha ottenuto la maggioranza relativa con almeno il 25% dei voti), con una serie di brogli (ad es. incursione nelle cabine di persone incaricate di controllare i voti; si appurò che molti voti di preferenza erano stati scritti dalla stessa mano; molte preferenze furono cancellate o lette all’incontrario durante lo scrutinio).
- 1923, riforma Gentile della scuola
- 1924 delitto Matteotti, deputato che aveva denunciato i brogli in un discorso alla Camera
- secessione dell’Aventino: i gruppi d’opposizione si astengono dai lavori parlamentari finché non sarà ripristinata la legalità democratica
svolta verso la dittatura vera e propria: 3 gennaio 1925, discorso di Mussolini alla Camera dopo il delitto Matteotti
III fase: dittatura vera e propria e gli anni di maggiore consenso (1925-35):
- 1925-1935 la dittatura vera e propria e gli anni di maggiore consenso del Paese verso il Fascismo
- 1925, Gentile: Manifesto degli intellettuali fascisti ß à Croce, Manifesto degli intellettuali antifascisti
- 1925, leggi “fascistissime” contro le libertà democratiche; il capo del governo cessa di essere responsabile di fronte al Parlamento
- 1925, cambiamento nella politica economica: dal liberismo (De Stefani) allo statalismo (il conte Volpi)
- fascistizzazione della stampa mediante pressioni sui proprietari degli organi di stampa
- 1925, patto di Palazzo Vidoni: sono riconosciuti dalla Confindustria i soli sindacati fascisti
- 1926, persecuzione degli antifascisti (Amendola e Gobetti in esilio in Francia)
- 1926, Tribunale speciale per la difesa dello Stato
- 1928, legge elettorale, listone unico
- 1929, Patti lateranensi, culmine del consenso
- 1934, opposizione al tentativo di annessione dell’Austria alla Germania
IV fase: il declino (1935-1943)
- 1935-43 ultima fase: rottura definitiva tra il fascismo e il paese
- 1935, guerra d’Etiopia – 1936, proclamazione dell’Impero
- 1936, intervento in Spagna e allineamento con la Germania (“asse Roma-Berlino”)
- 1938, leggi razziali
Schema riassuntivo: Cause del successo del fascismo
- La situazione di dissesto creata dalla guerra: inflazione, morti, mutilati, intere zone devastate; le industrie non producono perché sono finite le commesse belliche e ci sono molti disoccupati; gli ex combattenti tornano alla vita civile e sono disoccupati.
- Il biennio rosso e la paura della rivoluzione: il fascismo è una formazione impegnata a ripristinare l’ordine sociale turbato dal sovversivismo socialista: ad esempio, il fascismo si presenta inizialmente come fascismo agrario nelle campagne, ovvero come squadrismo finanziato dai proprietari terrieri contro le cooperative socialiste e popolari che gestivano i braccianti. Per analoghe ragioni, gli industriali, impauriti dal socialismo appoggiano il fascismo. Si ricordi lo scontro tra fascisti ed un corteo socialista, nel ’19 a Milano, che culmina con l’incendio della sede dell’”Avanti”.
- L’uso della violenza armata: si veda il fascismo agrario, ma anche l’uso delle intimidazioni durante le elezioni.
- L’uso del mito della “vittoria mutilata”: l’Italia aveva vinto la guerra ma senza ottenere Fiume (non prevista dal Patto di Londra, ma comunque rivendicata dall’Italia a causa del crollo dell’impero austro-ungarico) ed altri territori, previsti dal Patto di Londra (Adalia, Dodecaneso, colonie in Africa); in questo quadro si era inserita l’impresa di D’Annunzio, nel quale Mussolini vedeva un rivale pericoloso. L’impresa fiumana è un atto simbolico importante da parte di una nazione che vuole affermare i propri diritti contro la prepotenza dell’Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti.
- Nel quadro delle rivendicazioni territoriali, si inserisce anche il “fascismo di confine, una delle prime manifestazioni del fascismo, consistente nell’uso della politica della “mano dura” contro gli slavi ,abitanti in zone di confine sotto la giurisdizione italiana fin dal 1866 e che ora sentono il richiamo del nuovo stato nato dopo la guerra, la Yugoslavia.
Viene così attuata una politica di deslavizzazione e italianizzazione forzata, senza rispetto delle tradizioni e della lingua slave. Si effettuano inoltre azioni squadristiche violente: si pensi all’incendio dell’hotel Balkan a Trieste, nel 1920, che, secondo il grande storico del fascismo Renzo De Felice, “a ragione può essere considerata il vero battesimo dello squadrismo organizzato”.
- L’appoggio del re: in occasione della marcia su Roma, egli rifiuta di proclamare lo stato d’assedio e perciò di fatto favorisce l’avvento del fascismo. Perché lo fa? Probabilmente ha paura di scatenare una guerra civile e perché non è sicuro della lealtà del proprio esercito, che in effetti, in occasione dell’impresa fiumana aveva obbedito a D’Annunzio (infatti, quando D'Annunzio occupò Fiume, molti militari, anche con cariche importanti, si unirono a lui).
- L’appoggio di altri membri di casa Savoia: il fascismo incontra simpatie presso la stessa casa reale, nel duca d’Aosta, cugino di Vittorio Emanuele III, che ha delle mire sulla corona, e da cui il re teme un colpo di Stato. I fascisti sfruttano questa situazione sostenendo: “Se il re non vuole aiutarci…, estrometteremo Vittorio Emanuele III dal Quirinale e metteremo al suo posto il duca d’Aosta”.
- L’appoggio della Chiesa: la Chiesa non favorisce la presa del potere del movimento, ma una volta che questa è avvenuta vi si adatta rapidamente (per Pio XI Mussolini è “l’uomo della provvidenza”; i Patti lateranensi)
- Lo Stato liberale non affronta ma cerca di legalizzare il fascismo: Giolitti inserisce i fascisti nei “blocchi nazionali” alle elezioni del ’21, nella speranza di contenerne la spinta violenta ed eversiva; ma ciò non avviene ed il fascismo entra nelle istituzioni.
- L’appoggio dei cosiddetti fiancheggiatori: i fiancheggiatori sono gli alleati liberali e cattolici di Mussolini, che lo appoggiano senza rendersi conto del pericolo.
- Divisioni tra gli oppositori dei fascisti: i socialisti e i cattolici diffidano reciprocamente e non intendono unirsi; ciò determinerà la possibilità per il fascismo di prendere il potere.
- L’appoggio degli industriali: oltre a rappresentare un aiuto contro i socialisti, Mussolini promette agli industriali che restituirà spazio all’iniziativa privata, attenuando il dirigismo statale delle industrie affermatosi durante la guerra.
- La paura dei ceti medi cittadini (piccoli e medi borghesi: funzionari, impiegati, ecc.) colpiti dall’incertezza del dopoguerra: declassati al livello degli operai, che sono diventati molto più attivi nel rivendicare i propri diritti (cfr. scioperi e occupazione delle fabbriche) essi individuarono nel fascismo lo strumento per riprendere quel ruolo che il biennio rosso aveva fatto perdere loro.
Impauriti dalla debolezza che il governo mostra nel dopoguerra, appoggiano il fascismo, che così non viene ostacolato nella sua presa del potere: è infatti dagli ambienti borghesi che provengono i prefetti, i funzionari di polizia, i generali e gli alti funzionari che di fronte alle violenze fasciste preferiscono chiudere gli occhi invece di decidersi ad agire.
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Disse Giolitti in questa occasione: “Ho voluto che gli operai facessero da sé la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l’apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà da pericolose illusioni.” (da: Chabod, L’Italia contemporanea, p. 51)
“nel momento stesso in cui il pericolo reale andava dileguandosi, la paura e il timore della rivoluzione divennero, in una larga parte della borghesia italiana, sempre maggiori. Sappiamo bene come, scampati a un pericolo fisico, ci accada talvolta di essere colti dalla paura nell’istante in cui, volgendoci indietro, ci accorgiamo delle difficoltà appena superate.” (da: L’Italia contemporanea, pp. 52-53).
Fonte: http://digidownload.libero.it/davide.cantoni/Filosofia%20e%20storia/Storia%20CONTEMPORANEA.zip
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