Torri
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TORRE A PIANTA CIRCOLARE
Origini ed evoluzione storica La torre a pianta circolare nasce nell’antichità, ma compare in forma diffusa soltanto verso la fine delle Crociate, in occasione delle quali emergono tutti i vantaggi legati alla sua forma cilindrica rispetto a quelli offerti dalla struttura parallelepipeda della più frequente torre a pianta quadrata. In virtù delle prestazioni belliche rese possibili dalla sua stessa natura, questa opera munita continua ad essere utilizzata anche durante i
La torre della Leonessa nel castello angioino di Lucera (Foggia).
secoli successivi, fino a costituire, con la dominazione angioina dell’Italia Meridionale, un vero caposaldo del programma costruttivo reale, in quanto, ispessita rispetto agli esempi precedenti ed arricchita, alla base, con mura a scarpa, risulta più adatta di altre tipologie al tiro di fiancheggiamento. Sul finire del XIV secolo la torre a pianta circolare è ancora presente nell’arte edificatoria militare, ma esclusivamente inserita agli angoli delle fortezze o delle cinte murarie e, per scopi tattici, con una conformazione sempre più bassa, più ampia di diametro e più massiccia. Nonostante ciò, mutate le armi e le tecniche di combattimento, la sua sagoma vistosa risulta ancora troppo esposta al tiro nemico, per cui si opta per soluzioni difensive che offrono maggiori garanzie in caso di attacco, come, ad esempio, il bastione.
Caratteristiche costruttive I primi esempi di torre a pianta circolare, con impianto-tipo caratterizzato dal diametro compreso fra gli 8 ed i 10 metri, compaiono in area francese e di lì, grazie agli spostamenti delle maestranze chiamate nei diversi cantieri dei regni, si diffondono nel Sud della penisola, con alcune eccezioni nel territorio laziale ed in altre località settentrionali non collegate tra loro. A queste costruzioni, caratterizzate da mura robuste realizzate con materiale omogeneo e quindi compositivamente alquanto tozze per ragioni funzionali, fanno seguito le torri di età angioina, che, non dovendo temere l’effetto devastante delle artiglierie (ancora sconosciute), si presentano esili e slanciate ed arricchite da un cordonato lapideo in rilievo - il “redondone” - nel punto di giunzione tra la base scarpata e la parete verticale. Quando l’arte bellica comincia a modificare le tecniche di assalto, anche la difesa, prima di riuscire a costruirne di nuovi, è costretta ad adeguare in tempi piuttosto brevi i mezzi in suo possesso, per cui cima le torri, irrobustisce la base delle mura di cinta ed introduce espedienti che diminuiscono le probabilità di avvicinamento del nemico alla fortezza. In questo contesto, quindi, le torri a pianta circolare si presentano caratterizzate da: spessore murario imponente, compreso fra i 4 ed i 5 metri; accesso costituito da un angusto passaggio alto mediamente 1,5 metri e largo circa 80 centimetri; poche finestre e feritoie strombate disposte su più livelli in funzione della migliore possibilità di difesa. All’interno gli ambienti si dispongono su tre o quattro livelli, di cui solitamente il più basso (talvolta anche al di sotto del piano di campagna) viene adibito a cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e quelli superiori vengono organizzati in modo da ospitare sale di rappresentanza e funzioni residenziali. Il collegamento verticale è reso possibile, tra il piano terra ed il primo piano mediante una scala retraibile in caso di pericolo, ai livelli superiori mediante anguste scale in muratura ricavate nello stesso spessore murario. In alcuni casi, infine, si riscontra anche una porticina di emergenza che, attraverso un cunicolo coperto, collega la torre con la cinta muraria che la fiancheggia.
Esempi Esaminando la dislocazione delle torri cilindriche nell’ambito dell’intero contesto europeo, si riscontra che in nessun’altra nazione risultano numericamente rilevanti come in Italia ed in particolare in quella meridionale, anche se non mancano esempi degni di nota anche in altre regioni, come le torri ben conservate del castello di Bracciano (costruito nel 1470-1485), in provincia di Roma; la maestosa torre del castello di Rocca Grimalda (Alessandria), del XIV secolo, alta più di 20 metri (figg. 2-3); la torre di Giglio Porto, primo nucleo abitato dell’isola toscana, e la Torre Medicea, costruita tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, nella vicina baia di Campese (figg. 4-8) (Grosseto). Particolarmente ricche di fascino sono, inoltre, le trecentesche torri, dette del “Salto” e del “Cavaliere”, del castello di Oria (Brindisi) (figg. 9-10), che conservano l’altezza ed i beccatelli originari, la torre della Motta di San Marco Argentano (Cosenza), la torre di Tricarico (figg. 11-12), in provincia di Matera, e quella della Mola di Gaeta a Formia (Latina) (figg. 13-15). Famose, invece, sono le torri “della Regina” e “del Leone”, costruite, nel XIII secolo, nel lato orientale delle mura del castello di Lucera (Foggia) (fig. 1) e rivestite con blocchi calcarei delle Murge accuratamente scalpellati, nonché, sempre in provincia di Foggia, le tre torri di epoca angioina collocate negli angoli del perimetro murario del castello di Manfredonia. Particolare per forma ed epoca di realizzazione è, infine, la torre cilindrica di Bitonto (Bari), voluta dagli Angioini, e che, nota con il termine “castello”, ripete il tipo edilizio del donjon francese.
TORRE A PIANTA QUADRATA
Le torri di San Gimignano (Siena).
Significato Il termine turris viene utilizzato dalle fonti documentarie per indicare tanto la torre di cortina o quella isolata quanto la casa di campagna in pietra o il piccolo fortilizio.
Origini ed evoluzione storica Nota anche come casa forte, in quanto autosufficiente dal punto di vista difensivo, la torre a pianta quadrata è l’organismo architettonico per antonomasia dell’alto Medioevo e, per questo, segue le diverse tradizioni costruttive locali. Le sue dimensioni, soprattutto se paragonate a quelle delle torri edificate nei secoli successivi, risultano piuttosto ridotte e pari, mediamente, a circa quattro metri per quattro in pianta e sei-sette metri in altezza. Quando il piano terra viene utilizzato come cisterna d’acqua, particolarmente curato è il sistema di adduzione e di emissione dell’acqua stessa, utilizzato, ove possibile, per mettere in movimento una vicina mola. Ai piani superiori, invece, la costruzione è arricchita con strutture aggettanti rispetto al filo murario e coperture provvisorie in legno che rendono attuabili azioni di difesa piombante. Pur non escludendo la funzione residenziale, a partire dal XII secolo le mutate esigenze della difesa inducono trasformazioni sempre più vistose nella tipologia della torre a pianta quadrata e tali da limitare la sua diffusione, insieme a quella della torre a pianta rettangolare, agli avamposti militari destinati ad ospitare una sola guarnigione. Infatti la sua configurazione morfologica lascia verso l’esterno una porzione piuttosto ampia di terreno preclusa al tiro dei difensori (il cosiddetto angolo morto), nella quale l’aggressore deve temere solo le offese che provenivano dall’alto delle mura, per cui nel XV secolo si assiste alla completa sostituzione, nelle strutture difensive, delle torri a pianta quadrata con quelle a pianta circolare.
Caratteristiche costruttive La torre a pianta quadrata, simbolo della cultura e della società medievale, presenta solitamente pianta con lato di lunghezza variabile dai quattro agli otto metri e spessore compreso fra gli ottanta centimetri ed i due metri e prospetti compatti di altezza proporzionale alla base (dai dodici ai trentacinque metri circa); orizzontamenti interni consistenti, al piano terra e all’ultimo piano, rispettivamente in volte a botte e volte a crociera e, ai livelli intermedi, in solai lignei; apparecchi murari, infine, realizzati con blocchi lapidei di varia natura e dimensione, solitamente edificati con scarso impiego di malta. A livello del piano di campagna una cisterna raccoglie l’acqua piovana; alcuni metri più in alto, per motivi di sicurezza, è ricavato l’unico ingresso, raggiungibile solo mediante una scala di legno che può essere facilmente ritirata al suo interno in caso di necessità, mentre lungo tutto il perimetro si aprono strette feritoie e balestriere ai livelli inferiori e, al contrario, più ampie finestre strombate nei tratti centrali e sommitali dell’alzato. Le facciate sono alquanto simili, in quanto rispondenti ad un’organizzazione rigorosamente simmetrica che trova giustificazione tanto nelle esigenze militari quanto in quelle statiche ed impone la realizzazione di una struttura il più possibile equilibrata nella distribuzione dei carichi e nel posizionamento delle bucature sia in pianta che in alzato. Elementi introdotti per intensificare la difesa possono essere: l’attacco a terra a scarpa e l’ampia distribuzione di “buche pontate” (nelle quali incastrare le testate delle travi di legno per realizzare quelle strutture oggi note come “ponteggi”) in posizione evidente, ma la costruzione è in grado di difendersi già con la sua mole, i suoi spessori, la sua robustezza, tanto che, eccetto pochi esempi, non si riscontra neanche la presenza di merlature, necessarie in futuro, ma pressoché inutili al momento, in quanto nessuna gittata, dal basso, riesce ancora a raggiungere l’altezza del difensore, peraltro ben riparato dalla copertura.
Esempi Degne di nota sono la torre centrale di rocca Sillana e del castello di Ripafratta , entrambe in provincia di Pisa, la torre di Casa Fagiolo a Malfolle (Marzabotto, Bologna), quella trecentesca di Cento nel Ferrarese, le torri quattrocentesche di San Gimignano in provincia di Siena e quelle di Lugo, tenute dagli Estensi dal 1436 al 1579.
TORRE A CAVALIERA
vista da S-O così come si presenta oggi, dopo notevoli trasformazioni connesse al suo ininterrotto utilizzo nel corso dei secoli.
Significato Con questa espressione si indica una particolare tipologia di torri circolari angolari che, realizzate in corrispondenza degli spigoli formati dall’incontro di due cortine murarie piane inclinate a scarpa, richiamano alla mente l’immagine di un cavaliere in sella al proprio cavallo.
Origini ed evoluzione storica L’origine di questa particolare tipologia costruttiva, propria solo delle costruzioni militari, risale all’epoca delle Crociate (secoli XI-XIII), quando i territori siriani e palestinesi vengono conquistati dalle milizie cristiane e muniti di imponenti fortificazioni contro gli attacchi musulmani. In questa occasione i costruttori europei danno prova di notevole competenza nell’arte dell’edificare raggiungendo, in alcuni casi, livelli notevoli, soprattutto nella realizzazione di particolari apparecchi murari e nella lavorazione di superfici curve. Tuttavia la peculiarità di tali tecniche costruttive, legate alla necessità di realizzare, in territori molto diversi da quelli tipici degli scontri medievali, manufatti che con la sola semplicità della forma e con la perfetta aderenza alle caratteristiche morfologiche del sito fossero in grado di aumentare la percentuale di vittoria sull’avversario, ha limitato notevolmente la diffusione delle soluzioni sperimentate in Terrasanta, decretandone, così, il rapido e quasi inavvertito declino.
Caratteristiche costruttive Le torri «a cavaliere» rappresentano una soluzione costruttiva insolita rispetto alle altre tipologie di torri angolari per diversi motivi. Innanzitutto costituiscono un efficace apparato aggettante, capace sia di garantire una buona copertura per il tiro di infilata sia di conservare un’ottima funzionalità per quello piombante. In secondo luogo richiedono, per la loro costruzione, la soluzione di complessi problemi legati all’apparecchiatura dei blocchi di pietra, che devono infatti contenere, nello stesso tempo, spinte verticali ed oblique, il che comporta talvolta piani di posa opportunamente inclinati verso l’interno in luogo di quelli orizzontali. Inoltre, gli elementi lapidei che appartengono contemporaneamente alla muratura a scarpa e a quella del cilindro verticale - e che risultano collocati sull’ellisse d’intersezione - molto spesso devono essere progettati e realizzati fuori opera e solo successivamente rifiniti in situ. Dagli studi condotti sugli esempi superstiti di tali manufatti e, più ampiamente, sugli organismi difensivi dei quali sono parte integrante, emergono informazioni affidabili in merito alla configurazione architettonica dell’impianto-tipo. Il primo atto insediativo consisteva nella scelta, per ovvi scopi strategici, di un luogo sufficientemente rialzato rispetto all’area circostante, dopo di che si procedeva all’esecuzione di suture murarie tra le rocce ed alla regolarizzazione dei loro differenti livelli per mezzo di localizzati riporti di terra e, in maniera più limitata, di tagli. Sul costone roccioso che degradava verso valle, si articolava, quindi, la cortina muraria con tratti rettilinei e torri, in numero variabile a seconda della conformazione del suolo e del rischio di attacco nemico e sporgenti dalla scarpa della cortina stessa, mentre sui lati dove le pareti rocciose erano quasi a picco, si costruivano murature con andamento verticale e senza alcuna torre o elemento fortificato sporgente. L’ingresso al castello, lungo il lato meglio difendibile dall’uomo, era invece preceduto da una rampa più o meno articolata, sostenuta da muri adattati anch’essi alla superficie rocciosa del terreno e coperta generalmente con volte accuratamente innestate tanto reciprocamente quanto alle pareti verticali mediante conci lapidei perfettamente sagomati allo scopo. Il cassero, infine, una sorta di torre-residenza destinata ad ospitare le principali autorità (a seconda dei casi militari o civili) presenti sul posto, occupava un’area corrispondente a circa la metà della superficie di tutto il castello, strategicamente la meglio protetta con i due lati corrispondenti ai tratti della cortina costruiti nella parte più scoscesa. Gli spessori dei muri in elevato, variabili a seconda della peculiarità delle caratteristiche morfologiche dei punti di appoggio alla roccia e della funzione che il muro doveva svolgere, venivano realizzati con la tecnica «a sacco», cioè esternamente con elementi da spacco di dimensioni variabili, apparecchiati su piani di posa preferibilmente orizzontali, talvolta regolarizzati da più o meno limitati strati di malta di allettamento, ed internamente con un riempimento, gettato in opera, costituito da malta cementizia ed inerti di dimensioni variabili apparecchiati con una certa regolarità. Il frequente necessario ricorso a consistenti getti di malta si giustifica considerando che i conci erano solitamente di taglia ridotta e non regolare, perché quelli di taglia maggiore risultavano impiegati come elementi di cucitura d’angolo. Per la realizzazione dei solai si ricorreva, infine, alla creazione di riseghe di profondità costante che, correndo su due lati paralleli o perimetralmente ai vani da coprire, consentivano la posa in opera di tavolati sorretti da travi lignee opportunamente intestate negli spessori murari sottostanti.
Esempi Gli esempi superstiti di torri «a cavaliere» non sono molti e risultano dislocati in diverse aree geografiche, come a Marquab, in Siria (Torre dello Sperone), nel Crac des Chevaliers ad Homs (dove si possono ammirare le più belle torri di questo tipo, costruite prevalentemente a ridosso di cortine murarie piane inclinate) (fig. 4), nel castello di Amboise ed in quello di Coca a Segovia. I pochi esempi italiani sono, invece, singolarmente documentati nei castelli di Termoli (fig. 2), Tufara (fig. 3), Bovino (fig. 1) e Roccamandolfi (fig. 5), tutte installazioni militari che, a loro volta, presentano anche elementi di somiglianza con gli altri membri del sistema castellare bizantino esteso dalla Daunia al Molise.
TORRE COSTIERA
Significato Costruzione difensiva sorta lungo le coste del Centro e Sud Italia con l'intento non solo di avvistare il nemico proveniente dal mare in tempo utile per organizzare la difesa, ma di impedirgli persino di toccare terra.
Origini ed evoluzione storica I primi esempi di torre costiera risalgono all'epoca romana, quando il ruolo centrale e lo sviluppo notevole delle coste italiane, in rapporto all'intera area mediterranea, diventano un problema strategico-militare sempre più rilevante. In seguito al costante incremento di incursioni nemiche, nel VI secolo d. C., dopo la conquista bizantina del nord-Africa, si assiste ad una graduale e sistematica fortificazione delle aree litoranee centro-meridionali italiane con un sistema organico di torri di vedetta e di avvistamento, spesso edificate in prossimità di antiche torri romane ripristinate e riarmate. è a tale periodo, pertanto, che risalgono le cosiddette torri "semaforiche", utilizzate quotidianamente - e per un intervallo di tempo che copre l'arco dell'intera giornata - per dare l'allarme in caso di avvistamento del nemico. Tuttavia è solo con la dominazione angioina che questo impianto vive il periodo di massimo sviluppo, in quanto il litorale viene continuamente infestato dagli sbarchi dei Turchi ed il ricorso all'intensificazione dei controlli del profilo costiero appare l'unica soluzione al problema. Dopo una lunga fase di tregua apparente e relativa, la conquista ottomana di Costantinopoli (1453) e la nuova ondata espansiva dell'Islam verso Occidente assurgono nuovamente la difesa dei litorali a problema di primaria importanza per l'Italia meridionale, per cui si provvede nuovamente ad intensificare la presenza di torri costiere specie nelle aree più esposte, come le coste calabresi. La stessa soluzione viene adoperata anche nel secolo successivo, quando l'evoluzione dell'arte bellica ed il mutamento delle modalità di assalto dal mare rendono questa tipologia di costruzione munita incapace di garantire una difesa efficace e costante. Il Governo spagnolo, infatti, arricchisce le coste dall'Adriatico al Tirreno con nuove torri, affiancate alle precedenti allo scopo di creare un'ininterrotta catena difensiva, e prepone al comando di ciascuna di quelle ubicate in posizioni strategiche un caporale (con qualifica di "castellano" e raramente di "torriere") cui viene affidato il comando militare di un piccolo distaccamento di soldati e l'amministrazione di tutto quanto costituisce la dotazione della costruzione stessa. In questo periodo, inoltre, accanto alle torri cilindriche ne compaiono di quadrate, specie nei punti nevralgici e maggiormente esposti, denominate torri "cavallare" perché poste sotto la guardia di un uomo a cavallo, in grado, quindi, di poter dare rapidamente l'allarme al più vicino presidio militare. Nonostante ciò, salvo pochi casi particolari, le torri vengono fatte costruire con grande parsimonia, sia per gli alti oneri che comportano sia per la frequente presenza di numerose città costiere fortificate a distanza ravvicinata l'una dall'altra. Nel XVIII secolo, invece, oltre ad essere considerata elemento difensivo della costa, la torre costiera viene utilizzata tanto come "sbarra" doganale, presidiata per impedire il contrabbando, quanto come presidio sanitario.
Caratteristiche costruttive Da un punto di vista puramente tecnico la torre costiera non suscita molto più interesse degli esempi più antichi latini ed etruschi, ma il suo valore risiede interamente nell'efficacia della funzione svolta e nella necessità di saper offrire garanzie tangibili in qualunque momento si verifichi l'attacco nemico. L'avvicinamento di navi sospette è, infatti, annunciato di giorno con l'elevazione di colonne di fumo, di notte con l'accensione di fiaccole, il cui numero di fuochi deve essere pari al numero delle imbarcazioni nemiche avvistate. La tipica torre costiera medievale, destinata ad ospitare una vedetta o un piccolo presidio militare, ha pianta quadrata (10 x 10 metri) o rettangolare, con lati di dimensione compresa tra i 5/6 ed i 10/12 metri, basamento pieno di forma troncopiramidale, mura in pietra sbozzata di spessore variabile dai 2 ai 4 metri, altezza fino a 20 metri, talvolta merlature alte anche 2,50 metri e copertura piana. Internamente si sviluppa in alcuni casi su un unico piano destinato ad ambiente anch'esso unico, in altri su due o tre livelli, coperti a volta e destinati ad ospitare, in ordine crescente di altezza: la mangiatoia per i cavalli ed il magazzino delle vettovaglie, l'alloggio e l'armamento, consistente in "colubrine", "petriere" ed un fornello per le fumate ed i fuochi di segnalazione. L'accesso alla torre è consentito mediante una scala volante o fissa ed un piccolo ponte levatoio collocati entrambi sulla parete a monte, poiché la parete rivolta verso il mare è cieca (dal momento che è la più esposta al pericolo) e le due laterali sono munite solo di feritoie, mentre l'accesso al terrazzo è sempre ricavato nello spessore della muratura, solitamente sopra la porta d'ingresso. Diffusa è la presenza di caditoie che, realizzate quasi sempre negli sporti e nei ballatoi della "controscarpa", servono a riversare sugli assalitori sassi, liquidi bollenti e materiale infiammato. Accanto alle torri a pianta quadrangolare, destinate non solo alla difesa, ma anche al rifugio in caso di incursioni nemiche, sono presenti, fino alla metà del XVI secolo, le torri cilindriche o tronco-coniche, di dimensioni inferiori rispetto a quelle a pianta regolare e spesso dotate di base scarpata, spessore murario, in corrispondenza del piano terra, pari a circa tre metri e copertura a cupola ribassata. Spesso, in questi esempi, al primo piano lo spessore dei muri arriva persino a dimezzarsi e a presentare anche una sola apertura in corrispondenza del lato dal quale eseguire gli avvistamenti, mentre il coronamento presenta merlature esili ed alte - indicativa della preesistenza della torre rispetto a quelle di nuova costruzione - caratterizzate da un'estrema semplicità formale. La distanza tra le torri varia in funzione della morfologia della costa lungo la quale sono distribuite; in particolare può raggiungere i 30 chilometri nel caso di zone concave di spiaggia o di coste rocciose senza insenature e ridursi a circa 10 chilometri nel caso di costa frastagliata. Debite eccezioni sono costituite dai punti in cui deve essere controllata e protetta la foce di un fiume o una sorgente d'acqua importante o, ancora, in corrispondenza di cale profonde, dove si preferisce edificare una torre in più rispetto al numero previsto e al di fuori del "passo" costante stabilito nelle aree limitrofe. In ogni caso non è la lunghezza del percorso interno attraverso sentieri o mulattiere il fattore importante, ma piuttosto la distanza necessaria alla vista reciproca da un presidio all'altro, dato indispensabile, questo, per garantire una efficace e reciproca segnalazione. Quando, al contrario, la costa è convessa, l'impianto può essere di due tipi: "piatto" o "rilevato". Nel primo caso non è richiesta una presenza diffusa dell'impianto lungo il litorale, a patto che manchi vegetazione a medio ed alto fusto; nel secondo, invece, e generalmente anche su terreni scoscesi, il numero di torri va infittito, in quanto la costa è più battuta dal mare e più ricca di anfratti nei quali il nemico può nascondersi in attesa di attaccare. In ogni caso, nell'eventualità si presentino difficoltà esecutive, nella difesa c'è sempre la riserva dei "cavallari", che possono perlustrare i tratti di costa parzialmente o totalmente defilati.
Esempi Elencare singolarmente tutte le torri costiere è impresa impossibile in questa sede, data la notevole quantità e diffusione di questa tipologia difensiva, per cui si fa generico riferimento agli esempi distribuiti strategicamente lungo le coste della Spagna, della Calabria, della Sicilia, della Corsica, della Maremma toscana .
Fonte: estratto - citazione da http://82.104.121.96/bonium/tecnologia/Arte/il%20Castello%20medioevale.doc
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